Bianca

bianca di ceriolo annamaria“Bianca – donna  e monaca tra cinque e seicento” è il libro di Anna Maria Ceriolo Verrando che documenta  e racconta con garbo la storia  vera  di una probabile monacazione subita  e risalente all’Italia del ‘600. Una microstoria dell’estremo Ponente ligure che è una finestra su un mondo scomparso  e poco conosciuto, ma soprattutto  è una vicenda della condizione femminile e di un’epoca di fermento, quella della Controriforma, attraverso eventi che incisero nella storia. Non poteva passare inosservata la dedica del libro  “Alle donne che ancora aspettano di poter realizzare la loro personale scelta di vita e il loro diritto all’ istruzione” perché Bianca è innanzitutto una donna, forse una delle tante bambine costrette o persuase dalle famiglie a entrare in educandato, finendo poi per  restarvi come novizie e infine monache, subendo un destino simile a quello di molte altre, in quanto la loro dote corrispondeva da un terzo a un ottavo circa di quella riservata alle fanciulle destinate al matrimonio. In quei conventi  spesso le bambine rimanevano perché  incoraggiate dalla presenza di zie o cugine che prima di loro erano state indotte a  intraprendere la stessa vita. Non c’era in effetti  alcuna libertà di scelta per le donne dell’epoca. Bianca però a modo suo si rivela audace e coraggiosa e ci parla della sua storia attraverso una lettera che Anna Maria Ceriolo trova  per caso  nella sezione di Ventimiglia dell’Archivio di Stato mentre esamina una filza del notaio Simone Lamberti senior, capofila di una schiatta di notai di Vallecrosia, e rintraccia una serie di dati ricavabili da compravendite di immobili e terreni, da locazioni, transazioni commerciali, quietanze varie, liti e testimonianze, ingaggi commerciali, testamenti, strumenti dotali e corredi di spose. Nota infatti che tra i fogli di filza, generalmente piegati a metà  e in verticale come un foglio protocollo, ce n’era uno più piccolo degli altri e piegato in tre parti. Da una parte il notaio aveva vergato regolari quietanze e pagamenti mentre dall’altra, sia l’intestazione che la parte finale rivelano una lettera privata. Anna Maria scopre così una segreta  lettera d’amore, proveniente da un convento, arrivata allo studio notarile e lì nascosta, scritta in risposta ad una precedente lettera del notaio Simone Lamberti senior. La voce di questa donna, discretamente colta, trapela dalla scrittura curata e  con  una determinazione  audace e insolita per quei tempi dichiara i suoi sentimenti . “Io facio come fa li arberi che alla primavera fioriscono, così mè intrevenuto adeso a me… Io vi amava come senper ò fatto”. La storica, incuriosita ed emozionata, trova anche la bozza di una risposta del notaio, risale al casato di Bianca, ricostruisce  una storia amorosa, tormentata  da lunghe e logoranti attese, l’ insofferenza per  una condizione di vita non voluta che spesso induceva le giovani monache a lasciarsi morire, la volontà di vivere i propri sentimenti.  Mi fermo per lasciare un po’ nel mistero la vicenda di Bianca, prima donna e poi monaca.

Presento la mia amica Anna Maria Ceriolo Verrando, insegnante di lettere e autrice della  tesi “Bordighera nella storia”  che fu pubblicata e inserita dal prof. Nino Lamboglia nella Collana Storico –archeologica della Liguria Occidentale. L’incontro con il Lamboglia fu per Anna Maria determinante  per rafforzare l’amore per la storia e le sue metodiche al punto tale da farla divenire un’appassionata ricercatrice d’archivio, che ha sempre diviso il suo tempo tra la famiglia, il lavoro, la ricerca delle fonti e la poesia. Affermata storica loco-regionale, ha ricevuto a Bordighera nel 2011 il prestigioso Parmurelu d’oro, premio annuale assegnato per meriti storico-letterari-artistici- scientifici  o impegno civile a chi ha reso lustro alla città di Bordighera.

