I fatti di Colonia tra denunce, responsabilità, reazioni, opinioni, strategie politiche affinchè i diritti e le libertà delle donne siano valori indiscutibili e non negoziabili

Nella notte di san Silvestro a Colonia le donne, affluite nella piazza vicina alla Cattedrale e alla stazione centrale per festeggiare il Capodanno, sono state circondate da circa mille uomini, suddivisi in  gruppi di 20 -30,  e sono state molestate, palpate, umiliate, derubate. Le forze dell’ordine non sono riuscite a contenere  i vari branchi,  gli uomini che accompagnavano le donne non riuscivano a opporre resistenza, qualcuno è stato derubato e malmenato. Il giorno dopo da un rapporto della polizia non risultava nulla dei disordini e delle aggressioni, ma hanno iniziato a fioccare prima 30, poi 40, 150, 300, fino a più di 600 denunce di molestie sessuali, messe in atto  quasi contemporaneamente anche in altre città tedesche  come Amburgo, Francoforte, Stoccarda, Düsseldorf , mentre a Bielefeld,  in Vestfalia, 500 uomini hanno aggredito le ragazze presenti  nella discoteca Elephant Club.

La notizia ha iniziato a rimbalzare in rete e attraverso i media, suscitando un generale sdegno e tanti interrogativi. Dalle testimonianze risultava che i branchi erano composti perlopiù da nordafricani e arabi, ubriachi ed esaltati. Il capo della polizia di Colonia ha subito ammesso che le aggressioni, così come sono avvenute, dovevano essere state coordinate ed è stato mandato in pensionamento anticipato per la gestione della sicurezza e dell’informazione dopo le violenze di Capodanno; in seguito  il Ministro della Giustizia tedesco ha dichiarato che gli attacchi sono stati pianificati. Le notizie, spesso frammentarie e contraddittorie,  hanno suscitato disorientamento nell’opinione pubblica internazionale. Alcune domande  sorgevano spontanee: come mai una così massiccia concentrazione di extracomunitari in quella piazza, come mai queste aggressioni sono avvenute oggi e non in passato? Come mai alcuni aggressori sono confluiti da centri a 100 km di distanza, se non addirittura dalla Francia e dall’Olanda, come hanno poi scritto in seguito?  Una prima lettura dei fatti di Colonia è emersa in due editoriali. In “Il corpo delle donne e il desiderio di libertà di quegli uomini sradicati dalla loro terra” lo scrittore algerino Kamel Daoud  ammette: “Del rifugiato vediamo lo status, non la cultura. E così l’accoglienza si limita a burocrazia e carità, senza tenere conto dei pregiudizi culturali e delle trappole religiose…Nel mondo di Allah il sesso rappresenta la miseria più grande” .

 Invece in  “Quegli uomini che negano le violenze contro le donne”– i fatti di Colonia e la profonda ferita nella coscienza europea-  Aldo Cazzullo denuncia l’incredibile sottovalutazione della situazione che lascia una ferita perché tutti  pensano che poteva capitare a una sorella o una figlia che esce per festeggiare il Capodanno in piazza, per vivere spensieratamente la sua libertà. Incredibile il tardivo riconoscimento di quanto accaduto, confermato dal primo rapporto della polizia tedesca che riferiva di  una nottata pacifica. Del resto in Germania si è indulgenti verso gli eccessi festaioli sia dell’Oktober Fest, del Carnevale e del Capodanno dove l’alcool libera da freni inibitori e i fuochi sono lanciati ad altezza uomo, a dispetto della nomea di Napoli.

Allarmismi infondati o differenze culturali sottovalutate? Certe sono le molestie e le oltre 600 denunce, le insufficienti misure di prevenzione e sicurezza, la sottovalutazione della situazione da parte delle forze dell’ordine, sia prima i fatti di Capodanno che durante il loro svolgimento. Il direttore generale dell’anticrimine della Renania Settentrionale Vestfalia, nel rapporto presentato a una seduta speciale del parlamento regionale a Düsseldorf, ha poi dichiarato che dalle indagini sulle molestie nella notte di San Silvestro NON risultava  nessuna organizzazione o guida degli attacchi . 

Reazioni.

 Intanto si è subito scatenata una duplice  reazione: quella degli  hooligan, impegnati in  una caccia all’uomo nel centro storico di Colonia conclusasi col ferimento di  pakistani e siriani,  più un  corteo del movimento xenofobo di estrema destra Pegida ( Patrioti Europei contro l’Islamizzazione dell’Occidente), e  quella  delle donne che hanno inscenato flash mob di protesta.  Strano come gli artefici di vandalismi, violenze gratuite e misoginia si siano prontamente  elevati a paladini dei diritti delle donne,  tant’è che ciò ha alimentato una tesi complottista  che li vede come anonimi fomentatori delle violenze via Whatsapp.

Dalla  ricostruzione ora per ora dei fatti di Colonia, pubblicata sul Corriere della Sera, si è aperto uno scenario inquietante e  si è avuta conferma  che il tutto non era solo dovuto al temporaneo uso di alcool e stupefacenti, alle eccessive scariche di adrenalina che contagiano il branco. Intanto il sindaco di Colonia, Henriette Reker, ha infelicemente consigliato alle donne di tenersi a un braccio di distanza dagli immigrati in occasione delle manifestazioni di piazza, provocando così prevedibili e immediate  contestazioni. Si consideri che durante la campagna elettorale  l’ attuale sindaco fu  ferita in un’aggressione xenofoba per il suo impegno a favore dei richiedenti asilo e di una politica d’integrazione.Ciò fa intuire che i continui arrivi dei rifugiati in Germania, molto avversati dalla destra,  abbiano creato problemi di integrazione e di  convivenza con i tedeschi, una situazione sociale apparentemente tranquilla,  poi precipitata e resa visibile agli occhi del  mondo intero. 

In Egitto

Questi fatti di Colonia  però dovevano pur avere una spiegazione logica, non per altro per esorcizzare la comprensibile e generale paura.  Intanto in rete sono stati segnalati articoli sulle violenze contro le donne in Egitto, sulla pratica del ” cerchio dell’inferno”, consistente nell’accerchiamento e  nello stupro collettivo  delle donne che osano frequentare le piazze di notte o vestire come le occidentali. Ciò si è verificato soprattutto al Cairo, in Piazza Tahrir, durante la rivoluzione egiziana del 2011 ove le donne volevano festeggiare  e invece ebbero conferma che nulla sarebbe cambiato per loro nella società patriarcale esistente. Questi stupri sono stati spesso strumentalizzati politicamente,  prima messi in atto dai soldati dell’esercito di Morsi poi anche dai ribelli nei giorni della protesta contro il governo di Morsi, ormai deposto, quando  novantuno donne,  scese in piazza per manifestare, sono state aggredite e violentate da gruppi di uomini, forti  dell’impunità. In  rete sono reperibili  testimonianze e video impressionanti  di questa pratica, di cui rimase vittima anche la  giornalista francese Caroline Sinz.

