La Venere degli stracci a Ventimiglia

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Venere degli stracci a Ventimiglia

Nel cortile della chiesa delle Gianchette di Ventimiglia è arrivato l’esemplare extralarge della Venere degli stracci, opera del grande artista contemporaneo Michelangelo Pistoletto, simbolo dell’Arte povera e icona della cultura del consumismo contemporaneo. È stata già accolta in contesti di frontiera e in luoghi di emergenza sociale come l’isola di Lampedusa e il MAAM Museo dell’Altro e dell’Altrove di Roma e partirà poi a giugno per Bolzano. Già nell’aprile 2017 su un’aiuola al confine italofrancese di ponte San Ludovico Pistoletto collocò  il  Terzo Paradiso, una sequenza di massi a forma di otto rovesciato, dove  l’anno scorso ricordammo coloro che persero la vita nel tentativo di varcare quel confine.

“Gli stracci non sono solo stoffe, ma quel che resta degli abiti. Dentro ogni straccio è passato almeno una persona. Quindi c’è l’umanità, tutto quello che l’umanità ha vissuto e che rimane come residuo. E la Venere, con  la sua bellezza rivolta verso quegli scarti, rigenera la fine.”

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Una rigenerazione che a Ventimiglia si fa attiva e partecipativa nel donare nuove appartenenze a chi, in viaggio verso l’ignoto, è troppo spesso reso invisibile dalla perdita della propria identità. Da quest’opera d’arte contemporanea parte un messaggio importante di sensibilizzazione per l’attuale e drammatica situazione delle migrazioni in Europa e nel Mediterraneo. Arte che si fonde con la vita per promuovere responsabilità sociale, dialogo, relazione, un ponte culturale e umanitario  in una città che ha trovato in Don Rito  una figura di grande spessore per l’impegno nell’accoglienza, nel rispetto e nella cura dei migranti. Grazie a lui persone della società civile, di ogni nazionalità, età ed estrazione socioculturale, si sono attivate come potevano mettendo in pratica quei valori che sono alla base di ogni democrazia.

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È bello vedere come  a Ventimiglia, che ha una realtà complessa, confluiscano  volontari da ogni parte d’Italia e d’Europa. Sì, d’Europa. Voglio ricordare i ragazzi britannici  che hanno operato per i piccoli ospiti delle Gianchette, regalandoci poi  tutto il materiale rimasto, o i volontari di un’associazione tedesca che si sono adoprati perché le donne nascoste nel fiume potessero lavarsi, e tutti quei ragazzi e volontari francesi che ogni sera distribuiscono pasti e vestiti ai migranti di passaggio. Ricordo anche  una giovane insegnante universitaria venuta appositamente dall’America per capire cosa stesse succedendo a Ventimiglia e  in Italia con il fenomeno della migrazione. Aveva pianificato le sue ferie per parlare con rappresentanti istituzionali e volontari che operano per e con i migranti in varie parti d’Italia e raccogliere interviste e foto che le servivano per una pubblicazione.

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Ventimiglia nel suo piccolo di fatto  rappresenta la cultura in trasformazione, cosa che non può dirsi per altre città liguri, ma non dimentichiamo che  in fondo arte e cultura sono motori di  sviluppo territoriale.

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Oltre alla Venere nel cortile della chiesa delle Gianchette  ci sono altri stracci intrecciati in una rete da cantiere, anch’essa di scarto che diventa risorsa. L’intreccio consente la visione di un grande planisfero, un  mondo a colori per tessere relazioni e veicolare metafore, raccontare un nuovo tessuto sociale in una complementarietà di pieni e vuoti, collegati da un filo alla vela che consente di navigare alla Venere degli stracci. Al centro la riproduzione in carta d’alluminio del Terzo Paradiso, realizzata dai bambini delle scuole: due cerchi piccoli possono unirsi e trasformarsi in uno più grande, perché l’unione è sempre una risorsa e una forza.

Tempo fa scrissi, ricordando un giovane migrante:“Dicono che chi viaggia ha più strade, chi stende le ali e molla tutto si lancia in un’ avventura per allontanarsi dalla propria vita, con un senso di libertà e un brivido di paura. Per allontanarsi sì, ma anche arrivare prima a se stesso, cimentandosi in prove che solo lo sradicamento rende possibili. Forse di fronte alla libertà del mare hai sognato un porto in cui arrivare che valesse tutta quell’acqua da attraversare. Il mare ridimensiona e  cambia prospettiva, separa e unisce popoli e terre. Quel viaggio vi ha dato nuovi occhi, per sperare. “Sembra esserci nell’uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove” (Marguerite Yourcenar) e c’è anche tanta bellezza in tutto questo.”

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20180519_144256Oggi riconosco che quest’esperienza è stata straordinaria; chiunque di noi riconosce che ci ha cambiati e arricchiti. Penso alla stazione di piazza Garibaldi della metropolitana di Napoli dove Pistoletto ha collocato le  immagini fisse di viaggiatori di ogni età su specchi  nei quali si riflettono quelli veri che salgono verso la città sulle scale mobili. Gente che va e viene in una quotidianità che si ripete, in un flusso vario e denso di energia e vissuti. Così ora alle Gianchette nella mostra di foto, video, diapositive, disegni, lettere, articoli di giornale, pietre colorate e nel librone di 13000 nomi di uomini donne e bambini di 50 diverse nazionalità c’è scritta un’importante pagina di storia, ci sono i passi, le testimonianze di un’umanità così umile da renderci partecipi delle loro vite e dei loro fiduciosi sorrisi. Questo è stato il piccolo grande miracolo di Ventimiglia, in un contesto socio culturale non facile, spesso indifferente, a volte chiuso e ostile, ma un miracolo che rigenera, dà speranza e commuove chi l’ha capito. Grazie a quanti lo hanno reso possibile, a tutte quelle 13000 persone in cammino, grazie per averci spronato a trovare nell’emergenza le risorse interiori per uscire da noi stessi, per incontrarvi, sostenervi come potevamo, e conoscervi  facendoci sperimentare che la diversità arricchisce davvero nel profondo e che ogni essere umano, con il suo vissuto e le sue speranze, merita rispetto in quanto tale.

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L’evento è stato promosso dalla Caritas diocesana di Ventimiglia-Sanremo, Ventimiglia CONfine Solidale , con la collaborazione di Cittadellarte- Fondazione Pistoletto, del Dipartimento Educazione Castello di Rivoli Museo d’Arte contemporanea, dell’Associazione Pigna Mon Amour di Sanremo e di spazio5 di Bolzano.

La mostra è aperta dal 18 maggio fino al 20 giugno presso la chiesa delle Gianchette ( venerdì- sabato – domenica dalle 10.00 alle 20.00)

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In cammino…

17 febbraio 2015- Giornata Nazionale del Gatto

Non poteva mancare su questo blog un post per gli amici felini, che ricordo ogni anno in occasione della Giornata Nazionale del Gatto. Quest’anno vi presento i due piccoli di casa, che ci hanno regalato un po’ di spensieratezza in questi mesi  in cui ho accompagnato all’inevitabile traguardo mio padre.

 

Kiki 1

 In una piovosa sera di ottobre  mi portarono a casa un trovatello, Kiki 1°; bello bello bello e tanto affettuoso. Era  il mio  “lemurino  procionello” con  due  zaffiri  negli occhi splendenti, che però  è zompato troppo presto nel mondo verde azzurro dei gatti.

Kiki 1 procione

 

 

 

 

 

Per lui ho pianto così tanto che mio marito, forse per non sentirmi più, pensò bene di consolarmi regalandomi Kiki 2° che  ci ha subito distratti da altri pensieri con la sua vivacità, mostrandosi  giocherellone, selettivo  e coccolone.

Kiki 2 piccolo

 Kiki primo piano piccolo

 

 

 

 

 

 

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Dopo qualche settimana gli ho cercato un fratellino adottivo perché sono dell’opinione che due gatti sono meglio di uno, sicuramente per loro che trovano un compagno di scorribande , per noi umani invece la coppia si rivela ben presto  una piccola associazione a delinquere. In un piovoso  sabato io e consorte siamo andati invano al canile in cerca di un gattino , più o meno della stessa età di Kiki. Dopo qualche giorno la responsabile mi ha telefonato dicendomi che le avevano portato una gatta e un micetto rosso da una colonia felina dell’entroterra. Le chiesi di tenermelo che sarei andata a prenderlo il giorno dopo. Non c’era nemmeno bisogno di vederlo, sentivo che era arrivato il mio Russulillogatto. Rosso come l’ avevo sempre desiderato, perché  di solito i gatti rossi sono un po’ speciali e anche simpaticamente  pestiferi. L’indomani , sotto una pioggia torrenziale che aveva allagato la strada per il canile e interrotto la viabilità, dopo un lungo giro tra pozzanghere , vigili e pompieri, io e consorte siamo sbarcati al canile e abbiamo adottato il “Russillo”, prontamente e ufficialmente  battezzato al cospetto del veterinario con il nome “ Russò”, che fa molto Jean Jacques, ma in effetti sta per RussulilloRussò piccolo (piccolo rosso in napoletanish). Arrivati a casa, Russò è saltato dalle mie braccia per andare incontro a Skip vero e gli ha fatto subito le fusa, cosa da non credere dato che invece a Kiki bastava intravedere il cane  da lontano per diventare più gonfio e irto di un pesce palla.

