L’arte di dare i numeri

Sacro e profano, fede e superstizione confluiscono in molti rituali napoletani, compreso quello del gioco del lotto, cui il popolo napoletano è dedito da secoli e per il quale “ si corrompe e muore” (cit.). Non si tratta però di giocare numeri a caso, ma i “numeri buoni”, quelli ricavati attraverso una vera e propria arte d’interpretazione numerologica con la Smorfia, cioè il libro dei sogni: un sogno, un fatto insolito, un evento straordinario, una persona stravagante offrono l’occasione di cercare i numeri da giocare al lotto. Ogni immagine, tratto saliente del fatto onirico o reale va associato a un numero, fino a un massimo di cinque numeri da giocare al lotto, di solito sulla ruota di Napoli a meno che non ci siano indizi o tracce riconducibili a un’altra città o regione.

In origine i napoletani ricorrevano a un “assistito”, un intermediario tra i santi e i comuni mortali, un indovino che parlava con i morti affinchè comparissero in sogno e dessero numeri vincenti e  un po’ di  buona sorte. Questa specie di veggente però “dava i numeri” rispondendo  con frasi sibilline  o strane   azioni che dovevano poi essere interpretati con la smorfia e ricondotti ai numeri da giocare. Una volta ottenuti, il richiedente e il suo clan di tifosi, perlopiù familiari, iniziavano i rituali sacri e profani cimentandosi in tutti gli scongiuri e  le invocazioni possibili e immaginabili  alla Madonna, ai santi, alle anime pezzentelle, al munaciello, a tutte le entità adorabili  che potevano intercedere affinchè uscissero quei numeri.

“Oggi è luna e dimane è marte

’a ciorta mia mo’ se parte

vene pe’ mare

 e vene pe’ terra

 vieneme  ‘nzuonne ciorta mia bella

 vieneme ‘nzuonne  e nun m’ appaurà

tre  belli nummere famme sunnà”

(oggi c’è Luna, domani c’è Marte/ la mia fortuna ora parte/ viene per mare, viene per terra/vienimi in sogno mia bella sorte, vienimi in sogno e non mi spaventare/ tre bei numeri fammi sognare).

a mano

In passato l’estrazione era affidata a un orfanello dell’Albergo dei Poveri (orfanatrofio  detto anche il Serraglio), che per l’occasione  indossava la veste dell’innocenza sulla grigia uniforme, cioè una tunichetta e un berretto di lana bianca, ed estraeva i numeri dinanzi al consigliere di prefettura, al direttore del Lotto di Napoli e a un rappresentante del municipio, superbi con i loro mustacchi e cappelli a cilindro. Anima innocente esposta dinanzi al popolo, spaesata e ammutolita, veniva investita di benedizioni, preghiere e  invocazioni: “Bel figliolo, bel figliolo! Che tu sia benedetto! Mi raccomando a te e a san Giuseppe! ’A Maronna ti benedica e’ mmani! Benedetto, benedetto! Sant e viecch! Sant e viecch! ( “santo e vecchio” è un augurio di lunga vita)” .

Al bambinetto del Serraglio la gente innalzava i figlioletti, con voci appassionate e straziate “Famm ‘a grazia, famm’a grazia! Core’e mamma!” Il piccolo prescelto estraeva un numero e tanta era l’attesa fin quando non veniva pronunciato dall’usciere. E via…  “ a ogni numero il popolo applicava la sua spiegazione ricavata dalla Smorfia , o da quella leggenda popolare che si propaga senza libri, senza figurine. Ed erano scoppi di risa, grassi scherzi, erano interiezioni di paura  o di speranza: il tutto accompagnato da un clamore sordo, come se fosse il coro in minore di quella tempesta…”

“Due..la bambina!….la lettera!  Famm arrivà sta lettera, Signore!……Cinque!…..La mano! ….in faccia a chi mi vo’ male!…Otto…otto!…..A’ MARONNNA! A’ MARONNNA! A’ MARONNNA!”