Nelle piazze egiziane si attivarono volontari, i “Tahrir Body Guard”, riconoscibili dai giubbini fluorescenti e  pronti a intervenire e mettere in salvo le donne in difficoltà come risulta da questo video del Corriere che è una breve sintesi di quegli stupri collettivi. Spesso le nordafricane  non denunciavano, e non denunciano, le violenze subite sia perché non hanno séguito con condanna dei colpevoli, sia  perché sono ritenute gravemente disonorevoli e  implicano quindi l’impossibilità di sposarsi oltre a  una perenne discriminazione sociale. 

Ben presto trova conferma ciò che maggiormente si temeva. Un rapporto del Ministero di Giustizia della Renania Settentrionale- Vestfalia e l’Ufficio federale tedesco di polizia criminale hanno  definito “taharrush gamea” (termine arabo che indica la pratica di molestie- violenze  sessuali di gruppo che si svolgono in strada  e in mezzo alla folla), le molestie della notte di san Silvestro a  Colonia, come quelle  di Piazza Tahrir, perpetrate da uomini “quasi esclusivamente” di contesto migratorio “nordafricano e arabo”, di recente arrivo.  

Le reazioni della stampa.

Interessante notare  come  la stampa di destra abbia molto sottolineato la provenienza dei responsabili per contrastare la politica di accoglienza  a sostegno invece di quella   xenofoba. La stampa di sinistra ha rilevato invece l’inefficienza delle forze dell’ordine, la necessità di una più  efficace politica di integrazione, soprattutto culturale,  l’immediata  ed energica reazione della Merkel. È emersa  anche una tesi complottista per cui i messaggi di incitamento alle violenze sarebbero stati anonimamente inviati da estremisti di destra per fomentare l’odio razziale e religioso.

Questi sono più o meno i fatti che sinceramente, a dir poco, mi hanno molto disturbata . Quel che continua a stupirmi è la posizione delle donne, poco manifestata e sentita attraverso i media, e non a caso ho deciso di scriverne. Subito dopo i fatti, circa 300 donne hanno improvvisato flash mob di protesta nella piazza dei misfatti, altre hanno partecipato al corteo organizzato dal movimento  Pegida  di estrema destra. Mi chiedo se esista un movimento femminista in Germania, che fino a poco tempo fa nel mio immaginario appariva come la nazione dell’efficienza,  delle mille opportunità , del benessere socio culturale. Unica voce forte e chiara, sin dall’inizio, è stata quella di Angela Merkel che ha subito richiesto leggi più dure ed effettivamente applicate e ha annunciato la revoca del diritto di asilo ai profughi che risultino colpevoli.

Le opinioni  di alcune intellettuali italiane.

In Italia Dacia Maraini dichiara che siffatti reati sono stati compiuti da migranti di seconda e terza generazione, emarginati sociali che trovano soddisfazione nel provocare terrore;  invoca una revisione della politica di accoglienza, un rispetto fermo delle nostre leggi, delle libertà conquistate dalle donne, dei nostri valori e delle nostre abitudini. Un rispetto che deve essere reciproco e costruito sul piano culturale. 

Natalia Aspesi  fa un discorso generale sulla violenza di genere  “Quella notte, a Colonia, ma anche altrove, le donne si sono ritrovate completamente sole, tra maschi violenti, maschi indifferenti, maschi spaventati. Di nuovo dentro la loro storia secolare di isolamento, impotenza, sopraffazione, abbandono, pericolo, che ogni tanto sembra finita e invece non lo è mai: probabilmente ancora una volta usate per consentire a un branco di maschi di disprezzarle e rimetterle al loro posto di sottomissione e irrilevanza, e a un altro branco di maschi di ergersi, dopo i fatti e solo a parole, a indispensabili protettori, a eroici paladini della loro libertà, che per secoli hanno ostacolato e ostacolano tuttora; e a un altro branco ancora a servirsene come pedine di una sporca politica.”  

La scrittrice Lorella Zanardo  si è espressa duramente sulla tardiva reazione di condanna da parte delle femministe italiane, come se ci fosse qualche perplessità nel riconoscere le responsabilità degli immigrati, ha chiaramente detto che prima devono essere tutelati i  diritti delle donne e poi degli altri, e che è indecisa sulla sua partecipazione alla manifestazione a Colonia, annunciata  per il 4 febbraio, perché teme che possa ridursi a una semplice passerella.

L’antropologa  e sociologa Amalia Signorelli denuncia:  “ A Colonia una guerra tra maschilisti. Le violenze prima. La strumentalizzazione poi. Perché l’uomo occidentale difende le donne per sentirsi superiore ai musulmani.” In pratica la donna è sempre considerata terra di conquista dell’uomo che se ne serve  per affermare la propria supremazia e riconosce che oggi le donne quasi temono di esporsi nel manifestare dissenso, anche perchè “femminista” è intesa in un’accezione negativa, grazie anche alle più recenti generazioni che vivono di rendita delle battaglie intraprese da altre donne a partire dagli anni ’70.  

Manifestazioni sì o no?

Inizialmente  pareva che il 4 febbraio a Colonia, proprio in occasione del Carnevale che prevede un grande affluenza di persone, si sarebbe svolta una manifestazione. Si discuteva se  consentirne la libera partecipazione a donne provenienti dalle  varie parti d’Europa,  poi per motivi  di sicurezza solo  ad alcune intellettuali italiane e contemporaneamente le manifestazioni avrebbero dovuto svolgersi anche in altre piazze d’Europa ( auspicando magari  la presenza di  donne e uomini musulmani che condannano queste violenze) . Ammetto che di questa manifestazione non ho trovato più notizie. Intanto  la tradizionale sfilata dei carri carnevaleschi è stata sospesa a Rheinberg per timore  delle aggressioni sessuali e per l’impossibilità di attivare idonee misure di sicurezza, e  nella città tedesca di Bornheim, vicino Bonn, il Comune ha vietato l’ingresso nella  piscina pubblica a profughi maschi in seguito a segnalazione di molestie da parte delle ragazze che la frequentano.

 In Italia.