“Quando voglio pensare a qualche cosa di piacevole e di riposante mi viene subito davanti agli occhi la mia cara villa di Bordighera” (Regina Margherita di Savoia, 1923)

 

regina margherita di savoia- bordighera

Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia  nacque a Torino nel 1851 da Ferdinando di Savoia – Genova e Elisabetta di Sassonia.  Rimasta orfana del padre a quattro anni , fu accudita dalla contessa Clelia Monticelli di Castelrosso e da don Mottura, un prete liberale amico di Gioberti, che si preoccuparono della salute, dell’educazione e della serenità  della piccola. Dopo qualche anno  si avvicinò alla musica e alla pittura  acquisendo gradualmente gusto per il colore che sperimentò negli acquerelli anche durante la vita da regina. Imparò  quattro lingue, ma solo a quattordici  anni iniziò a studiare l’italiano, la storia e la letteratura italiana con il professore Andrea Tintori.

Cresciuta nel clima risorgimentale Margherita conciliò bellezza  e buon gusto con la forza e la determinazione del carattere, il  senso del dovere con una buona  capacità di comunicazione. A otto anni preparò bende per i feriti degli scontri del 1859 per un dovere di assistenza che l’accompagnò anche in seguito come regina madre dedita ad opere di beneficenza.

Nell’aprile del  1868, a diciassette anni,  sposò il principe Umberto, che in realtà amò sempre la  bella Bolognina, cioè  Eugenia Attendolo Bolognini, contessa Litta. Tra migliaia di margherite, che addobbarono il duomo di san Giovanni a Torino e gli abiti delle dame , la fanciulla sposò la monarchia sin dall’inizio, dimostrando di avere un profondo senso del proprio ruolo regale, e chiese al re Vittorio Emanuele II il permesso di affacciarsi i per salutare il popolo festoso. Non fu un caso se  divenne  uno dei personaggi più amati della storia italiana: con  l’aggraziata  freschezza di sposa fanciulla e il carisma di un’innata signorilità conquistò l’alta società e il popolo. Anche quando visse a Monza , ove dimorava la “Bolognina”, la principessa Margherita  non dimenticò  le funzioni e i doveri del suo rango. Si trasferì a Napoli quando il re decise che il nascituro  erede al trono doveva nascere lì per ragioni di stato. Infatti  il piccolo Vittorio Emanuele  III  nacque a Napoli  nel novembre del 1869 e fu accolto in una  culla regale, decorata con  medaglioni di madreperla e corallo, dono dei  napoletani realizzato sotto la guida di  Domenico Morelli e di Luigi Settembrini. Quando Roma si unì con un plebiscito al regno d’Italia, la famiglia reale si trasferì al Quirinale. Nella Città eterna la principessa Margherita  conciliò impegni di vita mondana con quelli familiari di cura del figlio, ma soprattutto iniziò ad accogliere nella nuova reggia poeti, letterati , artisti famosi e non. Il 9 gennaio 1878 morì il re Vittorio Emanuele II e il principe Umberto salì al trono . Margherita divenne pertanto la prima regina d’Italia. Una  regina incantatrice: colta, raffinata, elegante e affabile si fece amare durante un viaggio per l’Italia non disdegnando di indossare costumi tipici e gioielli di orafi locali. Ebbe  carisma e rappresentò  la vera forza della monarchia perché fu ben consapevole del proprio ruolo regale, dei propri doveri nella vita privata e pubblica , di mecenate delle arti e della cultura, di generosa  e affabile interlocutrice con ambasciatori stranieri e gente del popolo dalla quale si lasciò avvicinare. Divenne un punto di riferimento , a differenza dello schivo consorte  più dedito all’ arte venatoria e amatoria. La regina visitava collegi, orfanatrofi  e  scuole, partecipava  a inaugurazioni ed eventi culturali e mondani. 

