Piccoli e grandi eroi sul Gianicolo

Sulla sommità del Gianicolo , suggestivo luogo della memoria che ricorda le radici e le lotte per l’Italia , domina l’imponente monumento equestre di Giuseppe Garibaldi, realizzato da Emilio Gallori e inaugurato nel 1895. Sul basamento spiccano  le figure allegoriche dell’Europa e dell’America, oltre a gruppi di bronzo che rievocano le imprese più importanti dell’Eroe dei due mondi( lo sbarco a Marsala, la resistenza di Boiada, la difesa di Roma). 

monumento Garibaldi-Gianicolo

La storia è soggetta a diverse e mutevoli  interpretazioni, ma le prodezze di Garibaldi divennero poi memorabili sia per la destra che la sinistra. A mio parere proprio la forte e carismatica personalità di Garibaldi suscitava e suscita tutt’oggi un certo fascino. Egli  temprò il carattere per mare, navigando prima in Oriente col padre Domenico, capitano mercantile, e altri armatori,  poi combattendo nel  Sud America  per lo stato Rio Grande do Sul, di cui comandò la flotta di guerra, nella ribellione contro il  governo brasiliano. È passato alla storia come l’uomo d’azione, l’avventuriero, il  rivoluzionario, l’anticlericale, il  promotore della libertà, della giustizia e dell’amicizia tra i popoli, il difensore dell’identità nazionale. Animato contraddittoriamente da  ideali nazionali e cosmopoliti, da militarismo e pacifismo, fu critico non solo del pontefice ma anche dei politici di professione e della politica piemontese. Accolto freddamente  dal governo sardo quando rientrò nel 1848 dal Sud America  poiché i tempi erano propizi per la libertà e la  rivoluzione di Palermo faceva ben sperare,  poi espulso dai territori del  Piemonte  ove ritirò dopo la disfatta della Repubblica Romana e  il tentativo di raggiungere Venezia che resisteva agli austriaci, abbandonò ogni ambizione quando capì che la monarchia sabauda poteva essere la soluzione per l’unità d’Italia, e al re Vittorio Emanuele consegnò il Sud , rifiutando però la nomina a generale  con le annesse ricompense. I suoi ideali  in fin dei conti  furono sfruttati da una politica sabauda  che si rivelò più di conquista che di liberazione, soprattutto del ricco Sud Italia.La sua popolarità lo fece diventare simbolo dell’unità nazionale, richiamata nelle  tante piazze e strade d’Italia che portano il suo nome, facendo dimenticare lo spirito rivoluzionario degli anni giovanili e  quello antipolitico della vecchiaia. Garibaldi da lassù guarda Roma, capitale di quell’Italia libera e unita in cui  tanti, come lui, avevano creduto.  

patrioti  sul Gianicolo

 

I tanti, più noti, sono ricordati in  84 busti marmorei che in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia sono stati ripuliti e restaurati. Sono erme di patrioti garibaldini, politici ed intellettuali, combattenti per la difesa e la liberazione di Roma, compresi  quattro garibaldini stranieri (l’inglese John Peard , il finlandese Herman Lijkanen,  l’ungherese Istvàn Türr  e il bulgaro Petko Voivoda).

stele studenti padovani- Gianicolo

 

 

Nel parco del Gianicolo ci sono anche quattro stele  dedicate agli studenti che da ogni parte confluirono a Roma per difendere  la breve  Repubblica Romana. Se la passione è il  motore dei grandi cambiamenti,  in questi busti se ne trova conferma.

 

 

MameliPorzi Antonietti ColombaSacchiTurr

 

 

viale Lorenzo Brunetti

La mia attenzione però è stata attirata  da questa targa, dedicata al tredicenne Lorenzo Brunetti, di cui il viale del Gianicolo porta il nome.  Lorenzo morì  col padre Angelo Brunetti, più noto come Ciceruacchio (1800- 1849 ), il cui monumento, realizzato da Ettore Ximenes e inaugurato nel 1907, è stato trasferito da Trastevere al Gianicolo. 