La violenza di genere esiste, in Italia come  in altri paesi europei . Un giornalista che chiedeva  a un giovane italiota nostro cosa pensasse delle molestie di Colonia si è sentito rispondere, con una superficialità che avrà disintegrato l’unico neurone dell’intervistato, che in una  situazione del genere ( di branco)  non si tirerebbe indietro dal partecipare alle molestie. Fatto grave che testimonia ancora una volta che manca una cultura di genere, e la consapevolezza che la violenza contro le donne  è trasversale a prescindere dall’estrazione socio culturale  e dalla nazionalità degli uomini.

dati-stupro-2014-grafico-torta-465x463Basti ricordare che  a fine dicembre 2014 il ministero di Giustizia minorile ha detto  di avere in carico ben 532 ragazzi condannati per stupro e 270 per stupro di gruppo. A questi si aggiungono alcune condanne per altri reati a sfondo sessuale (ad esempio abuso su minore e detenzione di materiale pornografico attraverso sfruttamento di minori in cui sono coinvolti maschi e femmine) per un totale di 973 ragazzi, di cui  235 sono stranieri e 738 italiani. Tra  le prime dieci provincie di  provenienza dei giovani delinquenti compaiono  città del sud, come Bari e Napoli, ma anche città del nord, come Bergamo e Trento, e le regioni più interessate sono la Puglia con 131 casi e l’Emilia Romagna con 129. Questi dati dimostrano come il fenomeno sia trasversalmente  diffuso a livello territoriale, come la violenza di genere si manifesti già in giovanissima età e come il silenzio sulla questione culturale impedisca il cambiamento. Se nel  1996 l’Italia ha riconosciuto lo stupro come reato contro la persona, e non più solo contro la morale, bisogna prendere atto che in questi  venti  anni le leggi non si sono rivelate  sufficienti, proprio perché  non supportate  da  un percorso  culturale ed educativo né da dure condanne.

Opinione personale

A mio avviso, manca una dichiarazione ufficiale  dell’Unione Europea a riguardo di  questi fatti, una forte  e univoca condanna in difesa dei  diritti delle donne. Ciò non significa  scatenare  uno scontro culturale, né avversare la politica di accoglienza e d’ integrazione, sulle quali dovranno interrogarsi e provvedere i singoli governi, ma riconoscere  la libertà  delle  donne, europee e non. Manca un discorso serio di legalità, forse per timore di aizzare la deriva destrorsa,  razzista e xenofoba che  serpeggia in tanti paesi europei. Invocare  il rispetto delle leggi e delle persone  dei paesi che accolgono, spesso impegnati nel rispetto delle tradizioni e  delle culture diverse e in un processo di integrazione, e chiedere l’immediata espulsione di chi delinque non significa essere xenofobi, bensì difendere diritti che sono stati così sfacciatamente violati.

Proprio  il  primo giorno del  2016 abbiamo avuto conferma che anche in Europa la violenza di genere può essere una strategia politica, come gli  stupri di massa che ci sono e ci sono stati in ogni guerra e a ogni latitudine.  Trovo  avvilente  dovere ricordare che i  diritti e le libertà delle donne sono valori indiscutibili e non negoziabili, che vanno garantiti e tutelati sempre e comunque,  perché soprattutto la molestia e la violenza sessuale  sono mortificanti e odiose e non possono assolutamente essere tollerate  da paesi che si dichiarano civili.

‘A Bella ‘Mbriana

Una schiera di figure magiche, misteriose, presenze oscure o benevoli, tramandate tra storia e leggenda,  popola le credenze popolari napoletane come il  monaciello, che ricordo nuovamente, perché mi ha particolarmente incuriosita. “ ‘O munaciello ( piccolo monaco) è uno spiritello irrequieto, irriverente e beffardo che  si nasconde, appare o si fa solo sentire, ride e diverte, piange e immalinconisce. Un piccolo e bizzarro folletto che  fa sparire oggetti o li fa cadere di mano, disturba il sonno del malcapitato o lo fa inciampare, inaridisce le piante, inacidisce il vino, spaventa gli animali, innervosisce i bambini, provoca sbalzi d’umore nelle fanciulle e pensieri vogliosi nel coniuge. Spesso è dispettoso come un bambino capriccioso, talvolta aiuta l’infelice o il bisognoso. Pare che abbia in simpatia le donne, le belle donne, alle quali lascia ricompense o regali. Animella vagante, triste e rabbiosa, divertente e spiritosa, è di buon augurio se indossa un cappuccio rosso, preannuncia mala sorte se invece ha un cappuccio nero.” (da “Lu munaciello”  in skipblog.it)

mbrianaAl dispettoso monaciello si contrappone una  figura affascinante  che vive  nell’immaginario collettivo dei napoletani: ‘a bella ‘Mbriana. La bell’ Ambriana è il più potente spirito benevolo, invisibile eppure sempre presente, che protegge la casa e i suoi abitanti  che le si rivolgono con fiducia e deferenza perché porta fortuna, un po’ come gli antichi Lari e i Penati divinità minori dell’antichità. È un nume tutelare che sceglie la casa in cui vivere e resta solo se vi trova accoglienza, rispetto, pulizia  altrimenti diventa irascibile, si allontana e se offesa, per esempio  da un trasloco o dai lavori di ristrutturazione da lei non voluti, può provocare la morte di un membro della famiglia. Insomma una fata nascosta, ora generosa e protettiva, ora altera e vendicativa nel caso di un torto subito. Non a caso tempo fa, quando si entrava   per la prima volta in una nuova abitazione si diceva “Bonasera, bella ’Mbriana”, qualcuno le lasciava dolci sul tavolo e comunque sempre una sedia libera, a volte un posto a tavola, un saluto ogni qualvolta si entrava o si usciva dalle tipiche  case antiche con ampie camere, corridoi, stanzini, terrazzini e mezzanini. Di solito è rappresentata come una donna piacente  oppure in  una statuetta di terracotta bifronte che da una parte mostra il volto velato di donna, dall’altro un fallo che simboleggia benessere e prosperità ( spesso in epoca romana lo si trovava anche negli affreschi e mosaici all’ingresso delle ville patrizie come amuleto contro l’ invidia e il malocchio) da nascondere  in un angolo della casa, se non addirittura murare durante la sua costruzione.

finestra2Ambriana deriva dal latino Meridiana (‘ Mmeriana), che indica l’ora più luminosa del giorno. Si crede, anzi si percepisce lievemente la sua presenza nella controra, cioè durante le prime e calde ore del pomeriggio, in un refolo d’aria  che smuove appena le tende o la si vede nel riverbero di una finestra o in una leggiadra farfalla. Da meridiana si pensa che derivi anche il termine napoletano maréa che indica l’ombra umana, che può offrire sollievo ma anche indicare l’inconsistenza  eterea della creatura. L’ombra trae origine anche da una leggenda che narra di una principessa che, in seguito alla morte di un prode e giovane innamorato, iniziò a vagare  come un’ombra  senza pace per la città. Il re, suo padre,  per proteggere la figlia ricompensava in forma  anonima coloro che la accoglievano e le offrivano un riparo sicuro nella loro casa. In conclusione la credenza nei fantasmi è costante in tutti i popoli e in epoche diverse, quindi la bella ‘Mbriana vive nell’intimità delle case per esorcizzare le paure e la precarietà dell’esistenza laddove ci sono malesseri e vi si radica con una presenza discreta finché può.