 

 Per due settimane le piccole belve in miniatura sono state separate, anche per timore di qualche malattia che colpisce i gattini,  finché è finalmente arrivato il fatidico giorno del primo incontro. Mi ero illusa che avrebbero subito familiarizzato e invece Kiki si trasformava ancora in una palla di pelo, mentre il piccolo rosso era sempre più  incuriosito e desideroso di andare incontro a quell’essereKiki principino alfa indemoniato e minacciosamente gnaolante. Se avevo temuto una difficile e lenta familiarizzazione con il cane, invece adesso dovevo preoccuparmi  della gelosia possessiva di Kiki, il principino Alfa. Fatto sta che soffia  e graffia oggi, soffia domani, dopo circa una settimana Kiki si è degnato di osservare Russulillo e sul morbido lettone di casa i due felini hanno iniziato a  conoscersi lottando.  La panterina siamese, un po’ più grande, mordeva il gattino rosso che da subito si è rivelato una lince, capace di difendersi tenacemente  cercando di mordere l’avversario sulle zampe posteriori fino a Russò piccola lincemiagolare esausto la resa. Dopo un paio di giorni di baruffe, sempre più giocose, Kiki è diventato pian piano protettivo con Russò:  oggi  gli miagola come una mamma gatta, lo cerca, lo coccola, gli cede il piatto e l’altro da buon Ruspallegro, di soprannome e di fatto, ne ha subito approfittato, diventando un prode e provocatorio combattente, anzi un  piccolo gatto guappo che avanza impettito nella sua fiera “minuscolità”,  ancheggiando  e muovendo la lunga e  pelosissima coda  di scoiattolo.

Kiki e Russò

Che dirvi se non che da quattro mesi  animano  questa casa con fusa ,corse, rincorse e  capitomboli  che fanno perdonare la semi distruzione dell’albero di Natale, i mattutini risvegli domenicali, i tentativi di  intrusioni nella lavastoviglie, nelle borse della spesa, in una qualsiasi cosa che abbia un minimo di capienza ( scarpe comprese),  l’invadenza studiata ad hoc per  impedire  a me e  consorte di leggere a letto, dopo avere preparato un morbido giaciglio zompettando  con nonchalance sul  nostro petto.

Kiki dormiente

Auguri a tutti i gatti, gattoni, gattini, amabili gattacci !

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Kiki primo piano

Russò 

L’assoluta bellezza in Alma -Tadema e nei pittori dell’800 inglese

 

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Nel  chiostro del Bramante a Roma, fino al 5 giugno 2014, si possono ammirare cinquanta opere della collezione del mecenate messicano Juan Antonio  Pérez Simòn  che scrisse   “Io trovo nelle opere di questi pittori inglesi qualcuno di quei temi che tocca le mie emozioni più profonde e i miei interessi fondamentali: la donna, la bellezza, l’erotismo, la famiglia e l’amore” (Pérez Simòn). Dipinti che celebrano una  un’ideale bellezza femminile che   è fine a se stessa tra rievocazioni di un passato immaginato e nostalgico.

 

Nella rigida Inghilterra vittoriana ,  ove lo sviluppo industriale  fa coesistere  la floridezza economica e  la devastante  miseria  di una manodopera sfruttata e ben descritta  nei romanzi di Dickens,  prende corpo una rivoluzione come  forma d’arte, di gusto neoclassico  e di cultura con un  movimento di artisti  che negli anni ’60 dell’800 si rifugia e trova forza nella bellezza e orienta  la ricerca estetica verso il passato, spesso  con un vero e proprio culto dell’Italia, dell’antica Grecia e della Roma Imperiale.  

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L’ emergente borghesia  apprezza  sempre più le nuove opere di  grandi artisti, i padri  dell’Aesthetic  Movement, quali  sir Lawrence Alma Tadema, Frederic Leighton, Albert Joseph Moore, Edward John Poynter, Edward Burne-Jones, John William Godward, Arthur Hughes, Albert Moore, ben presto  dimenticati  e denigrati,  in quanto ritenuti poi  artefici di un’arte  reazionaria e antimodernista,  ma riscoperti  e riabilitati  più tardi da collezionisti e intenditori d’ arte.

Tra questi  cultori del bello  spicca Sir Lawrence Alma Tadema (1836-1912), originario dei paesi Bassi,  che studia all’Accademia delle Belle Arti di Anversa e presso pittori belgi. AntigoneleighDopo un  viaggio in Italia  e l’affascinante visita di Pompei,  conosce  Jean-Léon Gérôme  a Parigi così  che l’antichità entra  nelle sue tematiche. Si trasferisce a Londra nel 1870 e ne ottiene  la cittadinanza tre anni più tardi , insieme al successo  nelle esposizioni organizzate dalla Royal Accademy.

 Da ambientazioni mitologiche o medioevali  e da  drammi shakespeariani  emerge una straordinaria e delicata panoramica  sulle  donne. Sono  tante le donne  immortalate, donne  angelicate o tentatrici  che ancora incantano nella loro sublime sensualità e  rara, perfetta, enigmatica bellezza alla quale nel  percorso espositivo sono associati fiori diversi  a seconda che si tratti di femmes fatales,  di antiche eroine, streghe, principesse ,muse e modelle.

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La  digitale purpurea , fiore dolce e crudele, racchiude i sentimenti di attesa e dubbio che animano queste  due fanciulle in un interno pieno di fiori.  

 

 

 

 

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Momenti di dolce attesa e malinconia in questi occhi che rincorrono   un’emozione o un ricordo in una lontananza che avvicina i cuori (Godward) 

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La peonia accompagna Crenaia , ninfa del fiume Dargle dipinta da  Frederick Lord Leighton , una rosa senza spine che trafigge con la sua inerme e splendida  nudità.

 

 

 

 

“Ha come miele che bagna l’anima di un oblio dolce e crudele” (Pascoli)

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Il caprifoglio , rampicante e odoroso, suggerisce atmosfere gotiche  con la seduzione di una donna  dalla rossa chioma.

 

 

 

 

Un mare di  rose ricopre gli ospiti dell’imperatore Eliogabalo  in un soffocante vortice di colore  che sottende la sottile spirale o del piacere  o della morte.

Un tripudio di leggera, invadente,assoluta bellezza.

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ALMA –TADEMA E I PITTORI DELL’800 INGLESE

Collezione Pérez Simòn

16 febbraio-5 giugno 2014

Chiostro del Bramante-Via della Pace-Roma 

 

17 febbraio- Festa del Gatto

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Il 17 febbraio è la festa  del Gatto, nata in Italia nel 1990. Quest’anno poche righe   per una delle mie piccole tigri,  che ci manca tanto. Giorgio Celli, che  ha avuto l’abilità di farci capire gli animali e le loro relazioni  con l’ambiente e  di  amalgamare   la poesia con  la scienza  della vita scrisse “Mentre il mondo dell’uomo è un mondo di razionalità e di emozioni, perché la nostra razionalità tende sempre a limitare le emozioni, nel caso degli animali il mondo è principalmente di emozioni, poi ci sono isole di razionalità”.

In questo senso Gri Gri ci ha insegnato tanto.

gri gri e fra

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“Le donne che hanno fatto l’Italia” dal Risorgimento in poi.

 

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“Le donne che hanno fatto l’Italia” è stata una delle  varie iniziative del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, una bella retrospettiva su figure femminili più o meno conosciute, che direttamente ed indirettamente hanno influito sull’evoluzione culturale, sociale, economica e politica dell’Italia.

 

 

cucitrici di camicie rosse- BorraniSi parte  dalle donne del Risorgimento, dalle più famose protagoniste dei salotti intellettuali e dell’alta società , come  Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Adelaide Bono Cairoli e Sara Nathan, alle più sconosciute donne del popolo che disinnescavano bombe inesplose, consegnavano carte segrete, depistavano la polizia, combattevano con i garibaldini e soccorrevano i feriti . Donne di un’Italia ancora da fondare, accomunate dalla stessa passione e dalla voglia di partecipare al cambiamento .

La panoramica sull’universo femminile è molto ampia e non ignora donne schierate su altri fronti ma altrettanto determinate, come le regine che diedero un diverso apporto alla storia e alla cultura del paese, e le brigantesse che per miseria, paura, convinzione o ignoranza combatterono strenuamente esponendosi alle persecuzioni del loro tempo e ad un’ impietosa storiografia.

 

Il Risorgimento segnò più ufficialmente un Risorgimento  delle donne, in seguito all’ istruzione di un’elite femminile e alla diffusione dei grandi ideali rivoluzionari di libertà, fraternità ed uguaglianza del ‘700. Le donne vennero allo scoperto sulle barricate, nelle piazze, nei salotti , nei campi. Nell’800  manifestarono pubblicamente il loro pensiero ,soprattutto per iscritto, con epistolari, memorie, diari, romanzi, poesie esprimendo coscienza di sé, capacità critica ed autonomia di giudizio sul loro tempo e sulle vicende personali, emergendo sempre più come presenze attive nella vita comunitaria.