“I cabalisti, quelli non parlavano, non guardavano nemmeno i giri dell’urna: per essi non esisteva il bimbo innocente, né il senso dei numeri, né il giro lento o vivace della grande urna metallica: per essi esisteva solo la Cabala, la Cabala  oscura e pur limpidissima, la gran fatalità, dominante, imperante, che sa tutto, che può tutto e tutto fa, senza che niun potere, umano o divino, vi si possa opporre. Essi solo tacevano, pensosi, concentrati, anzi disdegnosi di quella forte gazzarra popolare, assorti in un mondo spirituale, mistico, aspettando con una profonda sicurezza….”.In una crescente e contagiosa sovreccitazione, le donne stringevano i figli così forte da farli impallidire e piangere. Osannato, implorato, benedetto dal popolo che smaniava tra invocazioni e rituali superstiziosi in attesa dei numeri, alla fine delle estrazioni sfortunate il bimbo bendato veniva deplorato, era investito da urla d’ indignazione, da bestemmie, lamenti, esclamazioni colleriche e dolorose. Tutti avevano sperato in un magico terno, “un terno secco, speranza e amore del popolo napoletano, speranza e desiderio di tutti i giocatori, da quelli accaniti a quelli che giuocano una sola volta, per caso: il terno, parola fondamentale di tutti quei desideri, di tutti quei bisogni, di tutte quelle necessità, di tutte quelle miserie.”

Maledetti la mala sorte, il Lotto, il governo, il serragliuolo dalla mano disgraziata, non restava che fissare il tabellone con i numeri estratti, andare via adirati, delusi, scontenti, disperati, senza nemmeno la forza di pensare e parlare, estintasi in quel delirio collettivo. “Rimanevano i cabalisti per discutere fra loro, come tanti filosofi, come tanti loici, sempre concentrati nell’alta matematica del lotto, dove vivono le figure, le cadenze, le triple, la ragione algebrica del quadrato maltese e le immortali elucubrazioni di Rutilio Benincasa.” ( da Il paese di Cuccagna” di Matilde Serao). E immagino quell’orfanello, stordito e violato nella sua innocenza da tanta urlata disperazione, da aspettative e speranze  deluse, dall’incontenibile follia  popolare.

 

tombolaQuando nel 1734 una legge vietò il gioco d’azzardo durante le feste natalizie, i napoletani s’ingegnarono e  pensarono bene di inventare la tombola, una sorta di gioco del lotto da giocare  in casa e in famiglia. Ai novanta numeri, che vengono prima mescolati con maestria, poi estratti dal panariello e posizionati su un tabellone, viene associato un significato, declamato con mimica teatrale dal “banditore”. Ogni giocatore compra le cartelle e il ricavato viene distribuito in cinque premi. Ogni cartella ha 15 numeri distribuiti per cinque  su tre righe e bisogna coprire quelli estratti facendo ambo ( coppia di numeri sulla stessa riga), terno, quaterna e cinquina, alla fine tombola se si riesce a coprire tutti i numeri della cartella. A volte si prevede un tombolino se non anche un tombolicchio, un piccolo premio di consolazione per chi fa la seconda-terza tombola.

femminielloFamosissima è anche la tombolata dei femminièlle nei quartieri spagnoli di Napoli, espressione di autentica e spontanea teatralità popolare, cui partecipano solo donne e femminielli, mentre gli uomini possono assistervi in disparte e in silenzio . O’ femminièllo, o femminèlla, è una figura riconosciuta e rispettata nella tradizione popolare, cui si demandano  rituali folkloristici e una sorta di posizione privilegiata nel tessuto sociale  in quanto ritenuto beneaugurante, portafortuna vivente, tant’è che gli si mettono subito in braccio i nuovi nati. Il femminiello estrae i numeri della tombola e ne pronuncia solo il significato e via via li concatena tra loro con abilità affabulatoria creando, recitando e mimando una storia improvvisata e ricca di pungenti allusioni, volgari doppisensi, acuta  ironia in un’escalation di  salaci e travolgenti battute.   

Ancor oggi nelle tombolate ( purtroppo a distanza) le figure tratte dalla Smorfia napoletana rivivono in interpretazioni originali, in un divertente girotondo di  personaggi, leggende, usanze, detti popolari e allegorie sessuali.