“Bonasera bella ‘mbriana mia
cca’ nisciuno te votta fora
bonasera bella ‘mbriana mia
rieste appiso a ‘nu filo d’oro,
bonasera aspettanno
‘o tiempo asciutto,
bonasera a chi torna a casa
co core rutto.”

(da “Bella ‘Mbriana” di Pino Daniele)

“La casa de li spasse, lo puorto de li guste” nel presepe napoletano

 La taverna è uno dei tre quadri fondamentali del presepe napoletano, insieme  alla Nascita e all’Annuncio ai pastori, che per la prima volta  nel 1507 fu  introdotta dal bergamasco Pietro Belverte in un presepe per i frati di San Domenico Maggiore. Dal 1600 in poi la taverna divenne uno spazio caratterizzante il presepe, un angolo di vita quotidiana che in primo piano capta l’attenzione di chi osserva. In effetti il presepe napoletano ha riprodotto e riproduce in sé personaggi, eventi, mode contemporanee e la stessa arte gastronomica vi confluì, considerando che raggiunse l’apice nel 1700.

Già verso la metà del ‘600 il marchese di Crispano censì a Napoli circa 210 taverne dove la tradizione culinaria era ben radicata. Pare che l’ambientazione della taverna sia da ricondurre  all’Osteria del Cerriglio, di fama europea, sorta nel ‘500 e ubicata tra i banchi Nuovi e Sedile del Porto, dietro Piazza Bovio e Corso Umberto. Era  ancora molto  rinomata nel ‘700 sia per la qualità delle pietanze  e del vino, sia perché frequentata da artisti e letterati, nobili e stranieri, amanti della buona tavola che lì venivano a contatto con il popolo e le prostitute.

 

 

Giambattista  Basile scrisse che era

”La casa de li spasse

lo puorto de li guste

dove trionfa Bacco

dove se scarfa  Venere e l’allegria

dove nasce lo riso

cresce l’abballo e  bernolea lo canto

s’ammansona la pace

pampanea la quiete

dove gaude lo core

se conforta la mente

se dà sfratto a l’affanno

e s’allonga la vita pe cient’anne”

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Nella locanda del Cerriglio  il  Caravaggio fu sfregiato al viso nel 1609 durante un soggiorno a Napoli. Qui si esponevano in bella vista una gran varietà di  prodotti alimentari e ortofrutticoli, che potevano  appagare l’atavica fame e la miseria del popolo, più di recente  rappresentate da Pulcinella o dal mangiatore di maccaroni :  salsicce, uova, polli, pesci e frutti di mare, ortaggi, frutta, formaggi, ricotte.

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Oltre ad essere il regno dell’abbondanza, lo era anche della convivialità partenopea e del  divertimento perché musicanti e donne allietavano gli avventori in cerca del piacere o delle chiacchiere sui fatti della città.

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Nella taverna primeggiavano  le colorate maioliche: piatti, zuppiere, lucerne, pavimenti, piastrelle, ampia testimonianza dell’artigianato locale.

taverna con monacoIn seguito, dalla fine del XIX secolo, gli studiosi di storia, di tradizioni e di antropologia rividero la simbologia del presepe e la taverna fu quindi considerata luogo di perdizione ove regnano i vizi di gola, lussuria, gioco ed ubriachezza;  a volte vi compaiono anche un monaco ubriaco, che rappresenta la corruzione temporale della chiesa, i giocatori di carte, detti Zì Vicienzo e Zì Pascale che  hanno poteri divinatori e l’oste che diviene un personaggio demoniaco.

 

Quest’anno vi  segnalo due mostre sull’arte presepiale:

“Maestri in Mostra” presso Villa Fiorentino, Corso Italia 53 –Sorrento (Na) fino al 10 gennaio (ore 10-13 e 16-21) 

“Trentesima Mostra di Arte Presepiale”  nel Complesso Monumentale San Severo al Pendino, Via Duomo 286- Napoli fino all’8 gennaio 2016 (ore 9.00-19.00)

 

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La Street Art a Napoli

Napoli è meta di street artists di fama mondiale come Banksy , la cui Madonna con la pistola si trova  presso la chiesa dei Girolamini ,  e Zilda di cui parlai qui e che ho omaggiato riprendendo nell’header di Skip blog il suo murales  “La Speranza che risolleva l’amore ferito”,  tratto dall’omonimo quadro di Carlos Schwabe.

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Prima per il M.A.D.R.E., museo dell’arte contemporanea di Donna Regina riaperto da poco, poi per la metropolitana che ospita opere di rinomati artisti, Napoli si sta affermando sempre più come città recettiva delle forme d’arte più innovative. Non potevo perdere il bel San Gennaro di Jorit Agoch, artista napoletano di madre olandese sensibile a  temi sociali, che ha realizzato gratuitamente  questo capolavoro all’entrata del popolare quartiere Forcella,  vicino alla  chiesa di San Giorgio Maggiore in via Duomo.  È stato definito un  Gennaro laico in quanto ispirato da un operaio trentenne del quartiere e di nome Gennaro. Per alcuni questo santo richiama anche il poeta e scrittore  Nunzio Giuliano, un esponente della famiglia che ha dominato per decenni Forcella che, allontanatosi  dal clan, rilasciava dichiarazioni  contro il sistema camorra e pertanto fu  ucciso il 27 marzo 2005, in via Tasso ad opera di ignoti.  San Gennaro ha uno sguardo rivolto in avanti e leggermente in alto e “Al  Gennaro di Jorit, che è ognuno di noi, chiediamo di fermare la ferocia della faida che è nelle strade dietro di lui.” ha dichiarato l’assessore  Alessandra Clemente.