Con l’Unità d’Italia le donne continuarono nel loro cammino per lo sviluppo culturale, 111345294-4de98e00-781b-4338-90cb-ae06acb688c7sociale ed economico del paese, seppure ignorate dalla storia. Si pensi alle maestre che in paesi sperduti promossero la prima alfabetizzazione, rinunciando spesso ad una propria vita affettiva, alle operaie che sostituirono gli uomini nelle fabbriche, alle infermiere volontarie impegnate al fronte durante le guerre mondiali, alle mondine e alle tabacchine che sollevarono questioni sociali di disagio e di sfruttamento lavorativo, alle balie che, forse inconsapevolmente, collegarono l’isolato mondo rurale con  quello cittadino più aperto al nuovo.

 

le-donne-che-hanno-fatto-italia-dal-in-poi-1Pian piano le donne conquistarono titoli di studio, un posto di lavoro, un nuovo ruolo nella società che si consolidò con le adesioni ad associazioni, ai partiti, ai sindacati, alla Resistenza. Lottarono non poco e a lungo per ottenere il diritto di voto che in Italia si esercitò per la prima volta  soltanto nel 1946, circa quarant’anni dopo la  Finlandia. Ai seggi affluirono circa 14.600.000 donne contro i 13.350.000 uomini , che elessero nell’Assemblea Costituente 21 donne su 556 membri. Erano perlopiù giovani e laureate: tra  insegnanti e  giornaliste vi erano anche una sindacalista e una casalinga. Cinque di loro fecero parte della Commissione dei 75 per elaborare la Costituzione. Lotte, sacrifici e sconfitte nella storia dell’emancipazione femminile furono in un certo modo riscattate dalla possibilità di accedere alle più alte cariche istituzionali.

 

Tra le tantissime donne nella mostra del Complesso del Vittoriano, alcune sono evidenziate come protagoniste della storia d’Italia perché con intelligenza e passione, capacità e determinazione seppero vedere oltre e contribuire  al progresso e all’affermazione dell’Italia a livello internazionale.

Figure femminili unicamente grandi, per meriti diversi, alcuni dei quali- confesso- non conoscevo.

Anna Kulishoff, l’ esule russa che come medico operò nei quartieri più poveri di Milano, condusse battaglie per l’ indipendenza economica delle donne, necessaria per il conseguimento di  libertà, diritti e parità, per .il diritto al voto e per la difesa delle lavoratrici operaie e contadine.

Matilde Serao, l’attenta lettrice del pentagramma dell’anima, ha lasciato tanti scritti introspettivi e descrittivi che ben rendono il quadro socio, economico e culturale del suo tempo. Riscattò l’intelligenza delle donne in un ruolo anticonformista sia nella vita privata che in quella pubblica, in quanto fu la prima donna a fondare e a dirigere un quotidiano ( il Mattino).

 

Madre Francesca  Saverio Cabrini, una religiosa che fondò la Compagnia delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù e circa ottanta case missionarie in sette paesi del mondo. Nel 1889  partì per gli  Stati Uniti e s’adoprò negli slums, affinchè gli emigranti imparassero la lingua e le usanze del luogo e si integrassero nel nuovo contesto. Valicò le Ande a dorso di un asino e raggiunse luoghi impervi in Sud America dove diffuse la sua missione. Ovunque costruì asili, scuole, convitti per studentesse, orfanotrofi, case di riposo, ospedali che seppe bene amministrare. Beatificata nel 1938 , fu riconosciuta patrona di tutti gli emigranti nel 1950.

 

bn7Maria Montessori, pedagogista, filosofa, scienziata, educatrice di grande cultura, col suo trattato sul metodo della pedagogia scientifica ha rivoluzionato il mondo dell’educazione e della didattica. Nel corso della sua vita s’adoprò molto per la liberazione, la difesa e il riconoscimento  della dignità del bambino.

 

Luisa Spagnoli, una semplice casalinga che diventò l’’abile imprenditrice  di  una delle più antiche aziende italiane, cioè la Perugina. Entrata nel consiglio d’amministrazione dell’azienda nel 1923, promosse strutture sociali per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle dipendenti( ad esempio un  asilo nido nello stabilimento di Fontivegge  per i figli delle operaie).Negli anni ’30 si dedicò con le lavoranti ad una nuova attività, cioè all’allevamento di conigli d’angora per ricavarne pregiati filati di lana, ma non vide i risultati di questa felice intuizione a causa di una morte prematura.

 

Oriana Fallaci, la giornalista che seguì in prima persona e in tutto il mondo  i grandi fermenti sociali e politici: le insurrezioni dell’America latina, la dittatura in Grecia , le contestazioni giovanili, i conflitti indo pakistani e mediorientali . Coraggiosa corrispondente di guerra in un’epoca in cui non esistevano le tecnologie e gli attuali mezzi di comunicazione, per dodici volte in sette anni tornò in Vietnam per documentare la verità e le menzogne, l’eroismo e la dannazione di un conflitto che ha segnato un’intera generazione. Intervistò i grandi della storia degli anni ’70  come Kissinger, Golda Meir, Khomeini, Gheddafi; suscitò grandi dibattiti su questioni di coscienza e di politica internazionale.

Marisa Bellisario, una pioniera del nascente settore elettronico dei computer e della programmazione, si distinse per capacità professionali e manageriali. Nel 1965 si trasferì in America ove fece carriera, nel 1979 divenne presidente dell’Olivetti Corporation e nel 1981 diresse l’Italtel. Nel 1984 fece parte della Commissione nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna. Ottenne il premio di manager dell’anno nel 1986, due anni prima della sua prematura morte. Una top manager a livello mondiale in un mondo ove- come asserì- “una dirigente deve nascondere il più possibile il suo essere donna”.

 

Anna Magnani: l’energica e fragile Nannarella, straordinaria  interprete del cinema neorealista del dopoguerra che ci ha mostrato la vita reale attraverso la dimensione umana di personaggi comuni . Una donna che, pur riscuotendo fama mondiale, in varie stagioni della vita fronteggiò grandi solitudini che ci fanno ricordare con affetto i suoi profondi e  indimenticabili sguardi, la spontanea  ironia, la dolce e sofferta malinconia.

 

Rita Levi Montalcini , la scienziata che nel ’36 si rifugiò in Belgio ma anni dopo rientrò a Torino per proseguire la ricerca sulle cellule nervose, allestendo un laboratorio in camera da letto, finchè nel 1947 raggiunse gli Stati Uniti ove lavorò per venti anni. Animata da un continuo  bisogno di conoscenza, anche nei periodi più cruciali della sua vita si dedicò alla ricerca scientifica . Conseguì il premio Nobel per la medicina nel 1986 ed è stata senatrice a vita dal 2001.

 

Palma Bucarelli, esperta di storia e di critica dell’arte anche molto bella ed anticonformista, all’età di trent’anni fu la prima donna a dirigere un museo pubblico. Dagli  anni ’40 a metà degli anni ’70 si occupò della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma: salvò opere in tempo di guerra, promosse l’astrattismo, rese accessibile al grande pubblico l’arte moderna.

 

Una lunga  galleria fotografica svela in ordine cronologico i volti di  donne che dall’ 800 in poi hanno contribuito alla storia d’Italia . Sono tantissime ad avere conseguito i primi traguardi nella cultura, nell’arte, nella politica, nella società e nello sport. Ne  voglio elencare alcune.

1872 Caterina Scarpelli, medaglia d’oro per il valore scientifico delle sue ricerche.

1875 Enrichetta Girardi, prima donna che conseguì la laurea in lettere a Napoli .

1879 Ersilia Caetani Lovatelli, prima donna ammessa all’accademia dei Lincei, per conoscenze di archeologia , di lingue classiche e del sanscrito.

1887 Iginia Massarini, prima donna a conseguire la laurea in matematica.

1898 Aurelia Pincherle  Rosselli, prima donna che scrisse per il teatro.

1906 Elvira Coda Notari, prima donna regista.

1908 Emma Strada, prima donna ingegnere e Rina Monti che a 37 anni fu la prima donna ad ottenere la cattedra universitaria di zoologia a Sassari.

1913 Adelaide Cocco, prima donna medico a Sassari.

1913 Rosina Ferraro ,ottava donna al mondo a conseguire il brevetto di pilota degli aerei numero 203.

1915-1918  Ester Danesi Traversari, prima giornalista italiana corrispondente di guerra per il Messaggero.

1926 Grazia Deledda , premio Nobel per la letteratura.

1940  La poetessa Ada Negri  fu ammessa tra gli Accademici d’Italia.

1943 Ondina Peteani partigiana, a 18 anni entrò nel Movimento di Liberazione operaia dei cantieri di Monfalcone.

1947 Franca Viola, prima donna che denunciò e fece condannare il suo stupratore, rifiutando un matrimonio riparatore.

1948 Angela Merlin, prima senatrice.

1953-1956  le suore Maria Cleofe e suor Maria Innocenza furono le prime religiose a prendere la licenza di volo per recarsi, rispettivamente  in Pakistan e in India, a servizio dei bisognosi.