Ciceruacchio, soprannominato così  dalla madre in quanto paffuto, era  figlio di un maniscalco, divenne  poi carrettiere e infine  oste. Generoso e  coraggioso s’adoprò per il bene del popolo in occasione del colera e dell’alluvione.  Non era istruito ma in compenso 250px-Ciceruacchio_a_Ripettaera dotato di buona capacità dialettica, espressa solo in   romanesco, con la quale  interpretava e trasmetteva gli umori della gente comune, e  capì che l’istruzione per tutti poteva essere un mezzo per acquisire maggiore consapevolezza e dignità di vita. Fu  apprezzato  anche da nobili e governanti, oltre  Mazzini e Garibaldi  che gli chiesero consigli e collaborazione durante la breve vita della Repubblica Romana. Incoraggiò il papa Pio IX a promuovere riforme liberali e donò vino per festeggiare la liberazione dei prigionieri politici nel 1846.  Dopo il voltafaccia del pontefice, Ciceruacchio  si schierò contro la politica del papa re che non realizzò le riforme tanto attese dal popolo. Da buon patriota e capopopolo difese la Repubblica Romana nel 1849 e , dopo la sua caduta , seguì Garibaldi con l’intento di raggiungere Venezia. Costretto ad approdare  in prossimità del delta del Po, fu denunciato alle autorità dalla gente del posto e nella notte del 10 agosto 1849 fu fucilato insieme ai suoi due figli Luigi e  Lorenzo. 

Righetto- GianicoloNel parco del Gianicolo  tra i grandi citati nella storia del Risorgimento Italiano,  è ricordato anche  il giovane trasteverino Righetto, simbolo dei ragazzini caduti in difesa della Repubblica Romana nel 1849.  Roma era soggetta a pesanti attacchi da parte dei francesi corsi in aiuto del papa e Trastevere era particolarmente bombardata. Una banda di ragazzini, guidati da Righetto, un dodicenne senza famiglia che lavorava presso un fornaio,  pensò di  difendere la gente del quartiere   avvisandola della caduta della bombe  e precipitandosi a spegnerne la miccia  con uno straccio bagnato. Nel giugno del 1849 sulla piccola spiaggia della Renella, sotto ponte Sisto, Righetto morì con la sua inseparabile cagnetta  Sgrullarella a causa di una bomba che gli cadde sulle mani.

 Altre generazioni di altri tempi, animate da quella grande passione che rende fieri e coraggiosi  in ogni circostanza.

Noi, italiani del Duemila, riusciremo mai a scrivere pagine di storia di cui i posteri si sentiranno orgogliosi?

 Qui la splendida interpretazione di Nino Manfredi in un estratto del film “In nome del popolo sovrano” di Luigi Magni, recentemente scomparso.

  

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“Ciò che facciamo in vita riecheggia per l’Eternità”: la Street Art di Banksy

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Il misterioso Banksy continua a stupire e a suscitare commenti, ora di encomio, ora di condanna. Che dire, se non che è il più famoso e  quotato street artist del mondo, che ha lasciato traccia del suo passaggio a partire da Bristol e Londra per sconfinare in altre città d’Europa, della Palestina, dell’America. Alcuni stencil  sono ormai rappresentativi dell’arte contemporanea: originali, a volte sarcasticamente provocatori, trasmettono un messaggio mai banale per un mondo più vivibile, equo, pacifico e pulito.

 rat I tanti ratti che anni or sono comparvero sui muri di Londra, Parigi e New York  rappresentavano una nuova forma d’arte (rat è l’anagramma di art) che spesso viene fuori di notte e nei posti più impensati, a volte squallidi e anonimi delle città. Odiati, cacciati e perseguitati, eppure capaci di mettere in ginocchio intere civiltà , infestano e contagiano. Un po’ come l’arte di Banksy.

 Alcune sue opere, che rivisitano quadri famosi,  sono misteriosamente apparse anche  nei grandi musei del mondo, come questo ritratto di una donna dell’Ottocento riconoscibile per una maschera antigas.

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maidinlondon3---banskyco_427080Chi non ricorda invece Leita? È la domestica a grandezza naturale che cerca di nascondere la spazzatura sotto il tappeto su un muro di Chalk Farm, nella periferia nord di Londra, alludendo a coloro  che  ignorano  i grandi problemi del mondo. Se si pensa che i graffiti sporcano i muri, questo ha abbellito il muro di  uno sporco quartiere londinese, forse con la speranza di ripulire  qualche coscienza.  

 

banksy_santa_teresa_primaA mio avviso, non è un caso che le opere di Banksy siano comparse anche a Napoli. In via Benedetto Croce  una  Santa Teresa del Bernini, in estasi forse per panino e patatine, rappresentava  il consumismo fino a quando non è stata poi cancellata da un anonimo writer nel maggio 2010.

