Orsù, animella mia!

Quando sono giù di giri, mi trascino con l’animella sotto i piedi e mi pare che da un momento all’altro il cielo mi cada sulla testa come ad Abraracourcix.

Allora provo a distrarmi in vario modo.

 

Mi dedico ad attività di puro autolesionismo, cioè alle grandi pulizie, così  le pessimistiche energie mentali servono a qualcosa. Ben arroccata sulla scala, a tre metri sopra …il pavimento di casa, smonto le tende bisticciando a braccia alzate con gli odiosi gancetti, poi le lavo e le rimonto continuando a imprecare contro gli irriducibili cosi tondi. In fondo però mi sento soddisfatta soprattutto se non mi sono arroccolata sui pioli della scala. Oppure sudo sette camicie, anzi sette camici, per sfoderare e rivestire i divani in tre manovre, che il più delle volte diventano trenta. Ma chi la dura, la vince. Il non plus ultra è quando decido di riordinare librerie, armadi e mobili della cucina. Allora i miei familiari si preoccupano davvero e richiedono l’ urgente intervento di uno specialista.

Penso se sia il caso di uscire con gli amici, rimasti in zona. Sì, sentire parlare delle loro diatribe familiari,di politica e assistere alle non sempre pacifiche schermaglie tra partner in crisi, potrebbe giovarmi e rafforzare la mia autostima. Potrei sentirmi come la spada nella roccia. Di solito però rinuncio, per evitare incidenti poco diplomatici da parte mia, presa e compresa dalla mia animella in pena.

 

Pratico un po’ di nuoto, che perlomeno fa bene alla salute. Il tutto sta nel decidermi a duellare contro l’indolenza di fine estate e non disertare i buoni propositi. Spesso deambulo nel mio pacifico regno con tappe obbligate dinanzi al frigo perché mi dimentico di bere, e bisogna bere tanto per liberarsi dalle tossine, di varia natura, gonfiando la pancia come la gobba di un cammello.

 

Guardo un bel film. Confesso che mi predispongo con tanta buona volontà per riuscire a vedere un po’ di televisione e finisco sempre col zappingare tra film, telefilm, documentari ove imperversano “ammazzamienti” di ogni genere. Umani, subumani, extraumani, animali, erbivori, onnivori, carnivori che scappano, strepitano, scalpitano, si dilaniano. È tutto un sanguinolento giacimento (si può dire?) di prede in fuga disperata , corse al galoppo di predatori e inseguimenti di agguerriti investigatori. Come variante c’è il filone medico sanitario ospedaliero, altrettanto consolante. Medici e forze dell’ordine sono sempre di un’intelligenza sorprendente, degna di premio Nobel. Alla fine l’altra sera mi sono immedesimata nel ruolo di investigatrice per rintracciare Gri Gri, che dopo avere osato sfacciatamente in mia presenza artigliarsi sul trolley, si è data a una pronta fuga. Durante la gimkana domestica ho cacciato pure Tigro, che di recente crede di essere uno scalatore dell’Himalaya e si sdraia su tavoli e cristalliere in cerca di frescura. Dopo un breve parapiglia, sono crollata sul divano. Però è stato bello perlomeno accendere il televisore, se non altro per gustare poi in santa pace una coppa super di gelato artigianale.

 

Mi dedico alla pet terapy, che non è una cosa scandalosa e funziona sempre. Le belve umane di casa  ormai sono cresciute e hanno perlopiù vita e uscite a sé. Negli animaletti stanziali di casa, quelli dell’associazione felina a delinquere- di cui sopra- che interloquiscono a modo loro, rivedo un po’ della mia animella infantile, curiosa, impertinente. Non so perché, ma  ovunque io mi stenda, mi ritrovo accanto o ai piedi i due peluche moventi. I gatti sono autonomi sì, ma cercano un contatto e trasmettono un caldo affetto, soprattutto alle mie zampe distese. Se oso sgranchire le dita dei piedi, Gri Gri  pensa bene di giocarci finché io, rapita da un fervido ammmore universale, scalcio al vento e faccio decollare pellicce tigrate e ciuffi di peli per riacquistare la mia libera astenia.

