Chapeau, Rottejomfruen!

 

Strana questa statua, vero? La vecchina dei topi, opera dell’ artista Marit Norheim Benthe, si trova nel parco Ibsen di Sorrento e  richiama un personaggio de“Il Piccolo Eyolf”, dramma moderno di Ibsen. E’ stata donata dalla città natale del drammaturgo , Skien in Norvegia,  in onore dell’apertura del parco e riproduce la statua originale, molto più grande  e alta 7 metri,  inaugurata il 20 marzo 2006  nel giorno della nascita dello scrittore norvegese . 

Il dramma narra del piccolo Eyolf, un bambino che diviene storpio in seguito ad una caduta causata dalla negligenza dei suoi genitori, Alfred e Rita Allmers, e che  sparisce misteriosamente nelle acque di un fiordo, forse attratto dalla vecchina dei topi. Suo padre sposa Rita, ricca di oro e foreste ma anche di sensualità e bellezza, che nutre un amore esclusivo e morbosamente possessivo per lui, “ così discreto in tutto” ed incapace di produrre, di portare a termine un trattato sull’umana responsabilità e di compiere scelte sentimentali  sentite. Asta, sorellastra di Alfred, serba in cuor suo un amore inconfessato per il fratellastro,  dal quale scopre di non essere legata da vincoli parentali, e tentenna con  Borgheim, l’ingegnere innamorato che costruisce strade.

 

Eyolf è il povero, piccolo, pallido, dagli occhi belli ed intelligenti Porta un nome appartenuto all’infanzia di Asta, chiamata così da Alfred,  immaginandola un maschio, che inconsapevolmente ne è attratto e la  protegge sin da quando rimasero orfani in giovane età .Il bambino è respinto da genitori che rincorrono piacere e ambizioni smarrendosi in conflittualità interiori,  respinto dai coetanei coi quali non riesce a giocare e a condividere il suo sogno di divenire soldato, respinto da un padre che per anni lo limita a vivere solo per lo studio e da una madre che ammette di desiderare l’infanticidio, uno dei tabù più indigesti alla società di ogni tempo, pur di avere il marito tutto per sé. Ma ciò che scrive suo padre, cioè  il trattato sull’umana responsabilità,  conta per Eyolf. “ Credimi, verrà qualcuno che lo farà meglio”- risponde Alfred. “ Chi dovrebbe essere?” replica  il bambino. “Verrà senz’altro e si farà conoscere” conclude lui.

E compare Rottejomfruen, la vergine, leggendariamente  più nota come vecchina dei topi, che  vaga per mare e terra per scacciare- accogliere tutti i topi. Cerca qualcosa che rosicchia in casa e con piacere aiuterebbe i signori a liberarsene. Promette pace a tutti quelli che gli esseri umani odiano e perseguitano, conducendoli dolcemente nell’ acqua alta. “Lugubre femmina” vede ciò che gli altri non vedono e indirettamente  fa aprire gli occhi a tutti su profondità inesplorate. Da un sacco estrae un carlino, un cagnetto- guida che la aiuta a scovare i topi, creaturine infestate e infestanti, che rodono, come dentro rodono i sensi di colpa, l’amore di Rita respinto da un coniuge che confessa di averla sposata per interesse, la gelosia di Alfred per la sorellastra Asta,l’amore inconfessato di lei per il fratello maggiore che scopre non essere tale, l’amore tenace dell’ingegnere Borgheim per la giovane  Asta . Rosicchiano dentro le  passioni morbose, il tormento di una perdita, di un fallimento, di una frustrazione, dell’inettitudine. 

Eyolf in questo drammone pare una comparsa in un girotondo di amori diversi ,non destinati a lui, in cui  tutti gli ruotano intorno più per dovuta compassione che per amore. È escluso dall’odio della  madre e dall’estraneità del padre, da adulti ciechi ed ostinati che se ne servono per recitare ruoli non sentiti. Lo stesso padre cela la sua inanità dietro l’intento più recente di adoprarsi per  portare coerenza fra i desideri del bambino e ciò che gli è accessibile, negandogli però la possibilità di sognare, convinto di creare così nel suo animo il sentimento della felicità. Un inetto con l’ambizione di  stratega e manipolatore della vita altrui, incapace di accettare il figlio. Eyolf scompare nelle acque del fiordo, forse incantato dalla vecchia, e non viene soccorso dai figli “selvaggi” dei pescatori. Solo, nel suo destino e nella sua scelta, lascia  traccia di sé in una gruccia sull’acqua e nella sua  sagoma galleggiante con occhi aperti che tormenta sua madre in sogno. La sua uscita di scena induce i personaggi a riflettere e finalmente ad operare scelte, interrompendo un circolo chiuso ed intricato di segreti, di egoismi, di ambiguità e di  interessi personali.

 

Alla fine del dramma Rita cerca di riscattarsi adoprandosi per istruire i figli dei pescatori, e suo marito, che prima pensava di defilarsi, come aveva sempre fatto da ogni responsabilità di cui non poteva scrivere, condivide questo progetto di volontariato assistenziale per bambini emarginati che “abiteranno nelle stanze di Eyolf, leggeranno i suoi libri e giocheranno con i suoi giochi, faranno a turno per sedersi sulla sua sedia al tavolo.” Solo così Rita spera di blandire quegli occhi spalancati che le rinnovano il rimorso. Asta segue il tenace costruttore di strade, colui che spiana il terreno per renderlo percorribile a tutti, creando collegamenti, comunicazione e continuità. Alfred e Rita che si erano spaventati del figlio quando era in vita, lo ritrovano solo nel dolore della sua perdita e dopo una vorticosa e confusa  dimensione reale, immaginata e  desiderata,  sospesi tra ciò che è  necessario e  possibile e ciò che non lo è , sembrano dare senso alla loro vita e conciliarsi con il mondo, forse infine anche con loro stessi.

 “Vedrai  il silenzio della domenica scenderà di tanto in tanto su di noi….Forse allora ci accorgeremo della visita degli spiriti….allora forse saranno intorno a noi, – quelli che abbiamo perduto. Il nostro piccolo Eyolf. E anche il nostro grande Eyolf…Dobbiamo guardare in alto, verso le cime, verso le stelle. E verso il grande silenzio.”  Rita, incapace di vivere nel dormiveglia  del rimorso e del risentimento riconosce che “ Siamo creature terrene” “Sì ma anche imparentate con il mare e con il cielo, più di quanto non si creda.” aggiunge Alfred.    

                                      

Un dramma esasperato, costruito da Ibsen che non svela mai del tutto . Come questa statua così particolare che suscita curiosità. In fondo questa vecchia dei topi, predatrice e  liberatrice di angosce, fecondatrice di coscienze, scruta  l’imperscrutabile con migliaia di occhi  che  sono quelli indagatori e puliti dei bambini, che osservano e intuiscono ciò che spesso gli  adulti, nelle varie dinamiche personali e relazionali, non riescono più a vedere né a distinguere.

Non a caso gli occhi variopinti, che ornano la veste di questo insolito personaggio, sono stati realizzati proprio da centinaia e centinaia di bambini che all’inaugurazione della statua di Skien  si erano travestiti da topolini.

 

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