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Molto particolare e bello è l’imponente murales, alto 20 m., che ritrae una  ragazzina rom con una serie di libri, una matita e uno strummolo, simboli della cultura e della tradizione. Si intitola “Ael. Tutt’ egual song’ e creature (“Ael”significa colei che guarda il cielo in lingua romanì,  i bambini sono tutti uguali, da una canzone del cantautore Enzo Avitabile) .  Ael  guarda con occhi sereni  Ponticelli , quartiere caldo di Napoli, e ricorda l’incendio del campo rom  di qualche anno fa. Oggi  le mamme indicano  il murales  ai figli dicendo: “Vedi?  È una zingarella ” e definire i rom con un vezzeggiativo aiuta a familiarizzare con il simbolo degli esclusi e –si spera- a ridimensionare pregiudizi e stereotipi.  “Ho maturato un’intensa esperienza di volontariato creativo in giro per il mondo- spiega Agoch-  vivendo presso culture e civiltà altre da paradigmi e parametri occidentali. Ciò ha fatto sì che si formasse in me, a poco a poco, la certezza che ogni diversità sia da superare, nel verso della nostra universale appartenenza alla grande tribù umana. Da allora, e soprattutto dai viaggi in Africa, qualsiasi sia la provenienza del soggetto dipinto sui muri delle città del pianeta, ogni mio volto riporta il segno di un rito pittorico, che rifonde l’individuo celebrato  (persona o personaggio) nel principio assoluto dell’uguaglianza” . I segni sui visi dei personaggi sono l’inconfondibile firma dello street artist.

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Gli abitanti del rione Materdei di Napoli  hanno invece  finanziato un gigantesco murales per portare la bellezza nelle strade. La sirena Parthenope, dipinta dall’argentino Francisco Bosoletti, spicca in un murales di 15 metri sulla facciata di un condominio nella salita San Raffaele.

La-Donna-del-Giardino-Materdei-NapoliNella stessa strada si trovano  anche le figure de il “Giardino liberato” dell’ex convento delle suore Teresiane.  “La donna del giardino” cerca di mostrarsi sul portone dell’ex convento …

 

 

 

 

 

le ombre di napoli

 

…mentre  sui muri “le ombre di Napoli” vorrebbero insidiare e imprigionare  una fanciulla  sognante che guarda oltre. Come Napoli.

 

 

 

 

 

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Nella resistenza alla tensione e alla pressione la cicatrice è più forte della pelle.

82a2556cb9_5710110_lrgPer la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne di quest’anno vi racconto una storia come tante altre, solo che è più recente e conosciuta direttamente. È la storia della mamma di S., di una donna di circa 30 anni. Un giorno venne a prendere la figlia di sette anni, mezz’ora  prima della fine delle lezioni. Aveva  fretta di andare via e stringeva una borsa della spesa. Passò poi a prendere il figlio più piccolo alla  scuola materna. Il giorno dopo arrivò a scuola il marito furibondo a chiedere notizie, ci disse che la moglie non era tornata a casa, forse era scappata con i due bambini. In verità in quella borsa della spesa c’erano pochi indumenti, i documenti,  quattro spiccioli e tanta disperazione. Quella donna è stata accolta in una struttura protetta, ne ha cambiate diverse, sempre in fuga da un uomo che ha setacciato la città “promettendo” a tutti che l’avrebbe trovata. Io e la collega  lo fronteggiammo  con un sorriso di circostanza e aggirammo le sue insistenti domande con risposte banalmente vuote.  Quell’uomo mi sembrava  poco  equilibrato e  infuriato, come un vulcano pronto a esplodere, in effetti a stento controllava la sua rabbia, in fondo aveva paura e cercava di crearsi alibi ripetendo, più a sé che a noi, che  “la moglie non aveva saputo tenerselo”.  Queste sono le mie impressioni perché  di fatto era un ceffo con precedenti penali, morboso con la figlia e violento con la moglie. Tutti sapevano nel suo condominio di otto piani, ma nessuno firmò mai la denuncia o accettò di testimoniare a favore della donna,  anche quando i vicini di casa la soccorsero e chiamarono l’ambulanza perché ferita alla testa da un’ascia. Sì un’ascia, che di certo a lui non serviva per andare nei boschi. Solo allora lei sporse denuncia ma poi la ritirò perché ” io avrei sopportato ancora, lui è così, poi si pente, ma quando ha iniziato con i figli non ce l’ho più fatta”. Da qualche anno quell’uomo è in galera, nemmeno i suoi familiari possono più avvicinare quei bambini. Unico contatto con la donna è stato concesso a due persone, che hanno testimoniato e che hanno fatto da tramite per farle avere vestiti, libri e giochi per i bambini, solidarietà e qualche soldo.  Lei non aveva  parenti, né un lavoro, né amiche, solo i figli. Si è fidata di una donna ed è stata aiutata da tante altre donne, che ancora le sono vicine, anche a distanza. Oggi penso soprattutto a lei. 

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne 2015

 

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Quanto mi dai?

Libertà di emigrare e diritto a non emigrare

Alcuni giorni fa  ho partecipato all’evento “Libertà di migrare” che prevedeva la mostra di semplici disegni fatti dai migranti alla frontiera di Ventimiglia, la lettura di alcune testimonianze raccolte da Monica e un’amica, che li hanno seguiti durante le attività, e un dibattito finale.

20151014_170140A Ventimiglia ci sono state centinaia e centinaia  di migranti in attesa di varcare i confini francesi, ma sempre respinti, infatti molti si sono poi diretti verso il Brennero sperando di riuscire a raggiungere  l’Inghilterra, la Norvegia, la Germania. Sono stati aiutati da enti, da associazioni, da volontari e dai ragazzi No Borders, che sono stati presenti al confine fino allo smantellamento del presidio, e hanno anche partecipato all’evento in un confronto – spero- chiarificatore e costruttivo.  

Il progetto di arte terapia,  curato da Monica Di Rocco, ha coinvolto volontariamente tanti giovani  africani, e prevedeva la rappresentazione grafico-pittorica di tre temi: 1.la libertà- 2. l’isola (tante isole vicine per formare un unico continente ove sia possibile convivere)  3.sogni, desideri, speranze. Il disegno più emblematico, realizzato da un giovane laureato del Sudan, è stato scelto come locandina dell’evento.

Negli altri emergono capanne colorate, ricordate o sognate con gli occhi dell’affetto, oppure violate e distrutte. Affiorano spesso barconi dove i migranti si intravedono a stento, mentre domina la scritta “Non si fa nulla per prevenire le migrazioni”. Tra capanne, cuori e ponti spicca “Vogliamo essere liberi in Sudan, vogliamo un nuovo Sudan!” Emergono catene spezzate, mappe e  mete ambìte: Parigi o Londra? Il mito dell’Europa dà speranza a chi ormai può solo guardare avanti per sopravvivere.

Ci sono state e ci sono polemiche a riguardo dei migranti. Resta il fatto che i conflitti, le persecuzioni, la fame e di conseguenza il fenomeno delle migrazioni,  sono stati a lungo ignorati dalla Comunità Internazionale. L’Unione Europea si è mossa solo quando ormai sulle spiagge del Mediterraneo sono sempre più approdati cadaveri e forse le manifestazioni spontanee della gente nelle piazze alla vista di tante immagini drammaticamente vere, compresa  quella del  piccolo Aylan, sono servite. Si è dovuto arrivare a questo per sensibilizzare i Governi europei ? Alcuni Stati sono ancora restii all’accoglienza, forse hanno già dimenticato i loro profughi, polacchi e ungheresi, che appena arrivati in Italia chiedevano asilo politico.

