Le erbe di San Giovanni: l’iperico

 

giardino dei semplici

Nella magica notte di San Giovanni  tutto è possibile, reale ed immaginario, spazio e tempo  si confondono e le erbe assumono miracolose proprietà poiché il sodalizio tra il Sole  e la Luna, rispettivamente fuoco ed acqua, fa  sì che  la rugiada notturna  ne accresca le proprietà curative. In  passato gli esperti  conoscitori di erbe e di fiori  uscivano per raccoglierle durante la notte di mezza estate:  i monaci , antichi erboristi, selezionavano le “erbe  dei semplici” per preparare infusi, decotti, unguenti con i quali potevano poi curare i bisognosi;  le streghe e gli stregoni  si riunivano da ogni dove, accendevano grandi falò nei quali bruciavano le erbe, i cui resti servivano per preparare pozioni ed intrugli,  e nell’inquieta ed inquietante  notte del Sabba  si  mettevano in contatto con le forze oscure abbandonandosi  a  danze lascive.

  Le forze del bene e del male  festeggiavano la luce e l’ombra del ciclo della vita, intersecandosi in antiche credenze popolari e tradizioni della civiltà contadina, e  sacro e profano si intrecciavano in riti propiziatori. Infatti sul sagrato delle chiese, dedicate al santo, si svolgeva la fiera delle erbe dette appunto di San Giovanni  quali  iperico, lavanda, detta  spiga di San Giovanni, verbena, menta, nota come  erba santa, rosmarino. Tra queste  un particolare primato spettava all’iperico, noto come scacciadiavoli e, per par condicio, scacciadiavolesse.

 

La pianta fu dedicata a San Giovanni  Battista  in quanto si credeva che l’olio rosso, ipericoprodotto dalle foglie e dai fiori (ipericina),  fosse il sangue del santo che, secondo una  leggenda, fermò diaboliche  legioni al galoppo cosicchè l’assatanato Satana perforò la pianta. Di questa vendetta  l’iperico porta traccia nei  piccoli fori  presenti sulle foglie.

 Durante i riti propiziatori  del solstizio d’estate  anche i contadini danzavano intorno ai falò, indossando corone di iperico e lanciandone  rametti con la speranza di ottenere  un buon raccolto , un sano bestiame  ed una casa integra, in quanto pare che l’iperico allontanasse non solo demoni , malefici e sterilità  ma anche i fulmini.

 

Alcuni indossavano un mazzetto di fiori di iperico sotto le vesti  per   sbirciare  di nascosto gli  esseri demoniaci che comparivano nel buio, o per avere buona sorte durante i tornei  tra  cavalieri o ancora , durante la Grande Guerra, per  allontanare le malvagie intenzioni di violenza  a discapito delle donne. Pare che questa pianta fosse governata da Marte  e quindi   potesse sconfiggere  le insidiose possessioni diaboliche e curare i mali dell’anima come  l’isteria, la tristezza , la malinconia, l’insonnia, l’ansia.

 Zompettando tra usi e costumi, erbe e falò  aspettiamo la  magica notte di mezza estate.

 

Il nocillo (nocino)

nocillo-di-campaniaSin dall’antichità in Campania si producevano noci, come risulta documentato da resti carbonizzati di noce, ritrovati nella Casa di Argo ad Ercolano, e dai dipinti della Villa dei Misteri a Pompei . Esse sono un prodotto tipico di Sorrento: a tutt’oggi in molti giardini o aranceti spicca un maestoso noce, oltre a una pianta di alloro. In passato si credeva che tagliarlo portasse male, sia perchè i frutti erano considerati una  riserva alimentare preziosa per l’inverno, sia perchè l’albero assumeva un significato propiziatorio (la noce è simbolo di fecondità) o inerente l’ occulto in quanto sui suoi rami si appollaiavano le streghe.

 Ancor oggi nella penisola sorrentina è diffusa l’usanza di preparare il nocino in casa nella notte di San Giovanni (24 giugno) o a fine giugno, quando le noci sono ancora tenere, acerbe, poco legnose e quindi aromatizzano l’ alcool. Questo liquore, dal sapore intenso e corposo, può essere centellinato a fine pasto come digestivo oppure se ne può versare qualche goccia fredda anche sul gelato alla crema o alla panna.

 

 Ingredienti:

  •  1 litro di alcool

  • 13 noci verdi col mallo

  • 13 chicchi di caffè tostato

  • 13 chicchi di caffè crudo

  • un bastoncino di cannella

  • 3-4 chiodi di garofano

  • una noce moscata

Pulire bene le noci col mallo e tagliarle in quarti. Schiacciare un po’ la noce moscata , servendosi di un martello, se necessario . Mettere tutti gli ingredienti in un barattolo di vetro, con una larga apertura, e chiudere bene con un coperchio. Lasciarlo all’ aperto per 40 giorni e 40 notti, agitandolo un po’ di tanto in tanto. Si possono trovare varianti sulla conservazione del nocino. Alcuni dicono che debba macerare al buio. Per altri il nocino deve essere esposto all’ aperto per catturare i raggi del sole di giorno e il chiarore  lunare di notte, come diceva mia nonna.

Al termine dei 40 giorni filtrare più volte con garze sottili di lino finchè non ci sono più residui degli ingredienti. In alternativa al lino si può utilizzare un colino con il fondo a retina sottile, o foderato con un po’ di carta assorbente da cucina.

 

 Ingredienti per lo  sciroppo

  • mezzo litro di acqua

  • 300g di zucchero

  • buccia sottile di un limone verde

 Per addolcire e diluire il nocino, preparare lo sciroppo con mezzo litro di acqua , 300 grammi di zucchero e la buccia sottile di un limone verde. Versare gli ingredienti in un pentolino sul fuoco, mescolare per fare sciogliere lo zucchero nell’acqua e spegnere non appena inizia a bollire. Aggiungere lo sciroppo freddo al nocino. Imbottigliare e lasciar riposare per altri 40 giorni prima di gustarlo.