I bambini nascosti e Irena Sendler

Durante l’Olocausto furono assassinati circa due milioni di bambini. Si stima che circa venti, trentamila bambini di età inferiore ai quattordici anni, tra i quali molti neonati, siano sopravvissuti alla guerra perché affidati dai genitori a persone di buon cuore  e a istituzioni cristiane o perché rimasero a lungo nascosti in vari rifugi . Alcuni bambini nascosti sopravvissero da soli nelle foreste e nei fienili, vivendo in un continuo stato d’allerta.

“Non eravamo come gli altri. Nessun altro poteva capire il nostro passato. Noi, i bambini dell’Olocausto, eravamo stati ignorati, le nostre parole troppo deboli per essere ascoltate. Invisibili, portavamo il nostro fardello in silenzio e da soli.

Avevo 12 anni nel 1942 quando, nel pieno della notte, dei soldati tedeschi a Żabno, in Polonia, dove vivevamo, mi puntarono addosso una pistola e mi chiesero dove fosse mio padre. Dissi che non lo sapevo. scesero nello scantinato dove mio padre si nascondeva e gli spararono a morte. Mia madre, mia sorella Rachel e io dovemmo fuggire in un fattoria nelle vicinanze…

La proprietaria ci fece rimanere controvoglia, ignorandoci totalmente. Rimanemmo lì per due anni e mezzo.In tutto quel tempo non ci diede mai nemmeno un bicchiere d’acqua…Potevo uscire solo quando non c’era la luna. Se mi avessero visto sarei stata spacciata…dovevamo bisbigliare – per due anni e mezzo non parlammo mai con un tono di voce più alto del sussurro! Né potevamo uscire con la luce del sole. Eravamo attaccati alla vita con un filo sottile, sempre infreddoliti, con la paura delle ombre, di corsa, in ascolto. Ogni giorno, ogni notte, portava del nuovo terrore. Era un’esistenza veramente terribile ma, nonostante fossi così spaventata, non ho mai pensato di darmi per vinta “(Ann Shore (Hania Goldman), in seguito divenne presidente della Hidden Child Fundation).

Ci furono però anche persone che si esposero in prima persona per aiutare i più indifesi, cioè le migliaia di bambini che morivano di fame, freddo e tifo nel ghetto di Varsavia. Dal 1939 al 1942 nel ghetto furono trasferite dai villaggi centinaia di migliaia di ebrei; nel 1941 c’erano oltre 400.000 persone, tra le quali tanti bambini, che si pensava di sterminare lentamente per fame. I più piccoli impararono ad uscire dal ghetto, spesso attraverso le fogne, per raggiungere la zona ariana in cerca di qualcosa da mangiare per sé e per gli altri, sfidando tanti pericoli e la sorveglianza dei soldati. Quelli rimasti orfani furono abbandonati a loro stessi per le strade. In seguito furono deportati nei lager, perlopiù a Treblinka. (informazioni  tratte da “Il futuro spezzato- i nazisti contro i bambini”, di Lidia Beccaria Rolfi e Bruno Maida.)

Un‘infermiera ed assistente sociale, Irena Sendler, ebbe il permesso di lavorare nel ghetto di Varsavia; spesso si spacciò per tecnico di condutture idrauliche per collaborare con la Resistenza polacca e portare in salvo circa 2500 bambini ebrei, nascondendo i più piccoli nella cassetta degli attrezzi e i più grandi in un sacco di iuta. Si avvalse del prezioso aiuto di un cane addestrato a stare nel camion e ad abbaiare per avvisare dell’arrivo dei nazisti o per coprire il pianto dei bambini. Quando fu scoperta, Irena subì la violenza dei soldati tedeschi che le spezzarono braccia e gambe. A guerra finita cercò di rintracciare i genitori sopravvissuti di quei bambini, dei quali aveva scritto i nomi veri accanto a quelli falsi in elenchi ben nascosti in barattoli sepolti sotto un albero del suo giardino; sistemò molti orfani presso famiglie affidatarie ed istituti. Al parlamento polacco che nel 2007 la proclamò eroe nazionale, Irena scrisse “Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria”

Tempo fa è stata proposta per il premio Nobel per la pace, ma non è stata nominata. Nel 2008 è volata via all’ età di 98 anni.

