A spasso tra Befane e Befani

 

Gaspare , Melchiorre e Baldassarre, noti come i tre  Re Magi,  amanti dei segreti del cielo e desiderosi della verità, non disponendo di  un  navigatore satellitare ma solo di una cometa da seguire, lungo il loro cammino verso Betlemme chiesero informazioni a una vecchia. Costei non volle accompagnarli, ( già all’ epoca c’era il detto mai fidarsi degli sconosciuti anche se dal portamento regale) e rimase a  casa. Poi ci pensò  e si pentì; preparò quindi un cesto pieno  di dolci e uscì a cercarli. Man mano lungo la strada distribuì dolci ai bambini che incontrava nella speranza  che uno di essi fosse Gesù.

La leggenda narra che da allora vagherebbe per il mondo  facendo regali ai bambini per farsi perdonare.La Befana è vecchia e brutta come l’anno trascorso, ormai vetusto,buono per esser bruciato e cedere  il passo a quello nuovo che sta nascendo. Infatti in molti paesi all’ inizio dell’anno c’è l’usanza di bruciare un fantoccio, coperto di  vestiti logori. Invece la consuetudine dei doni è un  buon auspicio per l’anno nuovo.

Di recente in occasione dell’Epifania  c’è un pullulare mediatico di frasi augurali per tutte le donne,associate indistintamente alla Befana  a prescindere dall’età e dall’aspetto. Forse è un po’ un augurio scaramantico perché la parte  più brutta, consueta e vecchia  della personalità femminile lasci spazio  a quella più innovativa , generosa e bella?

La fantasia del popolo romano ha attribuito alla Befana anche un marito, con cui viveva “molto, ma molto lontano”, descritto come uno spauracchio terribile, ricordato all’ occorrenza dalle mamme .Il Befano, bruttissimo , gobbo e arcigno era una specie di orco che divorava i bambini  monelli.

Stasera a Super Quark trasmetteranno  un documentario  speciale sulla Befana, sul suo  modo di volare, di riprodursi, di nutrirsi ecc… Ma  io mi chiedo: cosa  avete raccontato a Piero Angela della vostra vita?

Buona Befana! :)

 

I folarielli

La tradizione napoletana vuole che a conclusione delle cene di Vigilia e dei pranzi di Natale e Capodanno il palato stramazzi sazio, ma  estasiato da un vario  assortimento di dolci  e sciosciole (frutta   secca ).Le più comuni noci di Sorrento, nucelle (nocciole), arachidi infornate, castagne r’u prevete (del prete) volteggiano sulle tavole con  altre prelibatezze, particolarmente gustose e ipercaloriche,cioè  datteri, fichi secchi e prugne ricoperti di  cioccolato o ripieni di noci, nocciole  o mandorle.

 Un cenno particolare meritano i cosiddetti “folarielli” o follovielli, involtini di uva passa o fichi secchi e frutta candita, che sono un prodotto tipico di Sorrento consumato soprattutto durante le feste di Natale.

 Pare che fossero noti già agli antichi romani che utilizzavano perlopiù foglie di fico, vite e platano, attualmente sostituite da quelle di limone, cedro e arancio, legate poi con fili di rafia.

 Il nome può derivare  da “folium volvere” (avvolgere la foglia) oppure da follare (pigiare ) o ancora, secondo un etimo popolare meno dotto e più incerto, da folliculus (sacchetto o guscio).

La lavorazione dell’uva è più lunga e complessa  dell’essiccazione dei fichi perchè l’uva viene  prima lavata nel vino bianco, poi essiccata, bollita  nel mosto, infine  infornata e aromatizzata con pezzetti di frutta candita, di solito arancia.

 Eccoli qui…attenzione che si ingrassa solo a guardarli   :)

L’Enigma svelato sulla facciata del Gesù Nuovo di Napoli

Una scoperta musicale, risalente ormai a circa due anni fa,  mi è venuta in mente passeggiando nel centro storico di Napoli. Sul bugnato della facciata del Gesù Nuovo sono incisi strani segni, di circa dieci centimetri, che fino a qualche tempo fa si credeva  fossero i simboli delle diverse cave, da cui provenivano le pietre  utilizzate per le bugne a forma di diamante, oppure, secondo un’altra interpretazione, si pensava che rivelassero segreti alchemici, capaci di caricare la pietra di energie positive dall’esterno verso l’interno dell’edificio. 