Per troppo tempo abbiamo  sentito slogan populistici, vorrei quindi condividere con voi alcune delle testimonianze che abbiamo letto al pubblico presente perché è  doveroso riportare altre voci, comprendere che le aspirazioni di questi giovani sono le stesse dei nostri figli, ricordare che l’istinto alla sopravvivenza è il motore della vita. Gli occhi spaesati dei tanti ragazzi nei pressi della stazione di Ventimiglia, mi hanno ricordato mio padre che nel dopoguerra, a 21 anni, partì per Genova in cerca di lavoro col fratello di qualche anno più grande, portando con sé una valigia di cartone  semivuota, ma piena di solitudine, affetti lontani e bisogno di trovare una strada, un qualsiasi lavoro. Alla fine della lettura, l’amica Monica  ci ha invitati a disegnare o scrivere qualcosa su un grande foglio di carta. Sono riuscita a scrivere soltanto  “ RESTIAMO UMANI !”

“Vengo dalla città. Ero un giornalista. Ho 40 anni. È dal  ‘94 che le cose sono peggiorate in Sudan, se sei nero. Gli arabi sono al potere. Gli arabi islamici sono al potere. Se scrivi una cosa che non gli piace, sei finito. Sono stato in carcere oltre cento volte. Sono stato aiutato più volte da Amnesty International: sono stato rifugiato in Kenia e in Ghana. Ma perché ritornavi a casa? Perché c’è la mia famiglia. Ecco la foto della mia terza figlia, ha 6 anni. Sono stato aiutato a scappare varie volte, ma non potevo rimanere troppo lontano da mia moglie e dai miei figli. Ho anche lavorato per un campo dell’UNHCUR nel Darfour. Quando sono stato via per più tempo, è stato in Ghana per otto mesi, ma mi è piaciuto molto più stare in Kenya. Quanto tempo sei stato in carcere nel tuo paese? Dipende, da dieci giorni ad alcuni mesi. Ti faccio vedere” (l’uomo si alza la maglietta e mostra una pancia che converge verso l’ombelico come se avesse subito un’operazione che ha lasciato un buco).

 

“Il mio viaggio fin qui è durato sei mesi. Sono partito dal Darfour nel marzo 2015. Ho preso una Toyota e ho viaggiato per tre giorni fino in Ciad Eravamo in 25. Si è sempre tra le 20 e le 27 persone su una Toyota. Quanto hai speso? 700 dollari. Poi mi sono fermato in un campo profughi e ho fatto dei lavoretti in giro. Anche lì la situazione è molto difficile. Dopo due mesi me ne sono andato. Con un’altra Toyota, di nuovo affollata, per attraversare il deserto. Cinque giorni molto difficili . Non vi siete fermati mai? Praticamente mai. La vedi questa bottiglia? Ecco questa serviva per tre giorni. La sete è dura. E poi l’autista, ma non solo quello che ho trovato io, era sempre ubriaco. Molto pericoloso. Ma sono arrivato in Libia. Qui ho lavorato per quattro mesi in un bar. Dieci  giorni fa sono partito con una barca. Ho speso 2000 dollari per la traversata del Mediterraneo, sono arrivato in Sicilia una settimana fa . Qual è stata per te l’esperienza più dura? I morti a casa, i morti nel deserto. Alla fine hai speso molto di più per arrivare in Europa in questo modo che se avessi preso un aereo? (risata contenuta) Dal Sudan partono in aereo solo il Presidente e la sua famiglia. Solo loro possono andare dove vogliono.”

“Io ci ho messo 13 giorni per attraversare il deserto di cui tre a piedi senza bere. Ci hanno lasciati in mezzo al nulla dopo 10 giorni…con chi è arrivato, non so come abbiamo fatto.  È stata molto dura, molto più dura del mare”.

“Per me il mare è stato molto più duro, non si respirava, ci si vomitava addosso l’un con l’altro, non ho visto la luce per una settimana. Quanto hai speso? 1800 dollari.”

“Ho 25 anni, vengo dal Sudan, dal Darfour. Sono della tribù degli Zakhoy, molti qui al campo sono Zakhoy. Non siamo partiti insieme, ma ci siamo incontrati qui in Italia, ci siamo riconosciuti perché parliamo la stessa lingua. Sono scappato dal Darfour perché là la situazione è molto difficile. Cosa intendi per difficile? Difficile. Ero arrivato al quarto anno di ingegneria, ma ho dovuto lasciarla. Il governo Al-Bashir arma la gente contro i cristiani e contro i Neri. Ci sono molte armi in giro ,anche i bambini possono essere armati. Così chi non è islamico…Ma tu lo sei? Sono musulmano, non islamico; se sei musulmano e non islamico, se sei nero e non arabo, sei sempre a rischio. Sei a rischio della vita, ma anche a rischio in ogni aspetto della tua vita. Io ero al pensionato universitario a Khartoun e perché non ero dei loro, venivo taglieggiato di continuo: “Vuoi  sempre la stanza? Devi pagare tot.” Magari dopo un po’ ti chiedono altri soldi. Non ero mai tranquillo.

Anch’io vengo dal Darfour. Ti faccio vedere questa foto. Lo vedi? Tutte le case sono state bombardate, anche sui raccolti cadevano le bombe. C’è una bellissima donna anziana qui!  Sì, solo donne anziane e bambini. Vedi queste cicatrici?  Sono state fatte da forbicine…fanno così su tutto il corpo. Chi? Gli Islamici.

“Veniamo dall’Etiopia. Abbiamo 20 e 22 anni. Abbiamo studiato ad Addis Abeba. Nostro papà è un politico ed è dovuto scappare alcuni anni fa . Si trova in Norvegia e dobbiamo raggiungerlo. Mio fratello è partito due anni fa, poi è finito in un carcere libico, nel caos che c’è là in Libia. Come famiglia non riuscivamo ad aiutarlo a distanza, così sono partito io e con l’aiuto di tutta la famiglia l’abbiamo tirato fuori. Quanto hai pagato? 1000 dollari. Che farete? Io e mio fratello vogliamo arrivare in Norvegia .Dobbiamo trovare nostro padre. Da quanto non avete sue notizie? Da tempo, ma lo vogliamo cercare.

Quali sentimenti provi adesso che dopo tutte queste fatiche, dopo questo sforzo trovi ancora le porte chiuse? È un sentimento contraddittorio. È un sentimento contenuto. Non so spiegarlo bene. Sono ancora in viaggio. Qui a Ventimiglia ci starò il tempo sufficiente per ripartire, non so, magari ancora una settimana.