 

Leggo. Mi piace leggere romanzi, ma d’un fiato perché altrimenti perdo il filo della narrazione e rischio di librarmi in un volo pindarico inventandomi un finale a piacere. Così poi di quel libro faccio un bel collage ove confondo la trama vera con quella immaginata. Leggo a pancia in su e fatico a leggere da seduta. Solo che , a qualunque ora del giorno, mi capita di cascare  tra le braccia di Morfeo dopo circa una trentina di pagine. Non ho capito se sia la posizione rilassata o il meccanismo della lettura a farmi cadere in letargo. Sta di fatto che fatico a finire un libro, se non è ben scritto e ha un contenuto o trama interessanti. In caso contrario, finirà tra quelli da  portare al mare, ove mi imporrò di leggerlo  e mi riparerà il viso dai raggi UVA.

 

Entro in sintonia col consorte. Impresa non da poco, primo perché è un peripatetico del mondo, secondo perché in fatto di dialogo è uno scoglio che non fa patelle, preso e compreso da altri pensieri. Ci manca pure che ascolti i miei complessi o meglio la mia orchestra sinfonica. Di recente siamo un po’ stanchi, al punto tale che stanotte ci siamo spaventati in due (leggasi bene due). Questo episodio, prova della nostra furbizia e collaudata simbiosi, passerà alla storia della famiglia. Svegliandomi gli ho chiesto se fosse rientrato nostro figlio; lui è andato nella camera e non l’ha trovato. Erano oltre le 3 di notte. Allarme rosso da defibrillazione. Uno di qua e l’altro di là abbiamo cercato di rintracciarlo. Il suo cellulare era irraggiungibile. Già pensavo al peggio perché, quando sono giù, penso sempre di bene in meglio. Un incidente, un galante imprevisto, un salto in discoteca e, a ogni possibile causa del ritardo, fermentavano sempre più i miei succhi gastrici. Chissà come, dopo un’ora circa di nostre girate e rigirate nel letto, intervallate da periodici controlli sul display del cell e affacciate alla finestra, lui ha riguardato e ha scoperto che lui dormiva seraficamente nella sua camera.

No- dico- mio figlio è molto ben visibile, è un armadietto in carne e ossa. Che sintonia! Dio ci fa e ci accoppia nella buona e nella cattiva sorte. Dopo quest’episodio notturno ho avuto una radiosa illuminazione. È il caso di  schiodarsi, riprendere le redini e spronare  la patetica animella… 

I figli sono le ancore della vita di una madre ( Sofocle).

Quante persone  hanno inciso nella mia vita, chi più, chi meno: alcune sono state  stelle di passaggio, altre stelle fisse. Una mi ha dato l’imprinting dalla nascita. È  la cara mamma con la quale a tutt’oggi vige un rapporto di odio amore: una madre forte, quasi  granitica, che  mai si abbandona ad un complimento, una tenerezza, un’introspezione personale se non quando volutamente ce la porto io col mio fare diretto e a volte ironicamente  provocatorio Esiste  però anche un’altra mamma, detta mammà, cioè  la suocera. È la madre acquisita, cui voglio bene e che stimo per la sua vitalità ed ironia e con la quale ho instaurato  un rapporto schietto, nonostante ci siano state iniziali  incomprensioni, sanatesi poi in modo saggio …del resto era prevedibile visto che abbiamo due caratterini determinati ai quali, ancor oggi ,mi chiedo come sia sopravvissuto mio marito.

 Capirete che il rapporto suocera e nuora è ben diverso tra quello intercorrente tra suocera e genero. Il genero di solito è tollerato e  se ne sta in disparte;  con lui la suocera mantiene rapporti affettuosamente formali di squisita cortesia e  di solito è bendisposta nei suoi riguardi, ben sapendo  che gli  dovrebbe erigere un monumento in segno  di riconoscimento per avere avuto l’ardire di  impalmare e sopportare la  figlia. Generalmente,se le cose non vanno bene  nella coppia, la madre di lei  non affronta mai l’argomento col genero, MAI…ma  poi in privato  si chiarisce a squarciagola e senza troppe attenzioni con la figlia. Il matrimonio va salvato a tutti i costi: piuttosto la mamma di lei si sdraia sull’uscio di casa immolandosi ad un eventuale calpestìo dei coniugi in crisi  La più grande ferita inferta è quando la coppia , ormai scoppiata, si disaccoppia per sempre per cui, vita natural durante, la figlia sarà ritenuta responsabile del fallimento del matrimonio o, in casi eccezionali, di avere comunque fatto una scelta sbagliata, di non avere capito che pasta  d’uomo potesse essere il consorte . Su di lei graverà l’onta di avere sciolto un vincolo indissolubile. 