Seguono tante , tante altre. La prima donna magistrato, prefetto, vigile e via via così….

 La  storia dell’emancipazione femminile in Italia può vantare donne intraprendenti di diversa estrazione socio-culturale che con lungimiranza hanno messo a frutto le proprie inclinazioni e capacità in scelte di vita,  a volte inconsuete, apprezzate tardivamente perché spesso hanno precorso i tempi.

 Mi sono resa conto di appartenere  ormai ad un’altra generazione, quando  ho notato due ragazze ventenni che osservavano l’Olivetti con cui Oriana Fallaci scriveva i suoi articoli. Non avevano mai visto, tanto meno usato, una macchina da scrivere. “Le donne che hanno fatto l’Italia” riassume aspetti della storia italiana che si dovrebbero divulgare nelle scuole , soprattutto tra le nuove generazioni troppo distanti da quella vite vissute alla luce di speranze, attese e conquiste durate per secoli. Non a caso ancor oggi nel 2014, sicuramente più di ieri,  bisogna promuovere la cultura di genere e delle pari opportunità  in un contesto sociale  e politico che sdogana con tanta sfacciataggine e superficialità  offese gratuite e sessiste perché, a mio parere, non si conosce  e di conseguenza non si apprezza quel percorso di crescita, progresso e civiltà delle tante donne che hanno fatto e possono continuare a fare l’Italia.

  

Immagini tratte dal web

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“Quando voglio pensare a qualche cosa di piacevole e di riposante mi viene subito davanti agli occhi la mia cara villa di Bordighera” (Regina Margherita di Savoia, 1923)

 

“L’arte non è quello che vedi ma quello che fai vedere agli altri” (Edgar Degas)

Dal 23 ottobre il Museo dell’Ara Pacis a Roma ospita la mostra Gemme dell’Impressionismo. Dipinti della National Gallery of Art di Washington”, che per la prima volta hanno lasciato l’America.

Andrew-Mellon-con-i-figli-Ailsa-e-Paul-1913-ca.-National-Gallery-of-Art-Washington-Archivio-del-Museo-215x300Alla fine degli anni ’20 il magnate  Andrew W. Mellon iniziò quella che sarebbe diventata una delle più importanti collezioni d’arte del mondo e nel 1936 scrisse al presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt con l’intenzione di offrirla allo stato americano. Dopo la sua morte, nel 1937, i figli Paul  e Ailsa, amanti del bello, della poesia  e dell’arte, continuarono a coltivare la passione paterna e ad ampliare  la collezione Mellon che si arricchì  sempre più anche grazie a donazioni private. Nel 1941 fu inaugurata la National Gallery of Art di Washington con parte della vasta collezione perché solo nel 1978 i fratelli Mellon  donarono i capolavori dei grandi impressionisti e post impressionisti, quali Manet, Monet, Degas, Renoir, Pissarro, Toulose –Lautrec, Sisley, Cèzanne,Gauguin,Van Gogh,Seurat, Bonnard che fino ad allora avevano custodito nelle proprie abitazioni private. 

La mostra “Gemme dell’Impressionismo” vanta 68 opere, a partire da Boudin(1824-1898), maestro di Monet, fino ai post impressionisti Bonnard (1867-1947) e Vuillard (1868-1940), esposte secondo  aree tematiche che vanno  dal paesaggio  al ritratto , dalle figure femminili alle natura morta, fino alla rappresentazione della vita moderna. Un importante  evento che rivela  il gusto raffinato dei Mellon  e regala al pubblico dipinti di unica e straordinaria bellezza.

Boudin_Eugene_Spiaggia di Trouville_1863_Washington_National Gallery

 

Si parte dai precursori del movimento artistico, cioè da Boudin e dai suoi inconfondibili paesaggi e  spiagge bretoni, in particolare di Trouville e Deauville. 

Nei dipinti en plein Air, realizzati cioè all’aperto, l’impressionista  coglie la luce del momento  che cambia con la prospettiva, la naturalezza dei colori, i cambiamenti atmosferici così ben resi e capaci di trasformare lo stesso paesaggio in ore diverse. Non  a caso Sisley  era solito dire “ il cielo è la prima cosa che dipingo”. 

campo di tulipani di van gogh

Tra questi spicca “Il campo di tulipani” di Van Gogh (1883) che al fratello  Theo scrisse “ ultimamente, mentre dipingevo,  ho sentito una certa potenza coloristica che si andava risvegliando in me, più forte e più  di quella sentita fino ad ora. Può darsi che il mio nervosismo di questi giorni sia dovuto a una sorta di rivoluzione del mio metodo di lavoro, di cui sono andato alla ricerca e a cui stavo già pensando da molto tempo”. 

 

Johan Barthold Jongkind - The Towpath, 1864

 

Ben rappresentata la nuova resa pittorica dei paesaggi rurali nelle opere di Camille  Pissarro per il quale sono “Beati coloro che vedono il bello in posti semplici e umili dove gli altri non vedono nulla” e di Johan Barthold Jongkind  di cui Claude Monet scrisse “ e a lui devo la definitiva educazione dei miei occhi” (a destra  l’Alzaia).

 

 

Renoir_Auguste_Cogliendo fiori_1875_Washington_National Gallery of Art

 

L’opera  “Cogliendo fiori” di Renoir illustra la  locandina della mostra in quanto ben rappresentativa dell’impressionismo francese .  

 

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Nei “villaggi sul mare in Bretagna” di Odilon Redon  emerge l’iniziale  credo artistico dell’artista che con linee e colori vuole rappresentare non tanto l’aspetto esteriore degli oggetti, quanto le forze psichiche che ne costituiscono l’anima.  Questo paesaggio di sicuro la trasmette.

 

studio_per_la_grande_jatte_galleryNello studio per la famosa “Grande Jatte” di Seurat  è ben evidente la nuova tecnica pittorica ove “se si considera un decimetro quadrato ricoperto di un tono di colore uniforme, su ogni centimetro quadrato  di tale superficie, in un vorticoso movimento di macchioline, si trovano tutti gli elementi costitutivi delle tonalità”.

 

Tra i ritratti di “George Moore nel giardino”, ad opera  di Manet, e di “Claude Monet” ,ad 92994-primary-0-440x400opera di Renoir, e negli autoritratti di Edgar Degas, Henry Fantini Latour, Edouard Vuillard e Paul Gauguin esplode l’innovazione dell’impressionismo che ritrae non più per celebrare il personaggio ma per coglierne l’essenza e  attraverso l’acutezza dello sguardo ne fa captare  il carattere. Nel 1860, a riguardo della ritrattistica, Baudelaire disse “una bella testa di uomo conterrà qualcosa di ardente e di triste- dei bisogni spirituali, delle ambizioni tenebrosamente represse- l’idea di una potenza …”, come si può notare nell’autoritratto di Degas. 

Il ritratto è un diffuso tema pittorico, interpretato però in modo nuovo perché privilegia Gauguin_Paul_Autoritratto dedicato a Carriere_1888-1889_Washington_National Gallery of Art l’uomo moderno con il suo abito e le sue  consuetudini sociali, osservato in casa o per strada. Lo stesso Monet ritrae la moglie per evidenziare una figura parigina dell’epoca. 

Ben presto Parigi diviene capitale delle Arti, soprattutto grazie a grandi esposizioni d’arte dette Salons e  organizzate  sin dal ‘700 consentendo al pubblico di conoscere gli  artisti emergenti.

Purtroppo però essi sono controllati dalle brocca di latte e frutta di Cèzanneistituzioni accademiche  per cui vengono escluse circa  4000 opere di artisti , poi riconosciuti grandi esponenti dell’impressionismo.  Così proprio un grande escluso, Gustave Courbet, nel 1855 crea il suo  padiglione del “realismo”, e nel 1863 il gruppo degli impressionisti dà vita al Salon dés refusès (dei rifiutati)  per fare conoscere il nuovo modo di dipingere e concepire l’arte. Nonostante ciò,  proprio  Cèzanne, che guarda ai vecchi canoni artistici per aprirsi a insolite sperimentazioni pittoriche ,  spesso e a lungo ne resta  escluso.

La sezione  “Donne, amiche, modelle” si apre con “La sorella dell’artista alla finestra” , berthe morisotfamoso dipinto di Berthe Morisot, amica di Manet di cui forse fu innamorata  anche se finì con lo sposare suo fratello Eugène. Esclusa dall’École des Beaux-Arts, faticò non poco a inserirsi  nel fermento artistico dell’epoca, ma il suo talento alla fine travalicò i confini imposti dal mondo maschile dei pittori. A suo dire “ i veri pittori capiscono con il pennello in mano” nel momento in cui si trovano a trasmettere la loro percezione, impressione  del visibile.

L’universo femminile, protagonista della vita moderna, è un tema privilegiato dagli impressionisti. Le figure femminili dell’epoca osservate quasi di sottecchi in casa e nei giardini, così come nelle sale da ballo e  nei caffè, non sono più personaggi mitici o letterari.  La donna moderna non rispecchia più gli  schemi idealizzanti del passato: le raffinate signore della borghesia o le donne di ambienti più modesti sono  colte nei comuni rituali quotidiani, nel risveglio, dinanzi alla toilette, durante la vestizione, prima dell’entrata in scena sul palcoscenico di un teatro o della vita domestica.