 

Come hai saputo del presidio No Borders? Me lo hanno detto altri alla stazione di Ventimiglia. Perché non sei rimasto in stazione? Va bene qui. Il tempo per riprendersi e ripartire.

Il mio obiettivo è arrivare in Inghilterra. Voglio continuare i miei studi. Sono uno studente. Anche se l’Inghilterra è lo stato con le porte più chiuse? Proverò a passare. Non hai parenti in Europa? No, non ho nessuno, sono solo.

Io voglio arrivare tra la Germania e il Belgio. Ho parenti là.

Io voglio andare a Newcastle. In Darfour ho conosciuto una ONG di Newcastle, devo raggiungere quella città, ci sono amici là.

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17 febbraio 2015- Giornata Nazionale del Gatto

Non poteva mancare su questo blog un post per gli amici felini, che ricordo ogni anno in occasione della Giornata Nazionale del Gatto. Quest’anno vi presento i due piccoli di casa, che ci hanno regalato un po’ di spensieratezza in questi mesi  in cui ho accompagnato all’inevitabile traguardo mio padre.

 

Kiki 1

 In una piovosa sera di ottobre  mi portarono a casa un trovatello, Kiki 1°; bello bello bello e tanto affettuoso. Era  il mio  “lemurino  procionello” con  due  zaffiri  negli occhi splendenti, che però  è zompato troppo presto nel mondo verde azzurro dei gatti.

Kiki 1 procione

 

 

 

 

 

Per lui ho pianto così tanto che mio marito, forse per non sentirmi più, pensò bene di consolarmi regalandomi Kiki 2° che  ci ha subito distratti da altri pensieri con la sua vivacità, mostrandosi  giocherellone, selettivo  e coccolone.

Kiki 2 piccolo

 Kiki primo piano piccolo

 

 

 

 

 

 

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Dopo qualche settimana gli ho cercato un fratellino adottivo perché sono dell’opinione che due gatti sono meglio di uno, sicuramente per loro che trovano un compagno di scorribande , per noi umani invece la coppia si rivela ben presto  una piccola associazione a delinquere. In un piovoso  sabato io e consorte siamo andati invano al canile in cerca di un gattino , più o meno della stessa età di Kiki. Dopo qualche giorno la responsabile mi ha telefonato dicendomi che le avevano portato una gatta e un micetto rosso da una colonia felina dell’entroterra. Le chiesi di tenermelo che sarei andata a prenderlo il giorno dopo. Non c’era nemmeno bisogno di vederlo, sentivo che era arrivato il mio Russulillogatto. Rosso come l’ avevo sempre desiderato, perché  di solito i gatti rossi sono un po’ speciali e anche simpaticamente  pestiferi. L’indomani , sotto una pioggia torrenziale che aveva allagato la strada per il canile e interrotto la viabilità, dopo un lungo giro tra pozzanghere , vigili e pompieri, io e consorte siamo sbarcati al canile e abbiamo adottato il “Russillo”, prontamente e ufficialmente  battezzato al cospetto del veterinario con il nome “ Russò”, che fa molto Jean Jacques, ma in effetti sta per RussulilloRussò piccolo (piccolo rosso in napoletanish). Arrivati a casa, Russò è saltato dalle mie braccia per andare incontro a Skip vero e gli ha fatto subito le fusa, cosa da non credere dato che invece a Kiki bastava intravedere il cane  da lontano per diventare più gonfio e irto di un pesce palla.

 

 Per due settimane le piccole belve in miniatura sono state separate, anche per timore di qualche malattia che colpisce i gattini,  finché è finalmente arrivato il fatidico giorno del primo incontro. Mi ero illusa che avrebbero subito familiarizzato e invece Kiki si trasformava ancora in una palla di pelo, mentre il piccolo rosso era sempre più  incuriosito e desideroso di andare incontro a quell’essereKiki principino alfa indemoniato e minacciosamente gnaolante. Se avevo temuto una difficile e lenta familiarizzazione con il cane, invece adesso dovevo preoccuparmi  della gelosia possessiva di Kiki, il principino Alfa. Fatto sta che soffia  e graffia oggi, soffia domani, dopo circa una settimana Kiki si è degnato di osservare Russulillo e sul morbido lettone di casa i due felini hanno iniziato a  conoscersi lottando.  La panterina siamese, un po’ più grande, mordeva il gattino rosso che da subito si è rivelato una lince, capace di difendersi tenacemente  cercando di mordere l’avversario sulle zampe posteriori fino a Russò piccola lincemiagolare esausto la resa. Dopo un paio di giorni di baruffe, sempre più giocose, Kiki è diventato pian piano protettivo con Russò:  oggi  gli miagola come una mamma gatta, lo cerca, lo coccola, gli cede il piatto e l’altro da buon Ruspallegro, di soprannome e di fatto, ne ha subito approfittato, diventando un prode e provocatorio combattente, anzi un  piccolo gatto guappo che avanza impettito nella sua fiera “minuscolità”,  ancheggiando  e muovendo la lunga e  pelosissima coda  di scoiattolo.

Kiki e Russò

Che dirvi se non che da quattro mesi  animano  questa casa con fusa ,corse, rincorse e  capitomboli  che fanno perdonare la semi distruzione dell’albero di Natale, i mattutini risvegli domenicali, i tentativi di  intrusioni nella lavastoviglie, nelle borse della spesa, in una qualsiasi cosa che abbia un minimo di capienza ( scarpe comprese),  l’invadenza studiata ad hoc per  impedire  a me e  consorte di leggere a letto, dopo avere preparato un morbido giaciglio zompettando  con nonchalance sul  nostro petto.

Kiki dormiente

Auguri a tutti i gatti, gattoni, gattini, amabili gattacci !

Kiki dormiente 1Russò al pc

Kiki primo piano

Russò 

La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare. (Piero Calamandrei)

Artist Chris Buzelli“Quando io considero questo misterioso e miracoloso moto di popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore, mi vien fatto di pensare a certi inesplicabili ritmi della vita cosmica, ai segreti comandi celesti che regolano i fenomeni collettivi, come le gemme degli alberi che spuntano lo stesso giorno, come certe piante subacquee che in tutti i laghi di una regione alpina affiorano nello stesso giorno alla superficie per guardare il cielo primaverile, come le rondini di un continente che lo stesso giorno s’accorgono che è giunta l’ora di mettersi in viaggio. Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini.”