 

In verità questo attirò energie negative, forse perché gli operai non posero correttamente le pietre. Ultimato nel 1470 da Novello da San Lucano come civile abitazione per i potenti Sanseverino, l’edificio subì una serie di sciagure: fu confiscato da Pedro di Toledo nel 1547, perché i Sanseverino appoggiarono la rivolta popolare contro l’Inquisizione, fu poi donato ai gesuiti che lo trasformarono da palazzo in chiesa. Anche la chiesa, però,  non ebbe buona sorte: prima fu incendiata, poi più volte crollò la cupola e infine ne furono cacciati i gesuiti. Solo durante la seconda guerra mondiale, fortuna volle che una bomba, caduta sul soffitto di una navata, non esplodesse.

Sta di fatto che più di recente  lo storico dell’arte rinascimentale napoletana, Vincenzo De Pasquale, e  i  musicologi ungheresi Csar Dors e Lorànt Réz hanno capito che quei segni erano lettere dell’alfabeto aramaico, corrispondenti a note musicali. In pratica il bugnato è un pentagramma sul quale è scritta una melodia musicale per strumenti a plettro, che si legge da destra a sinistra e dal basso verso l’alto, dura circa tre quarti d’ora (qui per ascoltarla). Gli studiosi hanno deciso di intitolarla “Enigma”.

Lo storico De Pasquale ha spiegato che  i Sanseverino già fecero incidere note musicali nel loro palazzo a Lauro di Nola e che queste note in aramaico furono dimenticate forse per effetto della Controriforma che dettò rigide norme per l’arte, cancellando tutto ciò che di terreno potesse contrastare con le verità trascendenti del cattolicesimo. I gesuiti s’adoprarono  in tal senso ma, ironia della sorte, il padre gesuita Csar Dors, esperto di aramaico, ha contribuito a scoprire il segreto musicale della facciata del Gesù Nuovo.

 Un altro mistero svelato in una città d’arte dalla storia infinita. 

I microcosmi in terracotta di Marcello Aversa

Tra i tanti grandi artisti del presepe di oggi merita un’attenzione particolare il maestro Marcello Aversa di Sant’Agnello, paese della costiera sorrentina, che ha saputo trasformare l’artigianato in arte ed esportare l’antica tradizione presepiale e i suoi microcosmi in terracotta, conquistando meritatamente una fama internazionale. 

“Microcosmi in terracotta” era il titolo di una mostra delle opere di Marcello Aversa del 2007.  Da adolescente iniziò a lavorare  nell’azienda paterna, piccolo opificio che produce laterizi a Maiano (Sant’Agnello) negli anni ’80  si appassionò al  presepe napoletano del ‘700  e  curò  le prime scenografie nelle chiese della penisola sorrentina. Ben presto maturò una straordinaria abilità tecnica e sensibilità artistica riuscendo a  creare capolavori di terracotta in miniatura. Infatti Aversa modella, con  una stecca e uno spillo, piccoli personaggi, alti da  8 mm ad un massimo di 10 cm, e li  inserisce  in una scenografia, in un microcosmo di argilla che, infornato a 920 ° , si trasforma in un’opera d’arte. Con passione e dedizione ricerca la perfezione nella minuziosa  attenzione per i più piccoli particolari delle tegole delle case, delle foglie e degli animali, delle espressioni dei volti e dei risvolti di un vestito, senza trascurare l’armonia dell’insieme.

Ai presepi si affiancano scene di vita napoletana  che prendono vita in gruppi di  musici e danzatori oppure nelle rappresentazioni, sempre in terracotta, delle processioni della settimana santa tipiche della tradizione sorrentina.

 

“Maestri in mostra”: quando l’artigianato diventa arte

La terza edizione di “Maestri in mostra – il presepe napoletano a Villa Fiorentino, Sorrento”  anche quest’anno offre  una varia e splendida panoramica sull’arte presepiale.

