Le tre C

Una leggenda yemenita  narra che un monaco, desideroso di  restare sveglio per poter pregare più a lungo, era solito preparare una bevanda con bacche sconosciute che eccitavano  capre e cammelli. Bevanda alla quale poi ricorsero in Arabia  altri monaci, pur di  sconfiggere sonno e stanchezza.

Si racconta  invece  che l’arcangelo Gabriele ricevette  direttamente da Allah una miracolosa pozione, scura come la Sacra Pietra Nera della Mecca, in grado  di rianimare  l’ammalato  Maometto o che un immenso incendio si propagò in un vastissimo territorio dell’Abissinia facendo diffondere e apprezzare  l’aroma delle tante  piante che vi crescevano spontaneamente.

Di cosa parlo? Del caffè!

Il caffè è uno dei piaceri più genuini e semplici della vita: talvolta servito a letto dalla dolce metà ( quale delle due?) o dalla padrona di casa in un cerimoniale basato sull’accogliente ospitalità, quasi sempre è espressione di  un rituale irrinunciabile da  eseguire diligentemente appena alzati o eseguito automaticamente da una moka con timer. È sorbito davanti al tg del mattino o  mentre si guarda il cielo della giornata e si inizia il rodaggio verso la quotidianità, gustato al bar per iniziare le relazioni sociali col mondo o proposto a qualsiasi ora del giorno per rompere il ghiaccio,  per fare una pausa  o per fermarsi e riflettere con calma.

 Il piacere vero sta nel sedersi, anche per pochi minuti, e gustare  il caffè tenendo fede alle famose  “ 3C”. Il  caffè, anzi un buon caffè, dovrebbe essere  “ comodo , carico e caldo” con la variante  “in compagnia”. Le tre C sintetizzano  metaforicamente anche i requisiti dell’uomo da sposare… e  più prosaicamente sono tradotte in “ comm’  ca**’ coce”.

La nota canzone   napoletana “ ’A tazza  ‘e cafè” paragona il caffè ad una donna riottosa che sotto una parvenza  amara cela un’indole   dolce che lo spasimante è deciso a far emergere a tutti i costi. Ben diverso e affascinante è  il  proverbio turco che lo definisce nero come l’inferno, forte come la morte, dolce come l’amore.

Quanti  modi di preparare un caffè, c’è  l’imbarazzo della scelta! Macchiato schiumato, corretto, ristretto, lungo, corto, doppio e ancora messicano, marocchino, turco, giamaicano, greco, Irish coffee, all’americana, al ginseng … Pare che ne consumiamo circa 600 tazzine all’anno pro capite.

 Voi come  lo preferite?

 

8 pensieri su “Le tre C

  1. Non amo particolarmente il caffè, ma gradisco molto la versione “marocchino” al bar le poche volte che mi capita di andarci. Un bellissimo locale stile vecchio Piemonte che serve un ottimo anzi eccellente caffè/marocchino è la pasticceria Arione, in piazza Galimberti a Cuneo.

  2. Normale. Ovvero non ristretto e nemmeno lungo. Mi spiego. Troppo corto vuol dire, per quanto esso sia buono e da scossa elettrica, non gustarne le qualità. Troppo lungo vuol dire brodo di polipo, quindi una sciacquariata, cioè lavato. A quel punto meglio il tea(in un altro post scrissi the confondendo il tea con l’articolo determinativo inglese. O no?). Ma per i cultori del caffè, se proprio ci vuole svegliare e scattare, dico (normale o) doppio. E chi vivrà vedrà. Certo il caffè rende nervosi, ma anche la teina è un eccitante.

  3. @Transit: si normale e doppio da’ una bella carica, ma si gusta anche di più un buon caffè. A Napoli c’è il culto del caffè: sarà il “rituale” , sarà merito della miscela, sta di fatto che è proprio buono.

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