Lo struscio : quando la gente elegante correva ai miserere per fare sfoggio di vestimenta.

Il rituale del giovedì  santo prevede la visita dei  sepolcri, cioè di un numero dispari di chiese, non inferiore a tre.  A  Napoli il giro dei  sepolcri si chiama “struscio”; letteralmente strusciare significa strofinare o trascinare qualcosa per terra, ma può anche significare lisciare, adulare. Di qui si pensa che struscio possa significare adulare i santi, in riferimento alle  adorazioni, oppure assumere un altro e più condiviso significato risalente  ai tempi di Fernández Pacheco de Acun͂a, viceré spagnolo nella Napoli del Settecento. Questi  emanò un bando nel 1704 per vietare  la circolazione di carrozze dal mezzogiorno del giovedì  fino al tempo della messa solenne del sabato santo inizialmente per le vie centrali della città, poi solo per via Toledo, la strada principale di Napoli. Qui  la famiglia reale in pompa magna,  con l’intera compagnia delle Real Guardie del Corpo e un corteo di cortigiani al seguito, dopo il vespro del giovedì santo si recava a piedi nelle vicine chiese per visitare i sepolcri. Ben presto i napoletani  considerarono lo struscio  come la festa della primavera  durante la quale non solo i nobili, ma anche i borghesi si esibivano in uno struscio di piedi per terra e di abiti nuovi, eleganti e fruscianti. Lo struscio divenne una sorta di gara di sfarzo tanto che nel 1781 il re Ferdinando IV intervenne per frenarla, come racconta Florio in   “Memorie storiche”.  Infatti in occasione della visita dei sepolcri durante la Settimana Santa  sia “nobili che  moltissimi del ceto civile, erano soliti vestirsi pomposamente  di velluto nero col soprabito ricco di bottoni d’oro e d’argento. Le Dame poi adornate con somma gala, portate dentro ricche sedie indorate a mano (essendo vietate le carrozze) giravano quasi tutte le chiese della città con volanti, servi, paggi, e tutta la loro corte, vestiti con le più  ricche livree, con estremo lusso, e con le teste artificiosamente accomodate. Ed in tal maniera camminavano la città e visitavano i sepolcri in giorni cotanto sacrosanti, dando qualche scandalo piuttosto che edificazione. Fu dunque sovranamente ordinato che andassero semplicemente ornate di veli, e senza scandalo e fu così eseguito.”

Il rito dello struscio sopravvisse durante la Repubblica Napoletana del 1799 e  il regno di Ferdinando II (1830-1859), divenendo sempre meno sfarzoso , seppure solenne.  Dopo i Borbone si distinse tra lo struscio del giovedì santo,  aperto al gaudente popolo che si riversava in via Toledo, e quello del venerdì  riservato ai nobili e  ai notabili della città.  Aitanti ed impettiti gentiluomini  indossavano la paglietta, cappello estivo, prontamente  tolta per ossequiare una bella dama che avanzava strusciando le vesti e i piedi . Le instancabili e “nferrùte” (tremende) mammà partenopee, di ogni estrazione sociale, agghindavano le figliole in età da marito e le accompagnavano in un interminabile struscio nella speranza di accasarle.

 Oggi per struscio s’intende il  prolungato passeggio, soprattutto serale,  per la via principale di un paese o di una  città, non solo  in occasione di feste. Spesso  i ragazzi passano e spassano per fare bella mostra di sé o conquiste  e non  necessitano più né di onnipresenti mammà , né dei miserere della Settimana Santa.