Auguste-Renoir.-Madame-Monet-e-suo-figlio-1874-olio-su-tela-300x220

“La donna è senza dubbio una luce, uno sguardo, un invito alla felicità, e talvolta il suono di una parola, ma soprattutto un’armonia generale, non solo nel gesto e nel movimento delle membra, ma anche nelle mussole, nei veli, negli ampi e cangianti nembi di stoffa per cui si avvolge, e che sono come gli attributi e il fondamento della sua divinità.(Charles Baudelaire in “La peintre de la vie moderne”,1863)

Chi non riconosce le ballerine di Degas, la giovane donna che si pettina e Madame Henriot di Renoir oppure Carmen Gaudin , la modella che  Toulouse Lautrec scelse  per la folta e spettinata capigliatura ramata? Donne reali, che vivono accanto e si possono incontrare ovunque. 

giovane donna che si pettina-renoirballerine_dietro_le_quinte_galleryMostre:Gemme dell'impressionismo da Washington a Roma

Con l’Impressionismo anche la natura morta si rinnova , si abbandona  la cura del particolare per cedere a una visione d’insieme resa con semplici, ma non casuali, disposizioni di oggetti e pennellate di luce che giocano sulle tonalità del colore, come si può vedere nella “Natura morta con ostriche,1862” di Édouard Manet, nella splendida “Natura morta con uva  e garofano, 1880” di  Henry Fantin- Latour  e nella famosa “Brocca e frutta” di Paul Cézanne. Cambia la composizione, l’elemento portante spesso non è centrale, ma luce e colore lo evidenziano, a volte scomponendo volumi.

Manet_Edouard_Natura morta con ostriche_1862_Washington_National Gallery of ArtNatura morta con uva e garofano- Henri Fantin-Latour

 

L’eredità dell’Impressionismo passa a Pierre Bonnard e Édouard Vuillard,  artisti che segnano il passaggio verso il simbolismo, rivelando gusto per l’ornamento e l’uso irrealistico del colore.

Vuillard_Edouard_Bambina con la sciarpa rossa_1891ca_Washington_National Gallery of Art

La prospettiva piatta, tipica delle stampe giapponesi, come la frammentazione della visione in scene quotidiane con insoliti tagli visivi caratterizzano la loro produzione artistica. Il soggetto non è al centro della tela, anzi a volte  è visibile solo in parte, come in “La scatola dei colori dell’artista  e rose” (1892) e la “Bambina con la sciarpa rossa” di Vuillard (1891).

Di Bonnard si notino “ Due cani in una strada deserta” del 1894 e  la “Tavola apparecchiata in giardino”(1908) ove si rispecchiano la sua concezione dell’arte pittorica in quanto “ non si tratta di dipingere la vita, ma di rendere vivente la pittura”.

A distanza di tempo sono sicuramente viventi-anzi  immortali- queste preziose gemme dell’Impressionismo. 

598px-Two_Dogs_in_a_Deserted_Street,_Pierre_Bonnard,_c1894Bonnard_Pierre-Table_Set_in_a_GardenTavolo con scatola dei colori dell’artista e rose-Édouard Vuillard

 

Edouard Vuillard - Vase of Flowers on a Mantelpiece, 1900

 

Immagini dal web

 

Gemme dell’Impressionismo. 
Dipinti della National Gallery of Art di Washington. Da Monet a Renoir da van Gogh a Bonnard

Museo dell’Ara Pacis 
Lungotevere in Augusta, Roma

23 ottobre 2013 – 23 febbraio 2014 

 

Carnevale della Letteratura #3 – La notte

notte

 

E voilà è arrivato settembre con quell’inconfondibile luce che rende più brillante il verde e  trasparenti le acque e nella prima fresca aria notturna è arrivata a buon fine   la terza edizione del Carnevale della Letteratura avente come  tema  la Notte.

La notte, che da sempre incanta, affascina, appassiona e spaventa. Nel silenzio della notte sembrano emergere in maniera accentuata, più sentita e vissuta,  l’anima razionale ed irrazionale dell’uomo, a volte assorto e concentrato nei propri pensieri, a volte  libero di rincorrere sogni e passioni. La buia notte distoglie dal superfluo, induce  a scrutare e a esplorare  sentieri invisibili, a volte imperscrutabili, e nella sua silenziosa presenza ascolta, custodisce, ispira, guida, rivela indistintamente a tutti ad ogni età e nelle varie fasi della vita.

Tutti i partecipanti a questo Carnevale ci regalano frammenti delle loro notti, a volte tenere e nostalgiche, a volte briose e frizzanti, affascinanti e consolatorie, magiche e misteriose…

Io e Skip vi accompagniamo in punta di piedi nelle tante notti svelate dai nostri amici che  vogliamo ringraziare per avere reso così varia e  luminosa questa iniziativa.

 

Carnevale della Letteratura –terza Edizione

“Non si può toccare l’alba se non si sono percorsi i sentieri della notte.”

(Kahlil Gibran)

Mediterraneo

Iniziamo con   Marisa Bergamasco, che dall’Argentina  cura il blog Cocina y Letras ove riesce abilmente a fondere letteratura e arte culinaria, mescolando  la  nostalgia per l’Italia con i sapori  della buona cucina. Ci propone La notte e le donne più belle d’Italia, un racconto originale e spontaneo come gli affetti più cari associati a notti diverse che, nella loro luce e vicinanza, riescono ad annullare ogni distanza di spazio e di tempo.

“Pochi anni fa, quando telefonavo a mia madre da uno dei tanti posti in cui mi sono trasferita, le chiedevo che guardasse di notte “le tre Marie” (le tre stelle della cintura di Orione, quelle che nel mondo boreale vengono chiamate “I tre re”). A casa di mia madre se ne trovano sopra il serbatoio dell’acqua potabile che a sua volta si trova sopra il tetto della sua camera. Io le cercavo ovunque ci sia stato il mio cielo, e a quel punto, pensare l’una all’altra era il nostro modo casereccio per esorcizzare la lontananza.”

Un mix poetico, delicatamente genuino come la sorpresa finale, molto gradita da Skip e ancor più da me.  😉

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“La notte illuminata dal chiaro di luna è una delle ambientazioni più comuni e suggestive che si possono ritrovare in ambito sia letterario che musicale” è l’incipit del  post “Il chiaro di luna tra musica e letteratura” del giovane  Leonardo Petrillo, esperto di musica e scienze, che sul Tamburo Riparato ci delizia con un’ armonia  di composizioni musicali e letterarie.

“Sempre nell’atto V, Shakespeare immette un’emblematica riflessione relativamente alla musica: L’uomo, nel cui cuore la musica è senza eco, o l’uomo, che non si commuove ad  un bell’ accordo di suoni, è capace di tutto: di tradire, di ferire, di rubare e i moti del suo spirito sono foschi quanto la notte e le sue passioni nere quanto l’inferno. Non ti fidar di lui, ascolta la musica.”

E noi accogliamo volentieri l’invito leggendo e ascoltando il post di Leonardo, magari durante  una notte romantica, e il futurista Marinetti ci scuserà se non abbiamo ancora ucciso il chiaro di luna   😉

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E ora destiamoci  e spalanchiamo bene gli occhi, lasciandoci guidare dall’eclettica  Annarita Ruberto, la professoressa del web, esperta di matematica, fisica,  scienze e astronomia di cui scrive su Scientificando e Matem@ticamente, oltre che pubblicista di articoli scientifici sulla rivista  “Scuola & Didattica”.  Questa volta  sul blog Web 2.0 and Something  ci offre due componimenti poetici.

 Immersa  nella volta celeste contempla la Notte che

 “Pietosa signora

doni ali a pensieri.

Offri asilo ai desideri

Che vagano stranieri”

Una notte che, inquieta, ispira e nutre talenti.

 Annarita però non può non subire il fascino degli astri  e lo traduce in versi in   “ Le stelle” che  rischiarano le strade del cielo, dell’uomo  e delle varie civiltà e da sempre racchiudono nella loro magica polvere il mistero dell’universo.

 

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“Quella notte” , lettori,  che notte! Una notte tutta  da scoprire su Il Gloglottatore  , che lascia ampio spazio all’immaginazione e alla libera interpretazione.  Bernardo R., l’autore, è anche uno degli ideatori  del Carnevale della Letteratura  e  gloglotta convinto  che il mondo umanistico può amalgamarsi con quello scientifico o di altre arti e campi dell’ingegno umano. Infatti ci ha contagiati e convinti,  speriamo di esserlo sempre in  più.  Qui trovate i temi delle varie edizioni del Carnevale.

