Forse questo articolo aiuta a capire la mia insofferenza per l’affollamento estivo , comunque bisogna pur guadagnarsi le indulgenze e imparare a sopportare e inoltre anch’io sono stata una madre costretta a rincorrere il proprio figlio pestifero sulla spiaggia visto che si buttava in acqua pur non sapendo nuotare. Degno figlio di sua madre!
Premetto inoltre che io e i miei cugini eravamo ben felici di sottoporci all’estivo addestramento spartano…quasi para militare.
![puolo](http://www.skipblog.it/wp-content/uploads/2013/07/puolo.jpg)
Ogni anno torno alla “mia” spiaggia,a quel che resta di quella spiaggia perché lì è sorto un elitario stabilimento balneare con un comodo solarium frequentato da opulenti clienti ipergriffati, quelli che ostentano status symbol, strilli e un presunto esprìt de finesse . Ormai non è più prudente nuotare da una baia all’altra a causa dei motoscafi che sfrecciano di continuo lasciando puzzolenti scie di nafta. Non ci sono più i vecchi pescatori, non ci sono tante stelle marine ma solo conchiglie e qualche granchietto , non ho più il coraggio di addentrarmi nelle grotte marine e di mangiare frutti di mare crudi appena pescati, ma ogni volta che torno lì , penso a quanto sono stata fortunata .
Quando trascorrevo le vacanze estive a casa di mia nonna a Sorrento, desiderate per tutto l’anno perché ritornavo alle mie radici e ai miei affetti, andavo al mare con zii, zie e cugini. Arrivati a piedi ad un paese di pescatori che sorgeva sul mare, gli adulti prendevano una barca a remi sulla quale caricavano borse e bottiglie di acqua e noi bambini, sei cuginetti molto affiatati , dai 6 agli 8 anni, seguivamo la barca a nuoto per arrivare a una splendida baia, conosciuta da pochi. Lì c’era un mare caraibico con acque cristalline solcate soltanto da barche a remi di pescatori. Questi ci conoscevano, ci soccorrevano quando ci facevamo male, ci riportavano a riva se eravamo stanchi o in difficoltà . Era la “nostra” spiaggia fatta di sabbia e scogli dove ci raggiungevano a nuoto o in barca gli amici e dove siamo cresciuti insieme per molte estati.
![dal web](http://www.skipblog.it/wp-content/uploads/2013/07/anni60-marina-di-puolo1-300x200.jpg)
dal web
Da bambini, ci divertivamo a esplorare grotte e a giocare nelle sorgenti di acqua sulfurea ( insomma facevamo una sorta di idromassaggio naturale!), a raccogliere stelle marine, conchiglie, a mangiare ricci di mare e patelle, senza timore di prendere l’epatite, a correre sugli scogli, a fare torte e castelli con la sabbia nera decorandoli con le pietrine colorate. Più tardi imparammo a costruire il vulcano cimentandoci per ore nello scavare pian piano il camino , facendo attenzione a non fare franare le pendici …e ci sentivamo soddisfatti quando alla fine di lunghe discussioni raramente pacifiche, per portare a termine il nostro Vesuvio in miniatura, riuscivamo ad accendere la carta sotto e a farlo fumare.
I nostri tatuaggi permanenti erano graffi e tagli sui piedi e sulle gambe, talvolta spine di ricci, ma non piangevamo mai troppo perché sapevamo che se ci fossimo lamentati, saremmo tornati prima a casa . In compenso però, tornati a casa, la sola vista dell’ago bruciato, che serviva ad estrarre le spine dei ricci, bastava a farci improvvisare sceneggiate esagerate, per avere anche due coccole in più, e a turno ci confortavamo dicendoci che non era nulla , ben sapendo che prima o poi sarebbe toccato ad ognuno di noi perché tanto avremmo continuato a disubbidire ai grandi pur di scappare a giocare tra gli scogli.
Stavamo al mare per 5- 6 ore, anche perché andavamo in una spiaggia isolata e lontana dal paese e facevamo un solo bagno cha durava quanto la permanenza in spiaggia! Non avevamo mai fame perchè eravamo troppo indaffarati a scorrazzare liberi, per cui pranzavamo a casa al ritorno. Per tornare a casa dovevamo nuotare di nuovo fino al paese dei pescatori e poi fare circa un chilometro in salita sotto il sole del primo pomeriggio per raggiungere le auto parcheggiate all’ombra degli ulivi. Due miei cugini ambivano ad arrivare per primi e correvano avanti prendendo in giro me e le mie cugine che, preferivamo non replicare e camminare in silenzio ascoltando il frinire delle cicale. Un contadino ci aspettava in cima alla salita per offrirci un po’ di granita al limone.
![capo di sorrento](http://www.skipblog.it/wp-content/uploads/2013/07/capo-di-sorrento.jpg)
In quella spiaggia abbiamo trascorso anche le estati della nostra adolescenza: eravamo sempre più numerosi,a volte una quarantina tra ragazzi e ragazze .Ci conoscevamo tutti e giocavamo a pallanuoto e a pallavolo, facevamo gare di tuffi e di nuoto, senza distinzione tra maschi e femmine. Tutto però diviene e muta, così finì la pace quando la spiaggia fu scoperta anche dai vacanzieri domenicali, amanti degli strilli e delle radio, quelli che sbarcavano dagli yacht con gli ombrelloni con la tenda intorno , simile a quelle dei beduini del deserto.Sorsero ben presto problemi di convivenza dal giorno in cui accidentalmente un pallone finì in un piatto di pasta e lenticchie che una mater matronissima reggeva inseguendo per tutta la spiaggia il piccolo destinatario che, ignudo, scappava di qua e di là per sottrarsi all’imboccamento forzato.
Intanto la cava di pietra dietro la spiaggia fu venduta e quando iniziarono i lavori per lo sfruttamento turistico di quella zona, noi iniziammo ad emigrare. Io lo ero già da molti anni. Lo studio e il lavoro ci divisero: ognuno di noi ha poi preso la sua strada, ma d’estate ritorniamo alle nostre radici ed è sempre bello ritrovarsi lì coi propri figli, coniugi o compagni e continuare a ridere e a divertirci. Anche se la vita ci ha cambiati, i ricordi di quelle estati spensierate ci uniscono ancora e ci fanno recuperare con un po’ di nostalgia un senso di appartenenza.