 (dal discorso tenuto al Teatro Lirico di Milano, 28 febbraio 1954, in Uomini e città della Resistenza: discorsi scritti ed epigrafi, Laterza) 

 

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“Ho semplicemente lottato per una causa che ho ritenuta santa: quelli che rimarranno si ricordino di me che ho combattuto per preparare la via ad una Italia libera e nuova.” (Lorenzo Viale, anni 27)

Villa Torlonia e la Casina delle Civette

Casino Nobile

Il noto quartiere Nomentano a Roma custodisce Villa Torlonia, che ha un fascino particolare sia per il giardino all’inglese che per i numerosi e splendidi edifici disseminati nel parco.

 parco villa torloniaLe prime notizie di Villa Torlonia risalgono al 1600 quando, come ampia  tenuta agricola abbellita da statue, fu venduta da Giuseppe Maturo all’abate Giovanni Bovier. Acquistata nel 1673 da Benedetto Pamphilj che ben presto diventò cardinale, il vigneto lasciò il posto ad un elegante palazzo grazie agli interventi degli architetti Giacomo Moraldo, Mattia de’ Rossi e infine di Carlo Fontana. Nel 1762 passò ai Colonna e più tardi nel 1797 a Giovanni Torlonia che, incrementando i beni di famiglia con prestiti di capitali  alle famiglie romane durante l’occupazione francese, ambì a un titolo nobiliare ed ottenne nel 1797 il titolo di marchese. Giovanni perciò acquistò la villa ed incaricò l’architetto Giuseppe Valadier di sistemare la tenuta perché fosse all’altezza del suo nuovo rango. Villa Colonna diventò quindi un elegante palazzo, furono costruite le Scuderie ma soprattutto si diede un nuovo assetto al parco con viali alberati e fontane.

 Alessandro Torlonia, figlio di Giovanni, volendo emergere  nell’aristocratica società romana, valorizzò  la villa che divenne famosa per feste e cerimonie. Si avvalse di Giovan Battista Caretti che ampliò il palazzo ed aggiunse il pronao alla facciata ,edificò nel parco le finte rovine, l’Anfiteatro, il Tempio di Saturno e la Tribuna con fontana. Più tardi Quintiliano Raimondi costruì il Teatro, oggi in fase di restauro, e la Limonaia. L’architetto Giuseppe Jappelli, noto per i giardini all’inglese, fu l’artefice di  innovativi interventi . Nella tenuta infatti furono realizzati il Campo dei  Tornei, la Capanna Svizzera, la Serra e la Torre moresca e il parco fu abbellito di piante  esotiche e laghetti.

 casina delle civette-villa torlonia roma

Nel 1842 Alessandro Torlonia fece erigere anche due obelischi, dedicati ai genitori, e in tale occasione organizzò una grandiosa festa cui parteciparono pure il papa Gregorio XVI e Ludwig di Baviera.. In seguito all’infermità della moglie Teresa Colonna , alla morte di casina delle civette1una delle due figlie e del fratello Carlo, Alessandro si ritirò dalla vita mondana ed interruppe i lavori nella villa.L’altra sua figlia , Anna Maria, sposò Giulio Borghese ed ereditò la villa ma, di carattere riservato, non amò i fasti e le ambizioni del padre. Solo con Giovanni, figlio di Anna Maria, si ebbero nuovi interventi nella proprietà e in particolar modo fu proprio lui a trasformare la Capanna svizzera in Casina delle Civette, dove si ritirò. Dal 1925 al 1943 la villa fu residenza stabile di Mussolini tant’è che nel piano interrato si realizzò un rifugio antigas ed un bunker antiaereo, e dal 1944 al 1947 fu occupata dal comando anglo-americano. La proprietà subì gravi danni e per molti anni versò in uno stato di trascuratezza, fino a quando nel 1977 il Comune di Roma l’acquistò e venti anni più tardi l’aprì al pubblico come spazio museale .

 

Villa Torlonia è infatti sede di due musei: il Casino Nobile e la Casina delle Civette, che mi Casino dei Principiha incuriosito non poco per il nome e ancor di più per l’aspetto. Casino Nobile è il palazzo principale, riccamente decorato da rinomati pittori, quali Podesti e Coghetti, e da scultori e stuccatori della scuola di Thorvaldsen e Canova, ed è anche  sede del  Museo della Villa e delle opere della scuola Romana. Il neocinquecentesco Casino dei Principi ospita l’Achivio della scuola Romana e mostre temporanee. A Villa Torlonia  si trovano anche le Catacombe ebraiche (III- IV secolo) della comunità giudaica romana.

Molto particolare ed originale è la Casina delle Civette, ideata nel 1839 da Giuseppe Jappelli come capanna svizzera, poi trasformata nei primi anni del Novecento in un bizzarro ed originalissimo villino, residenza del principe di Torlonia. Si chiama Casina delle Civette per decorazioni  su vetro che richiamano la civetta.

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Peculiarità di questa casina sono le vetrate policrome, realizzate in gran parte da Cesare Picchiarini tra il 1910 e il 1925, su disegni di Duilio Ciambellotti ,Umberto Bottazzi, Vittorio Grassi e Paolo Paschetto.

vetrata villa torloniaOggi la casina ospita il Museo delle vetrate artistiche in stile liberty , arricchita da opere degli stessi autori e da disegni, bozzetti e cartoni preparatori. Trasparenze, colori brillanti, pavimenti maiolicati o decorati con motivi floreali ( stanza del trifoglio, dei ciclamini) arredano le stanze con gusto squisito. Qui si respira un’atmosfera quasi fiabesca, come si può intuire dalle foto.

vetrata 2vetrata 3vetratavetrata1rose,farfalle e nastri di Paolo Paschettocasina delle civette -villa torlonia

Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo

Dell’autismo ne ho parlato inAutismo : vivere dietro uno specchio dove ho riportato  lo scritto “Sono affetto da autismo, ecco che cosa che mi piacerebbe dirti”  di Angel Rivière, professore di psicologia evolutiva presso l’Università Autonoma di  Madrid, scomparso nel 2000 dopo aver dedicato tutta la sua vita professionale all’autismo.

Oggi come ieri penso  a un bambino di straordinaria intelligenza, che mi insegna a mettermi in gioco, a procedere a volte per intuizione e tentativi, a trovare nuove strategie, a captare il suo mondo e il suo modo di pensare e di sentire. Da grande vorrà fare il riciclaggio (dei rifiuti :) ), il bibliotecario, l’autista dei pullman (per le gite) e dei camion, il pizzettaro. Risposte che mi fanno apprezzare il mio lavoro.

Vi ripropongo Mon petit frère de la lune (Il mio fratellino dalla luna) di Frédéric Philibert , un video molto poetico come le parole dei bambini, semplici, essenziali, dolci e chiare.

“Dobbiamo essere pazienti per riuscire a catturare la luna con un filo d’oro e avvicinarla al nostro vecchio pianeta”