Quanta fretta, ma dove corri?

Chi va piano, va sano e va lontano è la morale della favola di Esopo sulla lepre e la tartaruga.Oggi  quasi tutti, oberati da mille impegni, si  lamentano di non avere tempo sufficiente per riuscire a fare tutto. Si programma ogni cosa, compresi il tempo libero o le semplici pause pranzo, secondo una studiata ed inderogabile tabella di marcia:di corsa si va in palestra o in piscina, si pranza approfittando di vedere lui / lei o fissando appuntamenti di lavoro…

Si vive all’insegna del fast: fast food (pasti veloci) ai quali si è contrapposto lo slow food “per promuovere il diritto a vivere il pasto innanzitutto come un piacere di sensi assopiti, per  insegnare a gustare e a degustare”. Fast vacanze nel week end o veri e propri tour de force pianificati  nei minimi dettagli che poco rispondono all’esigenza di riposarsi. Fast nel consumismo imperante dell’usa e getti, nella mentalità della toccata e fuga anche nei rapporti interpersonali, sbrigativi e poco impegnativi. Del resto però anche il romantico colpo di fulmine trascinante e coinvolgente non scarseggiava di velocità, , chissà se per un sentimento più duraturo. Anche lo sviluppo delle tecnologie ha velocizzato la comunicazione, spesso svilendola della sua completezza, e soprattutto il pensiero e l’operatività. Ma  forse il vero problema non è tanto la velocità…quanto la fretta.

Non è detto che la fretta soddisfi la velocità, anzi, le azioni  svolte in fretta spesso implicano maggiori probabilità di errori che richiedono poi ulteriore dispendio di tempo ed energie per essere corretti.La fretta, o meglio l’aver fretta, è una dimensione interiore che fa percepire il poco tempo a disposizione,anche se a volte il tempo non manca.

La vita è una processione. Chi è lento la trova troppo veloce e si fa da parte; chi è veloce la trova lenta e si fa da parte. (Kahlil Gibran)

 Ma non si rinuncia a vivere. Si vive in base ai propri ritmi, lenti o veloci. Ritmi che a volte si possono regolare, a volte invece no.

Penso alle mamme acrobate, di cui hanno parlato recentemente i giornali, assillate da impegni di famiglia, casa e lavoro, dai loro molteplici ruoli pubblici e privati, che rischiano di andare in tilt,di dimenticare e di rimuovere responsabilità basilari come risposta inconscia a un carico a lungo andare troppo gravoso. Penso alla mobilità tipica di alcune professioni che richiede frequenti spostamenti ogni settimana, alla flessibilità oraria, a tutto ciò che impedisce di avere un ritmo di vita cadenzato, fisso e prestabilito. Ciò non significa disporre poi di più tempo libero, ma l’imprevedibilità, gravità o mancata conoscenza di eventi  e l’entità di adempimenti e responsabilità scatenano  battaglie contro l’orologio. E di qui si innesca un circolo vizioso: si diventa iperattivi, ci si lancia nel futuro più o meno immediato, perdendo di vista il presente, senza  osservarsi intorno e senza assaporare la quotidianità, si scandisce la durata di ogni attività in nome di un’efficienza ad ogni costo. Si corre anche quando si potrebbe farne a meno e si diventa stressati. Lo stress è una sindrome di adattamento alle molteplici e  varie sollecitazioni e ogni individuo vi reagisce in modo diverso, ma costante fissa è  la  fretta.Talvolta si è in grado di fronteggiare l’evento in sé ma non il suo esito diverso dalle proprie aspettative. Già perché chi corre, di solito pianifica, progetta ,velocizza il pensiero, cerca di prevedere sempre più cause ed effetti a livello razionale. Poi entrano in gioco  le risposte emotive, non sempre adeguate, sulle quali la persona  dall’orologio biologico accelerato rischia di franare.

 Che dire? La consapevolezza non basta…mi sento chiamata in causa in prima persona se considero quel proverbio africano: “Ogni mattina in Africa, una gazzella si sveglia, sa che deve correre più in fretta del leone o verrà uccisa. Ogni mattina in Africa, un leone si sveglia, sa che deve correre più della gazzella, o morirà di fame. Quando il sole sorge, non importa se sei un leone o una gazzella: è meglio che cominci a correre.Ma corrono entrambi per sopravvivere. E noi umani?

 Forse per non avere fretta occorrerebbe riuscire a ritagliarsi spazi e tempi per sé in cui poter ritrovarsi e fermarsi per riflettere, coltivare interessi propri, riuscire a esternare e a comunicare con altri per lasciar decantare l’ansia e ammortizzare l’affanno dell’inevitabile corsa della giornata.

Lo scrittore latino, il cui nome è già un bel biglietto di presentazione, cioè Gaio Svetonio Tranquillo diceva Festina lente. (Affrettati lentamente) cioè procedi riflettendo con calma e il poeta Orazio Carpe diem quam minimum credula postero (Cogli l’attimo fuggente confidando il meno possibile nel futuro) e Dona praesentis cape laetus horae  (Cogli felice i doni di questo momento).

Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare di fretta.

 

9 pensieri su “Quanta fretta, ma dove corri?

  1. Aggiungo alle tue interessanti citazioni un libro che, anni or sono, mi ha introdotto per primo nel mondo sconosciuto della meditazione, che è un modo per calmare la mente e ritrovare equilibrio, “Quando hai fretta cammina lentamente” ( simile a festina lente) dell’indiano Eknath Easwaran. Ciao Marì :)

  2. Concordo con quanto dici. Io però vengo da un mese passato in Colombia. Non è la prima volta che visito l’America Latina ed una delle cose che più mi ha colpito è stato proprio il ritmo di vita decisamente più lento che laggiù si vive. Se una cosa oggi non riesco a farla, la faccio domani, tutto è meno stressante che in Europa e di conseguenza meno frustrante.

    • @Ambra: bentornata Ambra. :) sicuramente i popoli del sud America hanno un altro ritmo.Sai che circa 15 anni fa avevo notato la stessa cosa in Portogallo dove anche i bambini mi sembravano più calmi.

  3. Sono abbastanza d’accordo sul significato complessivo del post.
    Anche se talvolta bisogna agire di fretta (in medicina, alla guida, ecc.), anche se non si tratta di eventi piacevoli (a parte lo sport, anche se gli sport di pura velocità non sono i miei preferiti: preferisco gli sport “con la palla” [calcio, pallacanestro, pallavolo, ecc.] dove la velocità si combina con la tecnica).
    Più salomonicamente si potrebbe dire: “lentamente quando possibile, velocemente quando necessario”.
    Cari saluti,
    Michele

  4. Pingback: “È sempre l’ora del tè, e negli intervalli non abbiamo il tempo di lavare le tazze.” (Lewis Carroll) | SkipBlog

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