 

 

Invece in via dei Tribunali, esattamente nella piazza della basilica dei  Gerolomini presso una bottega di roba vecchia, si può ammirare una  Madonna con la pistola: allusione alla violenza malavitosa che ammazza tanti figli dei quali non resta che il dolore e la pietà di tante Madri? Oppure invocazione a  una grande  fede (nella giustizia)  che può sconfiggere la camorra?

graffito napoliHo scoperto questo stencil  per caso quando riuscii a visitare la splendida chiesa dei Gerolamini in occasione di una sua rara apertura al pubblico. Ignoravo chi fosse l’artista  ma ho captato la bellezza di questa Madonna immortalandola  prontamente con una foto.

art-balloon-banksy-girl-no-future-paint-Favim.com-74013Banksy narra di un mondo di pace, giustizia e delle tante forme di libertà attraverso scimmie, ratti, anziani, soldati, poliziotti e soprattutto bambini e ragazzi.

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I suoi bambini con il palloncino volano via in cerca di luce  e sogni  oppure,  imbronciati, sono accovacciati in terra in attesa del futuro.

Sul lato palestinese del muro che divide Israele e la Cisgiordania i  bambini perquisiscono i poliziotti,  volano via,  aprono squarci in trompe l’oeil su un mondo sereno dove finalmente possono giocare , non più alla guerra, e i ragazzi lanciano fiori anziché pietre.Un palestinese apprezzò questi  stencil , ma poi disse all’artista britannico  di tornarsene a casa , perché il suo popolo  non voleva  un muro così bello, in quanto lo odiava e sperava che fosse abbattuto.

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SIZED.Mon-21-WIDE-privateDa ottobre Banksy è a New York e sui muri della città sta lasciando  tracce artistiche del suo silenzioso,  inconfondibile passaggio  insieme a un numero telefonico  per ricevere ulteriori informazioni sull’ opera. Inoltre egli aggiorna  il suo sito con le foto delle sue più recenti realizzazioni accompagnate da un video.

flower throwerGiorni fa Banksy ha dato alcuni suoi disegni ad un anziano venditore ambulante in Central Park che li ha venduti per 60 dollari l’uno, mentre valgono almeno cento volte di più.  Tra questi c’era  una versione del famoso  “Flower Thrower”, l’uomo che lancia i fiori, che compare  sulla copertina del catalogo di Wall and Piece, la sua retrospettiva del 2005, e “Laugh Now”.

La bancarella era la tredicesima  installazione di “Better Out Than In”, il progetto che ha portato l’artista a New York per un mese provocando una vera e propria caccia  al tesoro. Sì le opere dell’artista di Bristol  sono un tesoro, valgono centinaia di migliaia di euro e, in questo caso,  hanno fatto la fortuna di chi le ha acquistate per pochi dollari. A volte sono asportate dai muri , ma perdono un po’ del loro valore in quanto ciascuna opera è ispirata da un determinato contesto socio culturale e urbano, lo interpreta, lo commenta, lo irride, lo valorizza e gli appartiene.

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Nel quartiere Queens di New York Bansky scrive:” Ciò che facciamo in vita riecheggia per l’Eternità”. Un uomo cancella la frase con una spugna, come forse i graffiti dell’artista sono cancellati da altri writers o dalle autorità, oppure si fa riferimento ai colpi di spugna del tempo sulla memoria.

meat_truck04_1224517Curiosa questa installazione mobile- scusate il gioco di parole-  “Le sirene degli agnelli”: un camion per il trasporto del bestiame gira per Meatpacking District, il quartiere dei macelli convertiti in ristoranti,  facendo riecheggiare  i versi degli animali condannati al macello. Qui gli animali sono simpaticissimi peluche, che  rievocano ricordi infantili e suscitano un sorriso poi  trattenuto dai contrastanti lamenti.

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Altra installazione vagante è un vecchio camion splendidamente affrescato con un mondo paradisiaco ove lo spettatore, comune passante di città , può  smarrire lo sguardo e la fantasia e ritrovare un po’ di serenità.

 

upper-west-sidesized_1230229Opere che fanno discutere: questa si trova nell’ Upper West Side e il  proprietario del muro l’ha protetta con una lastra di plexiglass , mentre il sindaco di New York Bloomberg sostiene che Banksy rovina la proprietà privata  per cui gli ha dichiarato guerra.

 

 

Questo bellissimo stencil   invece si trova a Brooklyn. Mentre alcune case d’asta pensavano a come rimuoverlo per venderlo, è stato sfregiato da altri writers. Purtroppo questo è  il rischio che corrono le opere d’arte di strada.