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Lu munaciello

Quando si gioca a tombola

 Un detto raccomanda “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi” perciò da sempre trascorro in famiglia la sera della  Vigilia e il Natale, tranne due volte che raggiunsi il consorte con prole e bagagli  al seguito. Non importa con quale ramo della famiglia si stia , anche se la tradizione vorrebbe con quello affettuosamente infestante dei parenti più prossimi. Sì perché le cose si complicano quando subentra la famiglia del/della  coniuge per cui spesso si adotta la soluzione dell’ half and half trascorrendo a turno la sera della  Vigilia e il Natale a casa dai tuoi genitori e poi dai suoi ( suoceri),  a meno che non si ricorra alla clonazione o si preferisca riunirsi tutti insieme appassionatamente.  Posso solo immaginare le diplomatiche acrobazie in cui si cimentano coloro che hanno più famiglie.

 Quando ero bambina trascorrevo la vigilia a casa delle sorelle di papà e il Natale in quella  dei nonni materni. Dopo gli esibiti e largamente apprezzati  virtuosismi gastronomici che folleggiavano in un turbinio di portate , noi bambini, più veloci della luce, aiutavamo a sparecchiare perché aspettavamo la pausa del dopo cena o pranzo per giocare a tombola. Ci mobilitavamo per svuotare la tavola e invaderla di più serie di cartelle della tombola , mentre mamma e zie già lavavano le stoviglie e preparavano il caffè da servire con struffoli e zeppole. I cugini più grandi verificavano che tutti i numeri fossero nel  panariello, per evitare un contenzioso  senza fine qualora a termine della giocata si fosse scoperto che mancava il fatidico numero che avrebbe annullato le sofferte vincite.  Io e gli altri cugini  iniziavamo a esaminare  le cartelle. Sì perché è un rituale  giocare a tombola. Ognuno ha un criterio personale di scelta di cartelle. Alcuni preferiscono pagare un’intera serie, così almeno trovano  sempre il numero estratto, altri cercano cartelle contenenti uno o più numeri porta fortuna, i più devoti  giocano solo con cartelle  marchiate dal loro  inconfondibile segno di riconoscimento. Mio fratello ne aveva una colorata di nero, che noi consideravamo nefasta perché portava fortuna solo a lui. Poi ci procuravamo i tapparielli, fagioli, monetine, pezzetti di carta per coprire i numeri, finchè non furono brevettate le cartelle con le finestrelle di plastica incorporate. Mentre gli uomini continuavano ad aiutare o a chiacchierare , noi già eravamo in fibrillazione a contare gli spiccioli, racimolati durante l’anno per le giocate di Natale. Iniziava allora la parata dei borsellini delle amministratrici delegate di famiglia, cioè delle mamme, che finanziavano i consorti. I grandi ci chiedevano di cambiare le banconote di 500 e 1000 lire e noi non aspettavamo altro per farci un po’ di cresta, giustificata dal servigio reso. Poi si concordava il costo di una cartella che solitamente era di 10 o 20 lire, che con l’inflazione aumentò a 50 , 100  e 200 lire e con l’euro a 20-30 centesimi (in tal caso melius deficere quam abundare e  non cadere nella tentazione del gioco d’azzardo). Allora le monetine fluttuavano su e giù per il tavolo, distribuite nei premi, restituite come resto o allineate in buon ordine, davanti alle cartelle, come buon auspicio di vincita. Quando finalmente la zia, padrona di casa, usciva trionfalmente dalla cucina levandosi il grembiule, eravamo tutti pronti in assetto di partenza, ben seduti e concentrati. Dopo un’animata contesa su chi doveva avere il cartellone e quindi governare il gioco, iniziava l’estrazione di numeri. Chi estrae i numeri deve essere rapido e veloce e sapere tenere banco, creare suspense  e animare la serata. Sì perché ogni numero della tombola napoletana ha un significato, a volte scurrile o allusivo, ma può divertire la combinazione che se ne fa. Per le anime innocenti presenti i numeri “sporchi” venivano taciuti , finchè furono messe in commercio le  cartelle della tombola napoletana e quindi ci istruimmo più o meno anche in questo. Bè ammetto che  ci ho impiegato circa  20 anni, facendo una memorabile gaffe pubblica, per capire che  “quella che guarda in terra” del numero 6  non era una timida pulzella, e nemmeno una che cercava quadrifogli o lenti a contatto smarrite, ma niente meno quella cosa che nel connubio col padre delle creature  contribuisce alla riproduzione dell’umana specie ( qui la spiegazione dell’arcano) .