 Ah le donne di una volta!  Ostentavano fieramente sulla cervice le impalcature  del papà di Bambi  insieme alla fierezza di essersi sacrificate per l’unità della famiglia,votate al  dignitoso silenzio e sopportazione .Chissà  se in privato facevano scontare  al marito fedifrago e concubino le sue scappatelle e mancanze di rispetto per esser volato dietro a qualche compiacente e frivola sottana. La matermatronissima  si sarebbe   incatenata davanti alla porta di casa pur di non far andare via il paterfamilias in un momento di rabbia, debolezza  o sconforto,cementandolo  su un piedistallo  agli occhi dei figli come onesto lavoratore e padre esemplare, cui si poteva , anzi  si doveva perdonare qualcosa.

Questo  perchè una volta c’erano le Mogli Santissime, regine del focolare e osannate sul trono della sacra famiglia, mentre  fuori del regno familiare vagavano  le altre  comuni  ed insignificanti mortali.

 Merita però un discorso a parte  mammà…anzi MAMMÀ, l’unica e vera  presenza dominante della famiglia di lui, cioè la madre  del marito. Mammà è colei  che fa tremare le vene ai polsi a qualsiasi ragazza, dai 18 ai  60 anni, che si accinga  a conoscere i genitori di lui. Qualsivoglia  lei è in soggezione,  preoccupata quando per la prima volta si avvicina con timore riverenziale alla futura suocera.. Supermammà con un fare un po’ distaccato o cerimoniosamente gentile  scruta la rivale, colei che osa spodestarla dal cuore e dalla testa del figlio, colei che inoltre  lo spinge con arti seduttive a  uscire dal nido e a tagliare il cordone ombelicale. In una frazione di secondo la  genitrice  già immagina il suo bambino in versione casalinga , mentre affaticato porta sacchetti della spesa e della spazzatura,  consola pargoli febbricitanti  e piagnucolosi, pensieroso fa i conti con le bollette da pagare e di sera ,con  modi un po’ servili, cerca d’ingraziarsi la moglie stanca.

 Mammà ben sa di appartenere ad un’altra tempra, ad un’altra generazione,  quella dedita solo a casa e famiglia,le cui uniche divagazioni sono  tappe a cadenza prefissata  in  chiesa, nel  supermercato e  nel mercatino rionale; la più grande trasgressione vacanziera  è un viaggetto una tantum organizzato dalla parrocchia.

Mentre si svolgono i convenevoli di presentazione solitamente con invito a pranzo a  casa di lui, la fidanzata viene “scannerizzata” dagli occhi fissi e penetranti di mammà che si chiede pensierosa “ Sarà all’altezza di rendere felice mio figlio? Sarà seria? Sarà in grado di garantire progenie per il perpetuarsi della specie?” Perciò ,giovani fanciulle, non preoccupatevi per il vostro bell’apparire, per il trucco sbavato ed il look poco consono: mammà va oltre, punta direttamente alla sostanza del vostro essere.