 

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Seguiamo adesso  Margherita Spanedda  che cura i blog  Un po’ di chimica e Il gatto a righe.  Nelle “Stelle”  racconta  una di quelle notti  pungenti che riescono a parlare  all’anima tra presente e passato, tra le  luci e  le ombre della vita di Maria. “…le  ombre dei suoi pensieri, dei suoi desideri, diventate improvvisamente solide , palpabili” riemergono da uno spazio vissuto e divenuto  troppo stretto e respirano in quello della memoria  e nell’ infinito  universo ove ricongiungersi alla luce di quelle stelle che attraversano la nostra vita come comete…

Altro contributo  di Margherita è il post  “La Dea” che nel suo splendore   affascina   gli uomini sin dalla notte dei tempi, incanta regalando un senso di infantile stupore a una nostra lontana progenitrice   che non può ancora intuirne  i misteri  nel ritmo del tempo e nella ciclicità della natura.

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“La luna spuntando dietro la cresta dei Ronchi, fece la sua comparsa nel cielo stellato e limpido e si mise all’opera per completare l’impresa iniziata dall’acqua. Con la sua straordinaria forza di gravità capace di alzare e abbassare le acque dei mari e degli oceani, come una misteriosa alchimia, mescolò le molecole dell’acqua con le vitamine della cornola dando così origine a una nuova forma di vita sconosciuta sulla terra.” Chi nacque? Il Sanguanello, un folletto dispettoso e burlone che è ricomparso  dalle leggende delle valli dell’Altopiano di Asiago  nei racconti di Fiorella Lorenzi insieme a “L’Anguana del Cion” .Tra suggestive descrizioni e un’apparente semplicità narrativa personaggi reali ed immaginari dei monti e dei boschi fanno decollare la fantasia nella semplice, quasi fiabesca,  atmosfera di un mondo rurale di altri tempi. Io e Skip ringraziamo anche Silvano Bottaro, alias Novalis, che ha pubblicato il post di Fiorella nel blog Novalismi  e invitiamo la cara Fio a scrivere, scrivere e farsi leggere. Ecco l’abbiamo detto ufficialmente!

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Ora passiamo a uno dei promotori e assiduo sostenitore del Carnevale della letteratura, cioè Spartaco Mencaroni di Il Coniglio Mannaro. Chi è il Coniglio? “Il Coniglio Mannaro è quella parte di ognuno di noi che si è persa in un posto magico e guarda da lontano il nostro mondo e la sua luna. Continua a raccontare storie fantastiche e frammenti di sogni, a volte fingendo di voler tornare indietro.” Un biglietto di presentazione per un giovane scrittore, di grande creatività e sensibilità, che riesce sempre a produrre racconti suggestivi, ora  teneri e delicati, ora misteriosi e avvincenti. Spartaco ha contribuito a questa rassegna con ben tre post.

In quella pallida estate, durante una lunga notte, accadono cose per noi viventi quasi incomprensibili. “Noi ricordiamo poco. I nostri pensieri si sciolgono nella luce e, nel buio, rimangono oscuri. Il giorno è chiarissimo dolore, la notte dolcissima stempera ogni memoria e ci conforta con la sua vaga tristezza.

Ma alcune cose restano, fissate come la trama di una ragnatela su cui splendono gemme argentate e gocce di pioggia inzuppate di luna.

Avvenne quell’estate, sotto un pallido cielo, che un’improvvisa bruma assai densa ci avvolgesse subito prima dell’alba.”

Due mondi si sfiorano nell’alba, momento di passaggio  dalle tenebre alla luce, dove la dolcezza e l’amarezza insite in ogni perdita si uniscono .

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Neve sull’argine grande è invece un racconto poetico che prende spunto dall’ “Autoritratto con paesaggio”  di Matteo Pedrali e accarezza le varie sfumature dell’amore nell’alternanza di giorno e notte, delle luci e delle ombre dell’umano sentire. Questo  post è un bell’esercizio di scrittura  di  Spartaco Mencaroni  che riesce a  dipingere con descrizioni accurate e incisive.

 

Di notte accadono cose che non si possono capire, ma solo intuire. “Ma quest’inverno è 37diverso. C’è uno strano freddo, che entra nell’anima. Le giornate non sono mai del tutto luminose ed è come se la notte assediasse le ore di luce. Posso sentire le ombre, si spingono ai margini del giorno, in attesa del buio.”   Nelle Notti d’inverno si snoda una storia  avvincente che sconfina dal mondo  reale a quello immaginario  negli inesplorati meandri della mente umana,  popolati da inquietanti presenze.

E infine veniamo  a noi.  Io e Skip ci siamo un po’ persi tra notti, stelle , lune e sensazioni. 

 

bambina con gatto“Caro lettore accingiti a seguirmi  e a percorrere con calma lunghe strade  di polvere e  germogli  tracciate nella memoria dei cuori e delle menti di chi narra storie e leggende, ora nascoste  dalle  tenebre della superstizione  e della vendetta, ora illuminate dalla  dolcezza dell’amore  e dalla magia della natura.” È l’incipit di  “Non avevo mai visto occhi così verdi”. Di chi? Provate a  scoprirlo nella storia di Cecilia, presunta o vera strega bambina, Tommaso e il Gatto, personaggi reali e fantastici in una storia un po’ misteriosa.

 

“L’anima è piena di stelle cadenti (Victor Hugo) “e anche la notte di San Lorenzo che ha ispirato semplici riflessioni e una grande meraviglia di fronte a uno spettacolo che si ripete e non stanca mai.

 

“Pompei, maledetta dalla natura e benedetta dagli dei, suggestiona chiunque nei suoidomus pompei chiaroscuri, nell’eco remota che risuona dentro, nella sua  immensità costellata da vibranti fiammelle che segnano il percorso, quasi a ricordo del percorso esistenziale dell’umanità. “Qui siamo felici” è l’epitaffio più bello in memoria di una città che ha ancora tanto da dire indistintamente a tutti.”

Hic sumus felices – Le magiche Lune di Pompei è un post ove dalla storia di Pompei , esplorata in visite notturne, si approda a riflessioni che accomunano l’umanità del passato e del presente .  

In una notte d’autunno è un  breve sguardo dentro di sé per ritrovare “ l’anima bambina. La stessa che tace parole non scritte per pudore e per timore di annoiare e di ferirsi. La stessa che ora si lascia decantare e si placa  nell’ abbraccio  di una morbida notte  d’autunno.” 

serena notte

Siamo quasi  arrivati alla conclusione del Carnevale  e io e Skip ringraziamo tutti i partecipanti e i lettori per avere seguito questa luuuuuuuuuunga rassegna.Ricordiamo che la quarta edizione del Carnevale della Letteratura sarà ospitato su Scienza e Musica di Leonardo Petrillo che ha scelto come  tema “ il tempo”. Potrete segnalare i link di vostri  post inerenti il tempo entro la fine di settembre .

 

Ora ci congediamo  lentamente e vi regaliamo un ultimo e splendido omaggio di Fernando Pessoa alla Signora  che, nelle sue mille sfumature ,  ci ha ispirati e guidati perché “La notte non è meno meravigliosa del giorno, non è meno divina; di notte risplendono luminose le stelle, e si hanno rivelazioni che il giorno ignora.” ( Nikolaj Berdjaev)