All’estrazione del primo numero, un immancabile  spiritoso smorzava la quiete dell’attesa gridando AMBO…e solitamente la zia un po’ dura d’orecchi replicava:

“Cosa è uscito… il canto?”

“ No, no niente!”

“ Allora che ha detto?”

“Ha detto ambo, ma non è possibile farlo con un solo numero. Sta’pazziando (scherzando)”

 E via si procedeva guardando fissamente il numero che si desiderava fosse chiamato per fare ambo, poi terno, quaterna, cinquina sforzandosi di  comunicare telepaticamene con lui, che capitombolava nel panariello, affinchè si facesse catturare  e si decidesse ad uscire. Spesso capitava che due o più giocatori vincessero lo stesso premio, che veniva ripartito in ugual misura. Se ciò non era possibile, qualche spicciolo andava a rimpinguare il tombolino, democraticamente deliberato per offrire  la chance della seconda tombola. A volte si prevedeva anche una terza tombola, premiata  col tombolicchio, per  consentire quindi a più persone di vincere qualcosa.

 La tombola napoletana diverte se ad ogni numero viene associato il significato  attribuitogli dalla smorfia napoletana. I napoletani sono soliti dare i numeri, nel senso che matematizzano molto la realtà, e pure i sogni, e talvolta si accaniscono a rincorrere i numeri al lotto chiedendo devotamente aiuto a qualche santo protettore con la speranza che interceda presso la Fortuna. Ahimè non hanno ancora capito che la dea non ci vede e non ci sente.

  Intanto il numero 1 è l’Italia, forse a ricordo dell’art 1 della Costituzione che la riconosce una ed indivisibile. Olè! 2 è a’ figliola e, per prassi consolidata di casa mia, con la discrezione del mangia polpette, si chiede “ Quanti anni ha?”  Può essere che sia giovincella e ne abbia solo  23…”ma allora è pure scema” oppure 22 “ma è pazza” . Se per caso ne ha  33 , “ha  l’età di Cristo”, se supera la quarantina nasce una diatriba sul considerarla giovane o matura, se ne ha 77 è  sicuramente ‘na nennella della terza età , però dalle gambe scattanti di pin-up.  Una reazione a catena. Altro numero atteso dai bambini è il 4 ( il maiale) e il numero successivo ne conferma il peso. Il 31  prevede l’altisonante Pillicciò, che segnava la fine della conta prima di giocare a nascondino. All’11 dei suricilli ( topolini) segue la domanda “ Quanti sono?”

 

“ 65”

 “Maronna!”

 “ Sempre sia lodata”.  E mi rivedo mentre seguivo gli occhi della zia, rivolti in alto,  credendo di vedere un raggio celeste farsi strada nel soffitto.

“Che ha detto? E’ uscita A’ Maronna?”  

“No mammà. Era un’esclamazione.”

“ Ahhhhhh. E allora che è uscito?”

“65 ( il pianto)” 

“E ci credo che  tutti ‘sti surici  fanno piangere”

“ Mo’ ci vò ‘na jatta ( una gatta) .”

“ E’ uscita la gatta?…”

“No, no, sarebbe ora che uscisse  il cane ( quello vero per fare la pipì).”

“Ma o’ cane che numero è?”

 

Ad un certo punto la tiritera veniva interrotta da una telefonata. C’era sempre qualcuno lontano o in mezzo al mare che, a conoscenza della riunione di famiglia, telefonava per fare gli auguri a tutto il parentado. Seguiva un andirivieni dal tavolo al telefono, tra lacrime di commozione e abbracci a distanza che veniva poi addolcito da un giro di mustaccioli, roccocò e susamielli (dolci di Natale).

 

  Chi s’assumeva l’incombenza di estrarre i numeri scuoteva a lungo il panariello per fare crescere la suspense della tombola, il cui premio  poteva ammortizzare la spesa sostenuta dall’intera famiglia per l’acquisto delle cartelle. E allora per essere sicuri di non averne dimenticato qualcuno, a turno tutti davano i numeri chiedendo:  

“È uscito 54?” “ No”

“E 63?” “Neppure”

“ 7 ?” “Neanche.”