villa regina margherita

Nel luglio del 1900 il gioviale re Umberto, scampato a precedenti attentati, fu  assassinato con quattro colpi di pistola dall’ anarchico Bresci e quindi  l’11 agosto gli successe al  trono il re Vittorio Emanuele III. Di conseguenza la  regina Margherita assunse il ruolo di regina madre, continuando a dedicarsi ad opere di beneficenza e di promozione delle arti e della cultura .

finestra villa regina Margherita

 Dopo l’attentato  al consorte, nel settembre 1879, si recò a Bordighera e fu ospitata dal barone Bischoffsheim nella  villa Etelinda. Anni dopo ritornò nella tranquilla cittadina del Ponente ligure e nel 1914 acquistò una villa con giardino  che l’architetto Luigi Broggi trasformò nella splendida Villa Regina Margherita. Dal 1916 da maggio a dicembre la regina si ritirava nella villa, dove ritrovava  la serenità tra le tante rose e il verde del parco. Non si sottrasse a impegni di vita pubblica fino a quando  si spense  nell’ amata villa di Bordighera il 4 gennaio 1926.

“Margherita di Savoia è artista pel bisogno di vivere in un ambiente esteticamente bello nell’insieme e nei particolari, dai mobili di stile, ai ninnoli, ai quadri, alle statue, alle piante, ai fiori con intonazione che riveli un concetto. Era artista Margherita perché aveva negli italiani suscitata la persuasione che le emozioni estetiche  erano un bisogno del suo cuore  e che offrirgliele era l’omaggio che più gradiva. All’arte la regina dava un posto d’onore come già i greci nell’educazione… era artista sempre, se sonava, se cantava, se dipingeva , se lavorava, se si vestiva, se sceglieva le sue villeggiature estive o invernali, se organizzava una festa” (Giovanna Vittori, Margherita di Savoia, 1927)

villa regina margherita bordighera

 

Basti ricordare che la regina  influì nelle scelte architettoniche  e decorative della villa; volle che Tommaso Bernasconi , proveniente dall’ Accademia di Brera, decorasse l’interno della villa. Non a  caso questo gusto per il bello si rispecchia  nei sopraporta della villa in un itinerario dei ricordi e dei luoghi cari alla regina: palazzo Chiablese a Torino dove nacque nel 1821, la villa ducale di Stresa dove visse con la madre in seguito alla morte del padre Ferdinando di Savoia- Genova, il palazzo del Quirinale, il palazzo Margherita  di Roma ove si trasferì dopo la morte del re,  Castel Savoia a Gressoney  e il castello ducale di Aglié, dimore estive, il castello di Stupinigi ove si ritirò nei primi anni di vedovanza.

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Villa Regina Margherita si trova sulla Via Romana di Bordighera, lungo il percorso dell’antica via  Julia Augusta  che in età romana collegava la Liguria alla Gallia. Nel 2009 la villa è stata acquistata dall ’amministrazione provinciale di Imperia e della Città di Bordighera che d’intesa con la Regione Liguria e la famiglia Terruzzi  hanno trasformata la villa in un museo. Qui  è possibile ammirare  la pregiata collezione “Terruzzi” di dipinti del Seicento e Settecento, nature morte italiane e straniere dal 1500 in poi , porcellane orientali, bronzi, argenti, ceramiche e  mobili . Tra antichi arredi, spettacolari vetrate artistiche –le mie preferite- e lampadari, delicati stucchi e parquets  in un’oasi di storia e di arte raffinata spiccano opere dell’arte ligure del Seicento, delle scuole napoletana , tra le quali tre quadri di Luca Giordano, emiliana , caravaggesca e francese (Jean Baptiste Lallemand, Joseph Sauvage, Jean François de Troy ).

Tappa obbligata è la terrazza  panoramica che si affaccia sul mare, sui giardini  e sulla sempre bella Bordighera.

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