 La futura suocera è colei che sa cucinare di-vi-na-men-te, che già al primo incontro vi  informa delle preferenze gastronomiche  del figlio perché -si sa- l’uomo si prende per la gola ( se solo immaginasse  quali sono i veri appetiti del suo  bambino!), e non riesce a capire che sarebbe ora di svezzarlo. È colei che stira benissimo, soprattutto le camicie, ricorda tutte le ricorrenze e non si sgomenta se deve preparare un pranzo  per 25 persone. È l’amministratrice delegata della grande azienda familiare, che dirige dal  ponte di comando  con  incredibile  maestria, mentre il suocero –ombra acconsente silenzioso purchè sia lasciato in pace a leggere il quotidiano e guardare la tv . Mammà  è sempre in ordine: va dalla parrucchiera in occasione delle feste comandate, usa da almeno trent’anni lo stesso profumo e  a stento mette un po’ di rosa sulle guance o un filo di rossetto. Indossa vestiti sobri che sembrano una divisa, comodi e poco appariscenti. Idem per le scarpe, adatte per ogni occasione e per repentini sprint d’attacco.  Legge qualche settimanale e  si diletta in parole crociate che fa quadrare con somma abilità  scrivendo  anche due letterine nella stessa casella. Segue tutte  le trasmissioni di cucina  ma predilige quelle  strappalacrime dove può commentare a viva voce o fare  il tifo per chi ha ragione in base alle emotive pulsioni del  suo grande cuore. È aggiornata sui fidanzamenti, separazioni e divorzi di tutti i personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport e delle dinastie  regnanti, fino alla terza generazione ascendente.

 Quando finalmente  i piccioncini  arrivano allo stato coniugale,giuridico o di fatto, per la sposina inizia il vero rodaggio di convivenza…non con lui, ma con la mamma di lui.

Mammà  va raramente a farle  visita, per non dare fastidio( in effetti non sopporta il disordine cronico della casa degli sposi che potrebbe svelare qualche dettaglio della loro felice intimità) . Preannuncia il suo arrivo cinque minuti prima di una sua eventuale visita, per fare “scavezzacollare” meglio gli sposini in un riordino last minute .  Non appena la nuora apre la porta, la  fissa negli occhi per capire come stanno le cose col figlio. Attenzione se fa troppi complimenti del tipo “Come  sei bella e radiosa oggi!” (sottintende: Vi ho sgamati! – se c’è  bonaccia , oppure “Non è che qualcun altro ti ronza intorno?”, se spira vento di tramontana).

La suocera avanza come un Panzer quando  viene alla luce la progenie ,cioè quando finalmente la discendenza è stata garantita…Olè, supermammà in mille faccende affaccendata,s’adopra indaffarata come  supervisore perché i pargoletti crescano bene, educati, sani e forti. Giorno e notte aiuta  la neomamma inesperta,  nutrendola con cibi sostanziosi ( ecchissenefrega dei chili in più) perché produca latte in abbondanza e  dispensando consigli che si tramandano da generazioni sull’allevamento della specie umana. In tal caso assecondatela, altrimenti ve la farete nemica per sempre.

Chissà perché  i  nipoti somigliano sempre al papà o al nonno, alla zia e alla sorella di lui, mai alla mamma naturale. Puta caso  il pargolo abbia  i capelli sfacciatamente rossi come la madre, mammà zittisce il neopapà che osa rilevare questa somiglianza  dicendo:”Ma no,che dici! Nella nostra  famiglia c’era un trisavolo detto Peppiniello Il rosso …”

 Care ragazze e care signore, perdete ogni speranza se avete intenzione di belligerare con vostra  suocera: lo scontro tra due titani  è controproducente per l’armoniosa sopravvivenza della coppia…rischiereste entrambe di affondare come il Titanic, perdendo  l’amato e conteso bene ( il lui che gongola, non sempre beato, tra  l’incudine e il martello  fingendo spesso di non vedere e non sapere delle vostre schermaglie).

A meno che  non vi siano ragioni più che gravi, fate buon viso a cattivo gioco, ma solo dopo aver magistralmente ed educatamente definito il vostro ruolo, campo d’azione  e ambito di competenza. Contate fino a 300 prima di risponderle  per le rime, ricordatevi  che Lei lo fa perché nutre un amore viscerale per suo figlio e si preoccupa per lui, e non per fare dispetto a voi.

Pensate  che forse un giorno anche voi diverrete suocere: immaginate  per un secondo se vostro figlio, per la legge del contrappasso, un giorno vi presenterà o sceglierà una compagna eccessivamente disinibita, con le gonne troppo corte e troppo sorridente , ambiguamente solare,…una che vi sembrerà una gattamorta, magari plurilaureata ma che pare  non sappia  spiccicare due parole con un senso logico, e che vi risulti cordialmente antipatica per il semplice motivo che dentro di voi- non l’ammetterete mai- siete semplicemente rose dal maledetto, atavico e inguaribile  tarlo della  gelosia che s’annida in ogni  mammà!