 

11 pensieri su “I bambini nascosti e Irena Sendler

    • @ Adriano Maini: Chissà quanti uomini e donne hanno pagato con la vita la loro umanità . Questi eroi sconosciuti sono altre vittime da ricordare con quelle dell’Olocausto.

    • @Spartaco mencaroni: nell’animo umano esiste la dualità del bene e del male, l’una può fare tanto bene,l’altra tanto male. Non saprei dire se è innata o coltivata.

  1. Conoscevo la storia di Irena. L’ho pure condivisa alcuni mesi fa su Google+.

    Che cosa dire a commento, che non si stato già detto sull’Olocausto? Le parole non sono sufficienti…è l’animo umano a dover distillare ciascuno nel suo profondo, da questo ed altri efferati olocausti, la loro cieca insensatezza, a memoria imperitura e quale monito, per le future generazioni, ad evitare che tutto ciò abbia a ripetessi

  2. Ricordo. M’arricordo.
    Ricordare non è mai dimenticare. Dimenticare è tradire. Anche se qualche volta mi sono esercitato a dimenticare. Ci ho provato, ma è stato peggio. Tradivo me e l’intera umanità.

    Ricordo. M’arricordo.
    Io, sapete, non sono uno soltanto. Ho la mia faccia di tante altre. Io, anzi noi, siamo vite a non finire. I nazisti e i fascisti d’ogni nazione si sono messi insieme e come obbiettivo, da allora a oggi, hanno come obbiettivo volerci finire nel forno del campo di concentramento. In polvere.

    Ricordo. M’arricordo.
    Dovete aver pazienza quando scrivo m’arricordo: è un termine del mio dialetto; parte del mio corpo. sono cresciuto con il latte della lingua madre: il dolore. E perciò parlata internazionale.

    Ricordo. M’arricordo.
    Ci presero e ci portarono via in un treno dai freddi vagoni. Il gelo nel sangue. Eravamo venti. E tutti piccoli. Tra il primo e l’ultimo ci differenziano quattro anni. Siamo una piccola gamma.

    Ricordo. M’arricordo.
    Mi chiamo Sergio. Io sono Anna. Mi chiamo David. Io sono Ester. Mi chiamo Giuseppe. Io sono Sara. Mi chiamo Igor. Io sono Cecilia. Mi chiamo Giacobbe. Io sono Ciro.
    Mi chiamo Simone. Io sono Maddalena. Mi chiamo Spartaco. Io sono Anastasia. Mi chiamo Giovanni. Io sono Isabella. Mi chiamo Sebastiano. Io sono Ipazia. Mi chiamo Alessandro. Io sono Maria. Ci seviziano. Ci fanno del male usando strumenti chirurgici per studiare come reagiamo. Ci offendono. Ci violentano a turno o insieme. Ci ammutoliscono nella polvere.

    Ricordo. M’arricordo.
    Ma i ricordi emergono non appena splende il sole o quando la notte scura cala nell’anima e nel corpo. Nonostante la lotta con l’oblio, nulla è assente. La goccia che cade dalla grondai. Il fruscio di una foglia. I passi sull’acciottolato. Il mare I nostri ricordi sono il dolore che come gobbe spuntano dentro e fuori di noi, ma che nessuno vuole vedere e toccare. Non ricordateci solo per ciò che siamo stati, ma per le vite che non abbiamo vissute e amate.

    Ricordo. M’arricordo.
    Il tempo del dolore che in voi sopravvissuti non passa mai. Quel tempo di allora e di oggi che ci tiene in pensieri di catene. E che non libera nemmeno noi. Qui, però, ognuno è noi tutti.

    • @Transit: sì abbiamo l’obbligo morale di vivere anche per loro, che avrebbero voluto e non hanno potuto, di ricordarli non solo per ciò che sono stati e per quella vita che non hanno vissuto e amato, e per quel dolore troppo grande col quale non è mai facile confrontarsi.

      Grazie, Transit! :)

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