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Un  piccolo omaggio alle vittime dell’11 settembre è apparso su un muro di Tribeca.

 

 

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Un palloncino incerottato rappresenta gli sforzi che un cuore spezzato fa per sopravvivere .

 

 

day3E infine non poteva mancare il riferimento ai più comuni graffitari, quelli che comunicano come sanno fare, lasciando semplici tracce del loro passaggio, a volte ritenute inopportune, offensive, sporche. Metafora del cane graffitaro, a me tanto cara.

Grazie, Banksy!

 

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Immagini dal web 

In Artsy.net  altre opere di Banksy.

 

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Roma, 16 ottobre 1943

Pare che ogni terra, ogni popolo abbia paura di ospitare l’innominabile nell’eterno  riposo.

Non saprei se provochi più sdegno il massacro di  tante persone inermi alle Fosse Ardeatine o il fatto che egli non abbia mai mostrato un minimo segno di pentimento o  di pietà per le vittime, e abbia sempre  ostentato arroganza e superbia.

Roma non dimentica. Anch’io non dimentico quel 16 ottobre 1943.Queste targhe parlano da sé, come le pietre d’inciampo che si trovano  nella capitale, non solo nel ghetto ebraico, ma ovunque ci siano state vittime della violenza nazifascista, anche dinanzi ad alcune  caserme dei carabinieri  come quella di Via Giulio Cesare  ove ce ne sono 12. Il 7 ottobre duemila carabinieri italiani furono deportati da Roma nei campi di prigionia per tante ragioni, perché aiutarono i disertori o altre persone o perché ritenuti inaffidabili, in fondo l’8 settembre  giovanissimi allievi carabinieri andarono a combattere sul Ponte della Magliana e morirono  per difendere  Roma.

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“La mattina di sabato 16 ottobre 1943 le SS irruppero nel ghetto di Roma e deportarono circa 1040 persone ad Auschwitz. Ne tornarono solo 17. Su 288 bambini e ragazzi da 0 a 15 anni, ne sopravvisse solo uno, Enzo Camerino nato nel 1928. Tra 288 giovanissimi c’erano 10 ragazzi di quindici anni, 15 di quattordici, 19 di tredici, 17 di dodici,16 di undici, 17 di dieci,10 di nove,16 di otto anni e 16 di sette,23 di sei,21 di cinque,24 di quattro,23 di tre,25 di due anni e 13 di un anno. Con loro muoiono 2 bimbi di 10 mesi, uno di 9, due di 8,due di 7,5 di sei, 2 di  cinque mesi, due di 4, tre di tre mesi, uno di 15 giorni e un neonato venuto alla luce poche ore dopo l’arresto della madre. Si aggiungano un bimbo e una bimba dei quali non si conosce l’età.

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Di mattina presto un merciaio ambulante, Settimio Calò di 44 anni, abitante nel Portico d’Ottavia n 19 uscì da casa per fare la coda in una tabaccheria. Al ritorno trovò la casa vuota: i tedeschi avevano portato via la moglie, Clelia Frascati di 43 anni, e i 10 figli: Bellina di 22 anni, Esterina di 20, Rosa di 18, Ines di 16, Raimondo di 14, David di 13, Elena di 11, Angelo di 8, Nella di 6, Lello Samuele di circa 6 mesi. Con loro anche il cuginetto Settimio di 12 anni che quella notte per caso era stato ospitato dai Calò. Morirono tutti nelle camere a gas appena arrivati ad Auschwitz il 23 ottobre 1943. (informazioni  tratte da “Il futuro spezzato- i nazisti contro i bambini”, di Lidia Beccaria Rolfi e Bruno Maida. Libro dedicato alla piccola Sissel Vogelmann e a tutti i bambini assassinati.)

 Il post continua qui.

Vincenzo Gemito- Villa Pignatelli


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Villa Pignatelli a Napoli ,splendida dimora inglese che mescola lo stile neoclassico  e neo palladiano, fu progettata nel 1826 da Pietro Valente per Sir Acton, passò poi ai Rothschild e infine ai Pignatelli Cortes d’Aragona che nel 1952 la donarono allo Stato Italiano. La villa, immersa in un parco, merita di esser visitata  per gli  arredi,statue, dipinti, decorazioni in stucco, collezioni di porcellane, argenti e  cristalli che la rendono simile a un raffinato gioiello d’epoca.