tutteleluneOde alla notte

Vieni, Notte antichissima e identica,
Notte Regina nata detronizzata,
Notte internamente uguale al silenzio, Notte
con le stelle, lustrini rapidi
sul tuo vestito frangiato di Infinito.
Vieni vagamente,
vieni lievemente,
vieni sola, solenne, con le mani cadute
lungo i fianchi, vieni
e porta i lontani monti a ridosso degli alberi vicini,
fondi in un campo tuo tutti i campi che vedo,
fai della montagna un solo blocco del tuo corpo,
cancella in essa tutte le differenze che vedo da lontano di giorno,
tutte le strade che la salgono,
tutti i vari alberi che la fanno verde scuro in lontananza,
tutte le case bianche che fumano fra gli alberi
e lascia solo una luce, un’altra luce e un’altra ancora,
nella distanza imprecisa e vagamente perturbatrice,
nella distanza subitamente impossibile da percorrere.
Nostra Signora
delle cose impossibili che cerchiamo invano,
dei sogni che ci visitano al crepuscolo, alla finestra,
dei propositi che ci accarezzano
sulle ampie terrazze degli alberghi cosmopoliti sul mare,
al suono europeo delle musiche e delle voci lontane e vicine,
e che ci dolgono perché sappiamo che mai li realizzeremo.
Vieni e cullaci,
vieni e consolaci,
baciaci silenziosamente sulla fronte,
cosi lievemente sulla fronte che non ci accorgiamo d’essere baciati
se non per una differenza nell’anima
e un vago singulto che parte misericordiosamente
dall’antichissimo di noi
laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
perché li sappiamo senza relazione con ciò che ci può
essere nella vita.
Vieni solennissima,
solennissima e colma
di una nascosta voglia di singhiozzare,
forse perché grande è l’anima e piccola è la vita,
e non tutti i gesti possono uscire dal nostro corpo,
e arriviamo solo fin dove arriva il nostro braccio
e vediamo solo fin dove vede il nostro sguardo.
Vieni, dolorosa,
Mater Dolorosa delle Angosce dei Timidi,
Turris Eburnea delle Tristezze dei Disprezzati,
fresca mano sulla fronte febbricitante degli Umili,
sapore d’acqua di fonte sulle labbra riarse degli Stanchi.
Vieni, dal fondo
dell’orizzonte livido,
vieni e strappami
dal suolo dell’angustia in cui io vegeto,
dal suolo di inquietudine e vita-di-troppo e false sensazioni
dal quale naturalmente sono spuntato.
Coglimi dal mio suolo, margherita trascurata,
e fra erbe alte margherita ombreggiata,
petalo per petalo leggi in me non so quale destino
e sfogliami per il tuo piacere,
per il tuo piacere silenzioso e fresco.
Un petalo di me lancialo verso il Nord,
dove sorgono le città di oggi il cui rumore ho amato come un corpo.
Un altro petalo di me lancialo verso il Sud
dove sono i mari e le avventure che si sognano.
Un altro petalo verso Occidente,
dove brucia incandescente tutto ciò che forse è il futuro,
e ci sono rumori di grandi macchine e grandi deserti rocciosi
dove le anime inselvatichiscono e la morale non arriva.
E l’altro, gli altri, tutti gli altri petali
– oh occulto rintocco di campane a martello nella mia anima! –
affidali all’Oriente,
l’Oriente da cui viene tutto, il giorno e la fede,
l’Oriente pomposo e fanatico e caldo,
l’Oriente eccessivo che io non vedrò mai,
l’Oriente buddhista, bramanico, scintoista,
l’Oriente che è tutto quanto noi non abbiamo,
tutto quanto noi non siamo,
l’Oriente dove – chissà – forse ancor oggi vive Cristo,
dove forse Dio esiste corporalmente imperando su tutto…
Vieni sopra i mari,
sopra i mari maggiori,
sopra il mare dagli orizzonti incerti,
vieni e passa la mano sul suo dorso ferino,
e calmalo misteriosamente,
o domatrice ipnotica delle cose brulicanti!
Vieni, premurosa,
vieni, materna,
in punta di piedi, infermiera antichissima che ti sedesti
al capezzale degli dei delle fedi ormai perdute,
e che vedesti nascere Geova e Giove,
e sorridesti perché per te tutto è falso, salvo la tenebra e il silenzio,
e il grande Spazio Misterioso al di la di essi… Vieni, Notte silenziosa ed estatica,
avvolgi nel tuo mantello leggero
il mio cuore… Serenamente, come una brezza nella sera lenta,
tranquillamente, come un gesto materno che rassicura,
con le stelle che brillano (o Travestita dell’Oltre!),
polvere di oro sui tuoi capelli neri,
e la luna calante, maschera misteriosa sul tuo volto.
Tutti i suoni suonano in un altro modo quando tu giungi
Quando tu entri ogni voce si abbassa
Nessuno ti vede entrare
Nessuno si accorge di quando sei entrata,
se non all’improvviso, nel vedere che tutto si raccoglie,
che tutto perde i contorni e i colori,
e che nel cielo alto, ancora chiaramente azzurro e bianco all’orizzonte,
già falce nitida, o circolo giallastro, o mero diffuso biancore, la luna comincia il suo giorno.

Fernando Pessoa

 

immagini dal web
 

Hic sumus felices – Le magiche Lune di Pompei

Da maggio a ottobre  del 2010 e 2011  il Parco Archeologico degli Scavi di  Pompei ospitò l’edizione di “ Le  Lune di Pompei”, consistente in  visite notturne del sito archeologico. Per la terza edizione del Carnevale della Letteratura  ricordo quelle notti del 2010 e 2011 che per me sono state tra le  più magiche e suggestive finora vissute.

domus pompei

 

Nel chiarore magico e  misterioso delle Lune Eterne ( la Luna di Morte, la Luna della Speranza, la Luna Virtuale, la Luna della Vita, la Luna che non c’è, la Luna che si Diverte) l’antica città sepolta  racconta i misteri non svelati, che mai hanno abbandonato Pompei .

necropoli lune di pompei

Il percorso parte dalla necropoli di Porta Nocera,  prosegue nell’Orto dei Fuggiaschi, continua verso la Casa del Giardino d’Ercole, in via dell’Abbondanza, soffermandosi nella casa del profumiere, di Octavius Quartius,erroneamente  chiamata in un primo tempo domus di Loreius Tiburtinus, di Venere in Conchiglia e infine si conclude con suggestivi ed onirici giochi di luce nell’Anfiteatro. La voce dell’attore Luca Ward e alcune proiezioni guidano il pubblico in una suggestiva ed eterna realtà parallela per fare vivere e rivivere  Pompei.

L’eruzione del Vesuvio, per l’esattezza  del monte Somma,  nel 79 d. C. fermò la vita di orti dei fuggitivi pompeiPompei sotto una coltre di cenere e lapilli spessa 6-7 metri. La maggior parte degli  abitanti, fuggiti dalle case, trovarono la morte  sul litorale. I pochi rimasti, sperando di salvarsi nei sotterranei  delle abitazioni, morirono asfissiati. Toccanti testimonianze della tragedia sono  i calchi dei Fuggiaschi, ricostruiti  dall’archeologo Giuseppe Fiorelli nel 1863  versando gesso liquido nelle cavità lasciate dai corpi nello strato di cenere.

Camminare per le vie di uno dei siti archeologici più suggestivi  e famosi del mondo, è sempre emozionante. È come viaggiare a ritroso nel tempo. Passeggiare di notte  in una Pompei  illuminata da splendenti Lune piene, seguendo un itinerario tracciato da fiammelle, è un’esperienza unica ed affascinante.

via dell'abbondanza pompeiPassare in punta di piedi sulla strada , esterna alla cinta  della città e conducente  a Nocera, fiancheggiata da numerosi sepolcri monumentali dà l’impressione di violare e consacrare allo stesso tempo la profonda  intimità della morte in una città apparentemente muta e  deserta. Qui si coglie la ciclicità di vita e morte, ove la morte non è frattura o interruzione ma è una delle incombenze dell’uomo, un continuum  della vita e la vita è commistione di otia e negotia , di sacro e profano confluenti nel mito. “Si tenevano in casa le ceneri o le immagini dei propri avi; li si salutava entrando, i vivi restavano in contatto con loro; all’entrata della città, le loro tombe allineate ai due lati della strada,  somigliavano a una prima città, quella dei fondatori”(H.Taine – “Viaggio in Italia”)

Qui però stranamente si continua a respirare la vita quotidiana dell’antichità nelle abitazioni e nelle botteghe, il fermento dei luoghi pubblici, la devozione per gli dei e la pietas per i defunti, il gusto raffinato per l’arte e i piaceri della vita, il valore del talento, dell’ingegno e dell’operosità.

Le Lune di Pompei splendono in alto riversando un’aura di bianca quiete su luoghi che raccontano a tutti per essere ascoltati da alcuni.

 

Gli orti, arricchiti di filari  e di ulivi dalla chiome argentate, nel 1961 restituirono alla storiacalchi vittime pompei 2  tredici vittime dell’eruzione, asfissiate dal gas e dalle ceneri durante la fuga. Nei cosiddetti Orti dei Fuggiaschi il destino di Pompei parla a chiunque. La pietas erompe alla vista di  sagome contorte e sofferenti. L’immaginazione assume una dimensione tristemente più concreta, ma proprio quei calchi fanno rivivere la città. I vuoti dei corpi si riempiono di  tutta la vita narrata sui muri e sui basoli sconnessi, nelle domus, tabernae, terme, teatri e foro dando una dimensione umana ad una civiltà grandiosa.

 

tabernaeOgni  muro, colonna, cubiculum, peristilio, cespuglio di rosmarino, giardino interno  respira ancora e l’immaginazione restituisce gli affreschi, i mosaici, le suppellettili e le statue che arricchivano gli spazi, ora deserti, dove ti senti un intruso in uno scenario fuori dal tempo e percepisci  un invadente senso di solitudine che ti riempie di riverente stupore ed ammirazione  per un  qualcosa di irraggiungibile e grande.

 Come il bello che traspare dalla domus più raffinate. E ti pare di sentire le fragranze della casa del profumiere, di vedere scorrere l’acqua nella lunga vasca di marmo ombreggiata da una pergola nella casa di Octavius Quartius. Ti pare di vedere brillare al sole i personaggi mitici e leggendari  di altri tempi e civiltà.

venere in conchiglia pompei

E ti chiedi chi possa avere calpestato quella strada, chi si sia fermato sull’uscio di quella locanda, chi sia l’autore di questi graffiti che,in questi casi, non informavano nè provocavano ma comunicavano per davvero un modus vivendi.

hic sumus felices graffiti pompei

“ HIC SUMUS FELICES” cioè “QUI  SIAMO FELICI”.

Una solenne proclamazione  di gioia e vitalità collettiva che associo a tutte le genti che vivevano Pompei. Uno squillo per i secoli a venire , una speranza di buon augurio per noi,  provenienti dal futuro, incapaci soltanto di definire la felicità se non per difetto e tanto meno di scrivere una cosa del genere sui muri di una qualsiasi città. “Qui siamo felici.” E sarà una delle magiche  lune di Pompei  o il fascino acuito dalle ombre di una dolce notte d’estate, sarà il mistero di queste strade percorse da chissà chi  e di questi muri  che raccontano più di mille parole, ma in questa scritta graffiata c’è tutta la vita, la forza  prorompente e la grandezza di una civiltà. Qui siamo felici. E non provo invidia ma commozione e un senso di compiaciuta appartenenza a un patrimonio universale, a una sorta di  Eden nascosto, carpito attraverso le fonti storiche. 