“E 89?” “Nemmeno.”

“Ma’ ( mamma),  dilli tutti  così ci leviamo il pensiero.”

 Nel frattempo, a mo’ di scimpanzé, sgranocchiavo noci, nocciole ed arachidi  infornate, fichi mandorlati o al cioccolato, follarielli ( involtini di uva sultanina infornata e avvolta in foglie di agrumi) mentre bicchierini di limoncello e nocino per i grandi, acqua e bibite per i piccoli, volteggiavano sulla tavola.

  Quanti ricordi, risate e voci legati alle tombolate. Di zii che abbiamo rimpiazzato agli occhi dei nostri figli e nipoti. Noi siamo il presente per le nuove generazioni , come loro lo sono stati a lungo per noi. Ogni anno rivive un po’ l’atmosfera di quella “casa senza orologi dove il  tempo era  scandito dai fiori di stagione e tralci d’edera raccolti in giardino, dai racconti, dai quadri, dai mobili, dagli affetti.

Un mondo di radici mai strappate, che mi appartiene, ancor più nei profumi, nei sapori e nelle luci che ridanno colore a scene un po’ sbiadite dal tempo e rendono  nostalgicamente caldo ogni  Natale.

 

La tombola napoletana

 

Le feste natalizie sono per tante famiglie un’occasione per ricomporsi, rivedersi, riunirsi e trascorrere insieme la Vigilia e il  Natale. Dopo baci e abbracci, conversazioni che  aggiornano sui cambiamenti avvenuti nella cerchia di parenti e conoscenti , preparativi e rituali della cena della Vigilia e del pranzo di Natale, tanti si rilassano- si spera- giocando a tombola o a carte.

La tombola è un gioco da tavolo. Il suo nome può derivare da tombolo per  l’originaria forma del panariello (bussolotto), da tumulo per quella attuale, che è piramidale , oppure dal verbo tombolare (fare roteare o capitombolare i numeri).

 

Un giocatore dispone di un tabellone sul quale colloca 90 numeri estratti uno alla volta dal panariello. Annuncia il numero uscito agli altri giocatori che su una o più cartelle (schede), precedentemente acquistate, coprono la casella corrispondente con finestrelle di plastica o fagioli, pasta, pezzi di carta. Le cartelle sono raggruppate in quattro serie di sei cartelle, diverse una dall’altra, e in ogni serie i numeri da 1 a 90 capitano una sola volta. Tutti, compreso colui che estrae i numeri, pagano ogni cartella in base ad un costo concordato e la somma accumulata viene distribuita in vari premi di importo crescente. Lo scopo del gioco consiste nel fare tombola cioè coprire tutti i 15 numeri presenti su una cartella ( tutti i cinque numeri delle tre righe). Prima però si premiano l’ambo, il terno,la quaterna e la cinquina  ( copertura di due, tre, quattro, cinque numeri sulla stessa riga). A volte si definisce un premio di consolazione, detto tombolino, per chi riesce a fare una seconda tombola.

 

Esiste una tombola napoletana dove ogni numero viene associato a un’immagine, tratta dalla smorfia napoletana, e quindi l’annuncio del numero si accompagna alla citazione del significato intrinseco, talvolta allusivo o scurrile.

La tombola napoletana nacque nel 1734 per una controversia sorta tra re Carlo III di Borbone, che voleva ufficializzare il gioco del lotto nel Regno per rimpinguare le casse dello Stato, e il frate domenicano Gregorio Maria Rocco, che lo riteneva un amorale ed ingannevole divertimento per i suoi fedeli. Il re l’ ebbe vinta ma a condizione che nella settimana di Natale il gioco fosse sospeso perché il popolo non fosse distratto dalle preghiere. Allora il gaudente popolo partenopeo escogitò il gioco della tombola che da pubblico assunse carattere familiare. I numeri furono racchiusi in un panariello di vimini e disegnati su cartelle .