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È sede del   Museo Pignatelli dove a distanza di cinquant’anni dalla mostra monografica tenutasi al Palazzo Reale di Napoli nel 1953, nel 2009 sono  state esposte  più di centocinquanta opere – tra disegni, terrecotte, bronzi, gessi, cere e argenti- che documentano  l’attività creativa di Vincenzo Gemito, geniale protagonista del panorama artistico europeo tra l’Ottocento e il Novecento. Una mostra di foto d’epoca, autoritratti, ritratti di parenti, meduse e sibille,  grandi personaggi artistici e storici- come Verdi,Alessandro Magno e Carlo V-  e soprattutto popolani e scugnizzi (bambini di strada) ripresi dal vero nelle vesti di acquaioli e pescatori, rappresentanti di un’umanità atemporale che vive nelle opere scultoree e grafiche di Gemito.

zingara di gemito

 Gemito  visse la sua esperienza umana e artistica come una continua prova da superare, pagando con la follia la sua tensione espressiva. Tutta la sua produzione ( sculture e  disegni, in parte inediti, realizzati a penna,a matita, a carboncino, a seppia e ad acquerello) riflette una personale ricerca sia sull’ uomo, sia sull’ essenza della forma fissata nel gesto e nell’ attimo.

 È interessante la vita di quest’artista che fece dell’arte la sua ragione di vita fino a divenirne quasi una mitica vittima.

“Egli aveva nome Vincenzo Gemito. Era povero, nato dal popolo; e all’ implacabile fame dei suoi occhi veggenti, aperti sulle forme, si aggiungono talora la fame bruta che torce le viscere. Ma egli, come un Elleno, poteva nutrirsi con tre olive e con un sorso d’acqua (G.D’Annunzio, In morte di  Giuseppe Verdi).”

Il 18 luglio 1852 Suor Maria Egiziaca Esposito si presentò all’orfanatrofio dell’Annunziata con un bambino che di notte era stato deposto nella ruota (i bambini indesiderati venivano in tal modo affidati alle suore).Il bimbo aveva solo un pezzo di tela e l’ orecchio destro bucato. Gli fu dato il nome Vincenzo Gemito. Adottato da un’umile famiglia, che da poco aveva perso un figlio,  sin da piccolo fu avviato all’ arte della scultura e si dedicò a ritrarre giovinetti di strada. Fu subito notato nell’ ambiente artistico napoletano. Si classificò tra i primi nelle prove di ammissione al Real Istituto d’Arte e nel 1868 lo stesso re Vittorio Emanuele I acquistò il suo Giocatore in terracotta per la reggia napoletana di Capodimonte.

pescatore di gemito

Gemito si formò studiando i bronzi di Ercolano e dall’ arte antica ricavava la solennità che nobilita ogni soggetto“…Se a l’artista manca la cognizione del passato non potrà mai fare un capolavoro. Le mie opere sono prese dal vivo così come sono esistite…”. Prima lavorò materiali duttili, plasmabili con le mani, come cera e terracotta, poi utilizzò anche il bronzo e l’argento che gli consentivano di controllare la forma in modo quasi ossessivo. Tra il 1877 e il 1880 visse a Parigi ove divenne amico di Meissonier, famoso pittore, che acquistò il suo innovativo Pescatore di bronzo e, pur mantenendo un’autonomia artistica, ebbe relazioni coi grandi artisti dell’epoca, da Boldini a Rodin.

Nel 1880 tornò a Napoli e realizzò la statua di Carlo V. L’insoddisfazione peracquaiolo - gemito la resa in marmo della sua opera scatenò un esaurimento psichico che lo portò quasi alla follia “io non ho più la genialità di prima e non mi sento più lo stesso uomo…”.Per poco tempo soggiornò in una casa di cura, poi dal 1887 al 1909 si isolò volontariamente nella sua casa, ove  fu assistito dal padre “mastro Ciccio”, dalla moglie Anna e dalla figlia Giuseppina , che ispirarono molte sue opere. Nel 1909 riprese a viaggiare e a lavorare tra Roma a Parigi finché, ormai famoso,  tornò alla natia Napoli dove morì il 1° marzo del 1929 . Anche la sua scomparsa diventò mitica., come la sua fama.  Si narra che, quando il corteo funebre giunse davanti alla marina, i becchini sentirono d’un tratto la bara più leggera sulle spalle. Ci fu un po’ di scompiglio tra i personaggi ufficiali finchè un signore in tuba levò la mano a indicare il golfo di Napoli: scortato da due delfini, Gemito navigava verso i mari della Grecia.