Oltre cinquanta artisti e  maestri del presepe espongono  opere che, nel rispetto dei canoni del ‘700 e dell’800, rivelano perfezionismo tecnico, cura dei particolari, creatività e armonia d’insieme sia in gruppi presepiali o blocchi monoscenici,  sia in soggetti avulsi da un contesto presepiale e  modellati singolarmente come opera d’arte a se stante. 

  

Durante  la dominazione spagnola a Napoli  si affermò una scuola di presepistica che iniziò a definire le regole per costruire il pastore napoletano. Il corpo, alto circa  trentacinque centimetri , era di stoppa con un’anima di filo di ferro, le mani e i piedi di legno, gli occhi di vetro, la  testa e il collo di terracotta.
Ancor oggi le teste, l’una diversa dall’ altra, sono prima modellate a mano, poi  cotte secondo un particolare procedimento. La  tecnica di pittura della testa e degli arti  è lunga e complessa per poter rendere delicatamente sfumati l’incarnato e le mani della  Vergine, degli angeli e  delle nobildonne , secchi e bruni i visi e le mani  dei popolani. 

Grande cura si dà alla vestitura dei soggetti. Dopo un’attenta ricerca storica, il manichino viene ricoperto con i  costumi dell’epoca  e dei vari luoghi . Semplici e grezzi  sono i vestiti dei mendicanti e dei contadini, raffinati ed eleganti quelli di re e dei ricchi, impreziositi da ricami, rifiniture, bordini e merletti, sete e pregiate stoffe anticate. Stessa ricercata attenzione  per le calzature e gli accessori ( i gioielli, pugnali, bastoni, bisacce, grembiuli).

La caratterizzazione di alcuni personaggi, espressivi negli sguardi o nei gesti,  incuriosisce  e sorprende per ragioni diverse.

 

Le varie tipologie di minuterie, cioè piccoli oggetti in miniatura che arricchiscono cortei,  interni, botteghe (utensili di uso comune, frutta e ortaggi, pesci , strumenti musicali, fischi, ceramiche) testimoniano una cura minuziosa e attenzione per ogni minimo particolare, dettate da un’autentica passione.

 

Alcuni presepi sono miniature in scale  ridottissime, che sorprendono non poco .Tra questi le straordinarie opere di Vincenzo Garofalo che, con corallo,minerali, ametiste,quarzo,citrino,barite e  fossili marini,creano invece un’atmosfera quasi fiabesca.

 

Il gruppo dei presepisti di Sant’ Agnello,  per la prima volta, al di fuori dalla Chiesa parrocchiale  dei santi Prisco e Agnello, ha esposto un presepe di grandi dimensioni che ha la caratteristica di riprodurre fedelmente scorci di luoghi caratteristici della penisola sorrentina . In primo piano spiccano le  tre scene basilari del presepe, cioè la natività, l’annuncio e la taverna , mentre sullo sfondo si intravede la costa  napoletana fino a Procida. Lo sguardo cade sul ponte a due arcate e sui  bastioni  con la porta occidentale , detta di Massa o di S. Bacolo o della Potenza riprodotti in base a una veduta di Achille Gigante ( 1823-1846) ,che si trova nel Museo di san Martino, e a un bozzetto di  Theodore Duclere (1815-1869).

 

Quest’anno la mostra si è arricchita dell’eccezionale esposizione dei pastori del Duomo di Castellammare di Stabia, che sono una delle più suggestive testimonianze dell’arte sacra in Campania tra il ‘700 e l’800. La caratteristica di questo presepe è l’insolita dimensione dei pastori, alti tra i 90 e 140 centimetri e gli abiti settecenteschi, finemente ricamati e cuciti a mano. Essi appartengono alla collezione del vescovo stabiano Francesco Saverio Petagna, risalente a  150 anni fa, poi deterioratasi, poi ritrovata e completamente  restaurata nel 2004. 

Sotto una galleria fotografica che comunque non basta a rendere merito ai tanti e tanti capolavori esposti.

La mostra è aperta al pubblico fino al 13 gennaio 2013.

Villa Fiorentino- Corso Italia, 53- Sorrento

Ingresso gratuito.

Un evento da non perdere!