Quanto mi dai?

I recenti fatti di cronaca di minorenni che svendono il loro corpo o si esibiscono via mms o in portali a luci rosse  in cambio di una ricarica, abiti griffati, droga e soldi  non sono tristi episodi ma un fenomeno sociale da non sottovalutare, che  dimostra quanto sia grande la crisi di identità in cui cadono gli adolescenti in Italia.

Se di fatto esiste un disagio giovanile sul quale riflettere, riconosco però che esiste anche disagio nel ruolo genitoriale. Alcuni genitori rifuggono il proprio ruolo educativo, altri cercano di trasmettere i cosiddetti sani principi ma si trovano a combattere contro quelli propinati da altre agenzie “educative” più accattivanti  che ostentano prototipi femminili che spesso si fanno strada nel mondo dello spettacolo, e non solo, in cambio di prestazioni che nulla hanno a che vedere con il merito, la competenza e la bravura.

Nella nostra società, grazie all’imperante consumismo, si considerano sempre più l’aspetto materiale della vita e l’esteriorità delle persone e di fatto esiste il culto dell’apparire, enfatizzato anche a  livello mediatico. Se anni fa le bambine giocavano con le bambole, compagne del loro immaginario infantile, oggi tendono ad identificarsi nelle bambole  in carne ed ossa, belle, ricche e di successo… sempre in vetrina. Modelli da emulare.

L’ambito abito griffato, che fa tendenza, è divenuto una sorta di status symbol che rassicura e viene percepito come garanzia di omologazione, di consenso sociale e di un senso di appartenenza indiretta all’Olimpo della passerella dove però tra variopinti voile, trine e nastri si snodano anche diverse interpretazioni estetiche della femminilità. L’abito di valore copre la persona, compensa la mancanza di valori e di spessore della persona (Erich Fromm parlava di avere o essere…).

Spesso l’adolescente evade, anche con alcool e droga,  e si rifugia in un mondo fantastico perché non accetta quello reale, talvolta simula precocemente quello reale per sentirsi più grande. Realtà e finzione si confondono in un gioco vero o simulato ove conta riscuotere conferme, consensi e anche soldi per potere apparire sempre più. Perché se appare, esiste.

Nella fase del no assoluto, la ragazzina trasgredisce per affermare se stessa nel graduale processo di costruzione della propria identità. Questo è il periodo più critico per l’adolescente, in balìa di se stessa e delle pulsioni emotive che non sa ancora decifrare. Talvolta non ha “paletti fissi”e trasgredisce sempre più, perché non ha interiorizzato valori o non li condivide abbastanza (i valori si acquisiscono se trasmessi con l’esempio ed input univoci ).Tutto fa spettacolo sul palcoscenico del sè egocentrico , spesso frustrato da insuccessi e timori, mancanza di punti di riferimento, solitudine e noia per cui le ragioni dell’ “usa e getti” (corpo compreso, inteso come bene di facile consumo), del “tutto e subito” divengono il mezzo di una prima affermazione sociale.

 La giovane età è però sempre un’attenuante. Responsabili sono gli adulti, che come genitori  a volte abdicano al ruolo educativo, incapaci di mettersi in gioco o più semplicemente ineducati loro stessi.  Nessuno insegna  a fare il genitore. Genitori si diventa: gradualmente si cresce e si matura con i figli avvalendosi della propria educazione, esperienza, buonsenso e umiltà di mettersi in discussione, di ascoltare e cercare di capire disancorandosi da se stessi, di chiedersi se si sbaglia o meno tra varie perplessità e responsabilità, a volte anche stanchezza. Per quanti sforzi si facciano non è detto che si riesca al meglio, perchè ogni adolescente ha una personalità propria, infatti capita che gli stessi input educativi possano produrre reazioni diverse in due o più figli.Delegare agli altri è più comodo, come il dire sì a ogni richiesta è più facile, perchè il no deve essere motivato e mantenuto. Sostenere gli adolescenti nel processo di crescita significa impegnare tutte le proprie risorse interiori  con un atto d’amore che implica non solo affetto e disponibilità ma anche  fermezza, energia, costanza e coerenza (insomma un’ardua impresa!)

  Maledettamente responsabili sono  soprattutto quegli adulti che abusano in vario modo, anche se c’è un libero consenso della minore, perché è un consenso   comunque immaturo di chi è ancora sospeso tra la fragile emotività, che ancora all’infanzia nel bisogno di dare e ricevere tenerezza,  e l’istintiva, naturale, apparentemente precoce pulsione ad affermarsi con un’identità e un ruolo ancora in divenire.

Infanzia e adolescenza non sono solo fasi della vita ma dovrebbero essere percepiti come valori di cui tutti dovrebbero farsi carico perché “Per fare crescere un bambino ci vuole un intero villaggio” (proverbio africano).

 

Artist Chris Buzelli

Nell’adolescenza … “la vita inizia a pulsare forte con tante, contrastanti emozioni che morsicano il cuore, con un carico di energia che ha bisogno di venire fuori per non implodere dentro. A quell’età l’intuizione prevale ancora  sulla logica, che sgomitola fili ingarbugliati, e  non riesce a trovare risposte opportune ai quesiti sempre più incalzanti, alle perplessità e ai timori del domani. Al cambiamento apparente  del corpo e della voce si sovrappongono l’inquietudine, il dubbio, un senso di inadeguatezza e  una  latente insicurezza  di fronte a un presente in cui bisogna ripensarsi per ripensare nuove e più confortanti certezze. Troppa confusione e nostalgia di àncore e del futuro, mai messe a fuoco in maniera nitida, chissà come  riescono a rendere   possibile il miracolo della crescita perché la miopia dell’adolescenza in fondo è il motore della vita, la spinta alla ricerca, alla scoperta di sé e del mondo” (da “La nuotatrice in skipblog.it)

Chi interrompe e fuorvia l’armoniosa e graduale costruzione di identità  dei ragazzi compie uno dei reati più odiosi e abietti, la cui gravità non è comprensibile a tutti, soprattutto a coloro che non si fanno scrupoli pur di godere o arricchirsi. Ben venga l’iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione di promuovere l’educazione all’affettività nelle scuole di ogni ordine e grado, perché è da lì che bisogna ripartire per fronteggiare quest’emergenza educativa, sperando di riuscire a vederne i frutti nelle prossime generazioni.

 

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