 

Quarta edizione del Carnevale della Letteratura: il tempo

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Signori e signore,

vi annuncio che su Scienza e Musica è stata pubblicata  la quarta edizione del Carnevale della Letteratura, curata da Leonardo Petrillo. Questo mese il carnevale aveva come tema  il tempo, un tema affascinante e  di vastissima interpretazione,   che ha sempre suscitato e continuerà a suscitare l’attenzione e le riflessioni di pensatori, scienziati, letterati, artisti e gente comune di ogni tempo. 

 Il bravo ed eclettico Leonardo ci accompagna avanti e indietro nel tempo, infinito e indefinibile, relativo e immisurabile, diversamente narrato dai carnevalisti ; tempo  che oscilla ed amalgama   il mondo umanistico con quello scientifico o di altre arti e campi dell’ingegno umano in una vasta panoramica arricchita da piacevoli intermezzi musicali.

Se a volte la rete perde e disperde, le iniziative dei vari Carnevali , della matematica, della fisica, della chimica e di recente della Letteratura hanno il merito di raccogliere post a tema, a volte per approfondire, a volte per il semplice piacere della scrittura. Dedicate un po’ del vostro tempo al tempo!

Buona lettura!   

Villa Floridiana e il Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina

villa floridiana 1Nel quartiere del Vomero a Napoli s’erge Villa Floridiana,  un’oasi  di bellezza  naturale ed artistica, che  re Ferdinando I di Borbone   volle come residenza  estiva per la moglie morganatica Lucia Migliaccio di Partanna, duchessa di Floridia. La duchessa , nata a Siracusa nel 1770, era molto bella  oltre che molto ricca. A soli sei anni ereditò titolo nobiliare e feudo  e ad undici sposò il ventiseienne  principe Benedetto Grifeo di Partanna dal quale prima ebbe  nove figli, poi  una prematura vedovanza. Nel novembre del  1814 tre mesi  dopo la morte della regina Maria Carolina convolò  a nuove nozze col re di Borbone, esule in Sicilia, pertanto  fu invisa ai sudditi e, rientrata col consorte  a Napoli dopo la Restaurazione , visse nelle residenze a lei destinate dal re ( palazzo Reale, palazzo Partanna in Piazza dei Martiri  e Villa Floridiana). 

villa floridiana

Tra il 1817 e il 1819  l’architetto Antonio Niccolini ristrutturò in stile neoclassico la palazzina ed ideò un parco all’inglese, un teatrino all’aperto, un tempietto ionico, serre e grotte per animali esotici. Villa Floridiana divenne quindi   una suggestiva  scenografia per i ricevimenti estivi della duchessa. Quando nel gennaio del 1825 re Ferdinando morì in seguito a una breve malattia , Lucia lasciò il palazzo Reale e si ritirò nel palazzo Partanna. Circa un anno più tardi, nell’aprile del 1826, morì anch’ella e le sue spoglie furono custodite nella chiesa di San Ferdinando.

oggetti museo duca di martina Nel  1919 Villa Floridiana fu acquistata dallo Stato italiano. Dal 1931 divenne  sede del  Museo della Ceramica Duca di Martina che ospita la collezione di oggetti d’arte di Placido di Sangro, appunto duca di Martina, donata dai suoi eredi  alla città di Napoli  nel 1911. Il duca, nato a Napoli nel 1829 da Riccardo e Maria Argentina Caracciolo, apparteneva ad un  illustre casato strettamente legato alla corte borbonica. Dopo l’unità d’ Italia si trasferì a Parigi e lì entrò in contatto con famosi  collezionisti, come i Rothschild, ed  iniziò ad acquistare oggetti d’arte applicata che in parte venivano inviati nella sua residenza napoletana.  

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Il Museo Duca di Martina nella Villa Floridiana si articola in più sale, dislocate su tre piani, ove si possono ammirare circa seimila opere di manifattura occidentale ed orientale, databili dal XII al XIX secolo.  Avori, smalti, tartarughe, coralli, bronzi di epoca medievale e rinascimentale, maioliche, vetri e cristalli dal XV al XVIII secolo, porcellane europee, cinesi di epoca Ming ,Qing e giapponesi Kakiemon ed Imari.

 

parco villa floridiana

 

È piacevole passeggiare nel parco della Villa Floridiana, all’ombra della folta e rigogliosa vegetazione, lontano  dai rumori della città. Una pausa rigenerante prima di  ricominciare a girovagare per Napoli.

 

 

 

 

Museo Nazionale della Ceramica Duca di Martina

Villa Floridiana
via Cimarosa 77
via Aniello Falcone 171, 80127 – Napoli