Ecco di seguito i novanta numeri della tombola napoletana e il loro significato:

1 L’Italia
2 ‘ A  piccerella (la bambina)
3 ‘A jatta (il gatto)
4 ‘O puorco (il maiale)
5 ‘A mano (la mano)
6 Chella che guarda ‘nterra (letteralmente “ quella che guarda per terra”, cioè l’organo sessuale femminile.)
7 ‘O vase (il vaso)
8 ‘A Maronna (la Madonna)
9 ‘A figliata (la prole)
10 ‘E fasule (i fagioli)
11 ‘E suricille ( i topi)
12 ‘E surdate ( i soldati)
13 Sant’ Antonio
14 ‘O mbriaco (l’ubriaco)
15‘O guaglione (il ragazzo)
16 ‘O **** (il deretano)
17 ‘A disgrazia (la disgrazia)
18 ‘O sanghe ( il sangue)
19 ‘ A resata (la risata)
20 ‘A festa (la festa)
21 ‘A femmena annura (la donna nuda)
22 ‘O pazzo (il pazzo)
23 ‘O scemo (lo scemo)
24 ‘E gguardie (le guardie)
25 Natale
26 Nanninella (diminuitivo del nome Anna)
27 ‘ O cantero (il vaso da notte)
28 ‘E zzizze (air bag femminile)
29 ‘O pate d‘‘e criature (letteralmente significa il padre delle creature cioè l’organo sessuale maschile)
30 ‘E palle d‘‘o tenente ( le palle del tenente- a completamento del 29)
31 ‘O padrone ‘ e casa (il proprietario di casa)
32 ‘O capitone (il capitone)
33 Ll‘anne ‘ e Cristo (gli anni di Cristo)
34 ‘A capa (la testa)
35 L‘aucelluzz (l’uccellino)
36 ‘ E ccastagnelle ( le nacchere )
37 ‘O monaco (il frate)
38 ‘E mmazzate (le botte)
39 ‘A funa ‘nganna (la corda la collo)
40 ‘A paposcia (l’ernia)
41 ‘O curtiello (il coltello)
42 ‘O ccafè (il caffè)
43 ‘Onna pereta ‘ncopp‘‘ o balcone (la donna al balcone)
44 ‘E ccancelle (il carcere)
45 ‘O vino bbuono (il vino)
46 ‘E denare (i denari)
47 ‘O muorto (il morto)
48 ‘O muorto che parla (il morto che parla)
49 ‘O piezzo ‘ e carne (la  carne)
50 ‘O ppane (il pane)
51 ‘O ciardino (il giardino)
52 ‘A mamma (la mamma)
53 ‘O viecchio (il vecchio)
54 ‘O cappiello (il cappello)
55 ‘A museca (la musica)
56 ‘A caruta (la caduta)
57 ‘O scartellato (il gobbo)
58 ‘O paccotto (il cartoccio)
59 ‘E pile (i peli)
60 Se lamenta (si lamenta)
61 ‘O cacciatore (il cacciatore)
62 ‘O muorto acciso (il morto ammazzato)
63 ‘A sposa (la sposa)
64 ‘A sciammeria (la marsina)
65 ‘O chianto (il pianto)
66 ‘E ddoie zetelle (le due zitelle)
67 ‘O totano int‘‘a chitarra (il totano nella chitarra)
68 ‘A zuppa cotta (la zuppa cotta)
69 Sott‘e‘ncoppa (sottosopra)
70 ‘O palazzo (il palazzo)
71 L‘ommo ‘e m**** (l’ uomo senza princìpi)
72 ‘A maraviglia (la meraviglia)
73 ‘O spitale (l’ospedale)
74 ‘A rotta (la grotta)
75 Pullecenella (Pulcinella)
76 ‘A funtana (la fontana)
77 ‘E riavulille  (i diavoletti)
78 ‘A bella femmena (la prostituta)
79 ‘O mariuolo (il ladro)
80 ‘A vocca (la bocca)
81 ‘E sciure (i fiori)
82 ‘A tavula ‘mbandita (la tavola imbandita)
83 ‘O maletiempo (il maltempo)
84 ‘A cchiesa ( la chiesa)
85 Ll’aneme ‘o priatorio (le anime del purgatorio)
86 ‘A puteca (il negozio)
87 ‘E perucchie (i pidocchi)
88 ‘E casecavalle (i caciocavalli)
89 ‘A vecchia (la vecchia)
90 ‘A paura (la paura…fa novanta)

 Mi vengono in mente animate giocate a tombola , che meritano un post a parte.

E voi giocate a tombola?