Pompei, maledetta dalla natura e benedetta dagli dei, suggestiona chiunque nei suoi chiaroscuri, nell’eco remota che risuona dentro, nella sua  immensità costellata da vibranti fiammelle che segnano il percorso, quasi a ricordo del percorso esistenziale dell’umanità.“Qui siamo felici” è l’epitaffio più bello in memoria di una città che ha ancora tanto da dire indistintamente a tutti.

 Scontenti e perennemente incontentabili, riusciremo mai ad annunciare ai posteri “Qui siamo felici” non per effetto di una momentanea scarica di adrenalina o senza cedere ad una qualsiasi forma di finzione?

 casa del profumiere 1casa profumiere pompeinecropoli porta nocera pompeigraffiti pompei 2graffiti pompei 3affreschi pompei

Sono Portentosi Questi Romani (2766 ° Natale di Roma)

Oggi Roma ha festeggiato il suo 2766° anno dalla fondazione che si fa risalire al 21 aprile del 753 a. C , quando  Romolo tracciò il solco del perimetro della città sulle pendici del Palatino. Lo storico Marco Terenzio  Varrone e l’astrologo Lucio Taruzio furono i primi a definire approssimativamente  le origini della città, che però in seguito si fecero coincidere con i festeggiamenti dei Palilia del 21 aprile. Tra storia e leggenda per secoli si è festeggiato il Natale di Roma, caduto in disuso dopo il crollo dell’Impero , recuperato poi dalla breve  Repubblica Romana del Risorgimento e dal fascismo. 

Anche quest’anno  una serie di mostre, visite guidate, manifestazioni e spettacoli serali  sul Natale di Roma  hanno voluto rendere omaggio alla Città eterna. Non potevo perdermi il corteo di ben 2000 figuranti di oltre sessanta  associazioni,  provenienti da 12 paesi europei, che  hanno rievocato e fatto rivivere i fasti della Roma imperiale.  Centurioni  e soldati di ogni parte del vasto Impero Romano, matrone, cortigiane, danzatrici, vestali, la dea Roma, sacerdoti, senatori, pretoriani, gladiatori si sono riuniti nel Circo Massimo per attraversare la città passando davanti   al Colosseo. 

 

L’anno scorso è stato interessante , a mio parere, lo scambio di doni tra  il Gruppo storico romano e  il sindaco Alemanno: il gruppo ricevette  una medaglia del Natale di Roma, dedicata  alla battaglia di Ponte Milvio di circa 1700 anni fa, e offrì al  sindaco ampolle piene d’acqua dei fiumi e dei mari d’ Italia e di  terra dei luoghi più significativi della penisola.  Quest’anno ha ricevuto una medaglia dal Presidente della Repubblica per la meritevole rievocazione storica  che, attraverso una fedele riproduzione  di  usi e costumi,   coinvolge gente di varia età e provenienza per  celebrare  Roma , caput mundi.  Oggi ci basta riconoscerla capitale d’Italia e centro delle istituzioni repubblicane . 😉

 

Un, due, tre…cinquantuno, pillicciò!

Ebbene sì, ci sono. Ci sono tutti e cinquantuno, tondi tondi. Sono nella traversata  dell’oltre  mezzo secolo, dei cinquant’anni. Caspita! Se li pronuncio lentamente,cin-quan-tu-no-an-ni  sembrano davvero tanti. Come mi sento? Come dagli -anta in su, forse solo più corazzata. Finalmente posso spaparanzarmi comodamente nella mezza età.

Ho sbirciato in un libretto sul linguaggio segreto delle date di nascita e riconosco che mi hanno “pittata” (dipinta) abbastanza bene.

Sono nata nel giorno dell’audacia (augh!). In pratica- come è scritto- ho il coraggio di essere me stessa (coraggio o incoscienza?) e di portare a compimento progetti ed idee (capatosta sono). Pur non avendo paura dell’opposizione altrui (dei figli pestiferi, vero?) o di dover combattere per affermare il mio modo di vita, non cerco quasi mai il confronto diretto (anche se a volte non è facile domare l’impulsività). La mia audacia non diventa mai temerarietà (meno male!): è piuttosto una forza morale basata su saldi princìpi e sul comune buon senso (almeno  ‘sti “-anta” servono a qualcosa). Ad un certo punto della vita, dovrò affrontare un radicale cambiamento di professione, quando l’insorgere della mia vera vocazione spazzerà via anni e anni di preparazione a un altro lavoro (vuoi vedere che mi ritirerò davvero in un convento senza preoccupazioni di casa, famiglia e lavoro , come auspico nei  momenti critici ?). Si tratta di un momento davvero importante nella mia vita (faciteme stà quiet che di recente ho cambiato città). Agli occhi altrui può sembrare che io corra troppi rischi (tranquilli, ho le spalle larghe), o che mi comporti in maniera sconsiderata (perché oso stanare?…lei mi capisce amme)

 È scritto che amo molto la mia professione (fin troppo…) e questo, insieme a una gran sete di indipendenza (chi fa da sé, fa per tre), rende alquanto difficile una normale vita familiare (le peregrinazioni lavorative del consorte ve le siete scordate?). Eppure paradossalmente avrei bisogno di sentirmi sistemata, per questo tenderò ad aggrapparmi a un homo comprensivo che dovrebbe sostenermi (mò appendo un cartello sul letto. “Consorte sostienimi” – ‘na parola sostenermi a cinquant’anni!  :D)

I nati nel mio giorno si distinguono in due tipi (mi ritrovo in entrambi, è grave?): il tipo solitario, che lavora da solo ai propri progetti, sviluppando uno stile, un’abilità, un talento tutto suo, in condizioni di relativo isolamento dagli altri (è vero perché ho bisogno di ritrovarmi nella solitudine); il secondo tipo è una luminosa stella sociale, un leader (direi piuttosto un panzer) animato da uno zelo missionario (e qui ricasca il convento…) che può galvanizzare gli altri attirandoli verso una comune grande impresa (di pulizia?). Benchè tenda a suscitare apprezzamento (o timore) e sia un po’ vanitosa (giàggià), da vera guerriera (augh!) conosco bene i miei limiti e anche se, per curiosità o desiderio di capire, mi spingo fino alla soglia del proibito (ehhhh?), raramente lo oltrepasso (ahhhhhh, volevo dire). Mi consigliano di:

calmare la mia intensità e tenere a freno il lato troppo ossessivo-costrittivo del mio carattere (posso uccidere il super ego?)

godere i semplici piaceri della vita (avete interrogato il mio frigorifero?)

seguire il cuore qualche volta, non sempre la testa (decapitatemi!), e imparare a spegnere, quando è necessario, il mio motore (quando lo spegnerò , vorrà dire che non ci sarà più tempo per nulla.)

Devo coltivare la capacità di rilassarmi (sante parole!), per non lasciarmi deprimere e debilitare da temporanei insuccessi (non mi arrendo! Doppio augh!).Sarà bene avere un’area privata e personale in cui rifugiarmi periodicamente per ricaricarmi (già fatto: ho tempi e interessi miei).

 Come arietina sono governata dal potente ed energico Marte (Er belligerante), sono fiera e dinamica, ostinata (e ci credo, oltre alle corna di sfondamento dell’ariete mi trovo pure quelle di attacco dell’ ascendente toro!) e curiosa (una vera scimmia).  Non la prendo molto bene quando vengo fraintesa (aprite bene le ‘recchie, no?) o scambiata per qualcosa che non sono (e ci credo!).

Avrei la forza di procedere nello sviluppo dei miei progetti (poi mi spiegate ch’aggia progettà di così importante), anche se non vengo notata (meno male!) prima o poi alcuni si accorgeranno della mia personalità (poveri loro) e delle mie doti (scarsette in verità) e quasi con devozione (è scritto proprio così…) saranno pronti ad adorarmi e a venerarmi (ma dico io, pure santa mi fanno diventare? Aspettate prima che vada in convento, no?). Non è detto che sia un’egocentrica (bontà vostra), è più facile che insegua i miei sogni ( o i sogni inseguano me, che dormo sempre meno) e tenda ad esteriorizzare le mie sfide personali e interiori (a cinquant’anni e più  non ho pudore di parlare di me). Di fronte a difficoltà che non prevedono la possibilità di soluzioni esterne, posso cercare risposte all’interno di me (scusate ma quale altra chance avrei ?), accettando una necessaria modificazione della personalità (la donna è mobileee…)

 E come quando si giocava a nascondino, si faceva la conta e si gridava trentuno pillicciò, che non so cosa significhi, oggi aggiorno il post e mi va di scrivere cinquantuno pillicciò, per scovare non i tanti  anni della mia vita, ma per rivedere la vita dei miei, tanto cari, cinquantun anni.